«Credo che tutti quelli della mia generazione, che negli anni settanta erano giovani studenti appassionati di elettronica e tecnologia, siamo grandi debitori di Apple. Siamo tutti in qualche maniera Apple users». Marco Boglione è il presidente di BasicNet, azienda italianissima proprietaria di una serie di marchi storici, made in Italy e non: K-Way, Kappa, Superga e Jeans Jesus. Ma è soprattutto il “mecenate” che grazie alla sua passione per l’informatica – ma si potrebbe dire per tutto ciò che in una qualche maniera è rivoluzionario – ha reso possibile l’evento andato in scena oggi al Politecnico di Torino (è stato lui a premere il pulsante per accenderlo): prima con l’acquisto (con l’impegno di oltre 150mila euro) e poi con la volontà di mettere a disposizione dei tecnici l’Apple I numero 82 (in tutto ne furono prodotti circa 200 esemplari).
«Vede – prosegue Boglione parlando con Macity a margine dell’evento -, l’Apple I è l’oggetto che testimonia lo scoppio di una rivoluzione. Una rivoluzione tecnologica e industriale (segnò l’avvio del mercato dei personal computer), ma soprattutto culturale e sociale. Senza timore di esagerare credo che la portata sia paragonabile a quella della rivoluzione francese o americana. Perché fu il primo passo per una vera e propria liberazione. La possibilità di scrivere un testo, tenere una contabilità informatizzata, fare grafica prima e poi musica, foto ed editing video dopo l’Apple I non fu più solo prerogativa delle grandi aziende, delle università o dei militari, ma fu alla portata di tutti».
Per Boglione quel circuito stampato creato dalla visionaria intraprendenza di Jobs e dalla genialità tecnica di Woz, fu l’elemento con le ripercussioni più importanti di una nuova visione del mondo «di giovani che il mondo lo volevano cambiare veramente. Ascoltando della musica diversa, portando i capelli lunghi o attraverso un modo di vivere l’amore e la sessualità differente da quello dei loro genitori. In una parola, essendo capaci di essere folli e completamente “nuovi”».
Da qui l’amore di Boglione per l’informatica di quel periodo: l’imprenditore possiede oltre 300 pezzi di una collezione privata per la quale si sta già pensando ad un museo, magari al centro di Torino. «In questa collezione c’è molto di me. Anch’io da ragazzo ascoltavo Bob Dylan mentre assemblavo i primi computer». Una passione che, come nel caso dei due ragazzi di Cupertino è diventata anche la storia di un successo imprenditoriale, fondato sulla cpacità di costruire un’immagine, ma insieme anche di gestire un “prodotto” ad alto contenuto tecnologico e di innovazione. «Sento così mio il frutto di uno slancio folle come l’Apple I, perché infondo anch’io anni fa quando ho fondato BascNet ho scelto, per così dire, la strada della follia».
Follia e assoluta innovazione che sta alla base di un modello di business unico in Italia: l’impresa proprietaria di alcuni dei più noti marchi fashion dl mondo non produce una sola maglietta o un solo paio di jeans. «Noi forniamo ai nostri partner i disegni, le specifiche sui materiali, il know how del marketing. Sono poi loro a produrre e commercializzare nei loro Paesi il prododotto». Il tutto sfruttando una struttura informatica all’avanguardia (sviluppata in house) che permette di dialogare in tempo reale con oltre 500 partner sparsi su tutto il globo, che possono così essere aggiornati in tempo reale su ogni cambiamento o modifica di ciascun aspetto di design dei prodotti.
Un modello capace di vedersela alla pari con competitor internazionali, quindi, che però non cede mai il passo alla passione. «Ancora oggi – aggiunge Boglione – sulla mia scrivania c’è il primo modello di Apple II che ho comprato». Un memento a non perdere mai una punta di follia.
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