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Il 2024 sarà l’anno della carica degli influencer che non esistono

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Il computer ci ha regalato Internet. Internet ci ha regalato i social. I social ci hanno regalato gli influencer. Adesso l’intelligenza artificiale sta per cambiare tutto, influencer inclusi.

La carica dei virtuali

Aitana Lopez è molto carina, ha i capelli rosa, è seguita da oltre 200mila persone sui social media. Possiamo definirla a tutti gli effetti una influencer. Pubblica selfie dai concerti e dalla sua camera da letto, taggando marchi come la linea di prodotti per capelli Olaplex e il gigante della lingerie Victoria’s Secret.

I grandi brand hanno pagato circa mille dollari a post, scrivono i giornali, perché lei promuovesse i loro prodotti sui social media, nonostante il fatto che lei sia completamente fittizia. Fake. Inesistente. Inventata dal computer.

Aitana è una “influencer virtuale” creata con strumenti di intelligenza artificiale, uno delle centinaia di avatar digitali che hanno fatto breccia nella crescente economia dei creatori di contenuti, che tra le altre cose vale anche un sacco di soldi: 21 miliardi di dollari secondo le migliori stime. È una vera economia, nata attorno a noi mentre guardavamo altrove, e alimentata dalle industrie dell’intrattenimento tradizionale, dalla pubblicità, dall’intermediazione dei beni di consumo: tutti settori che sono stati attratti nell’orbita dei creatori di contenuti e degli influencer.

La guerra dei cloni

Sappiamo, o possiamo immaginare, che l’AI e i deepfake (ma bisognerà trovare un nome migliore) permetteranno di creare delle variazioni e delle ripetizioni dell’esistente. Nuovi film inediti con gli attori protagonisti di altri film: James Bond impersonato da Cary Grant. Indiana Jones di nuovo giovane e prestante. Mille cose di questo genere. Ma c’è anche l’aspetto degli attori e degli influencer virtuali.

La loro comparsa ha suscitato la preoccupazione degli influencer umani che vedono il loro reddito cannibalizzato e minacciato dai rivali digitali. Questa preoccupazione è condivisa da coloro che svolgono professioni più consolidate e che ritengono che i loro mezzi di sostentamento siano minacciati dall’AI generativa, una tecnologia in grado di produrre testi, immagini e altre cose simili a quelle fatte dagli umani in pochi secondi.

Gettiamo acqua sul fuoco. Anzi, facciamola gettare da coloro che stanno dietro alle creazioni iperrealistiche dell’AI. I geni del computer sostengono che stanno semplicemente disturbando un mercato già da solo inflazionato, stanno creando un effetto di assestamento in un settore che si è già sovraesposto da solo. E in effetti i 21 miliardi che ruotano attorno ai contenuti generati dagli utenti e agli influencer probabilmente andranno rivisti in un’altra prospettiva. Un razionale diverso che cambi la direzione dello sviluppo e sgonfi la bolla.

Una influencer creata con l'AI sta guadagnando migliaia di euro al mese

L’industria del commercio

Avendo spostato tutto su internet o quasi, il razionale si sposta. E lo fa già da tempo, come scrive il Financial Times. Negli ultimi anni ci sono state partnership di alto profilo tra marchi di lusso e influencer virtuali, tra cui la linea di make-up KKW Beauty di Kim Kardashian con Noonoouri e Louis Vuitton con Ayayi.

L’analisi di Instagram di una pubblicità di H&M con l’influencer virtuale Kuki ha rilevato che ha raggiunto un numero di persone 11 volte superiore e ha portato a una riduzione del 91% del costo per persona che ricorda la pubblicità, rispetto a una pubblicità tradizionale.

Secondo Becky Owen, responsabile globale del marketing e dell’innovazione di Billion Dollar Boy ed ex responsabile del team creator innovations di Meta, «Non influenza l’acquisto come farebbe un influencer umano, ma favorisce la consapevolezza, il favore e il ricordo del marchio».

I marchi si sono rapidamente impegnati con gli influencer virtuali come nuovo modo di attirare l’attenzione riducendo i costi. E la cosa sta funzionando. Questo è il nuovo razionale, la forma di automazione che rende più semplice e veloce un processo altrimenti dato per acquisito.

Una influencer creata con l'AI sta guadagnando migliaia di euro al mese
Immagine dal profilo Instagram di Aitana Lopez

La guerra degli influencer

Gli influencer umani sostengono che le loro controparti virtuali dovrebbero comunque dichiarare di non essere reali. Altrimenti gli rovinano il giocattolo, perché spesso sono migliori in tutti i punti chiave: estetica, flessibilità, ambientazione, capacità di adattarsi a contesti diversi rapidamente. “Ciò che mi spaventa di questi influencer è quanto sia difficile capire che sono falsi”, ha detto al Financial Times Danae Mercer, una creatrice di contenuti con oltre 2 milioni di follower.

L’Advertising Standards Agency del Regno Unito ha detto di essere “fortemente consapevole dell’aumento degli influencer virtuali in questo spazio”, ma ha affermato che non esiste una regola che imponga loro di dichiarare che sono generati dall’intelligenza artificiale.

In pratica, se torniamo indietro di dieci-quindici anni alla nascita dell’economia di internet, quando i sistemi tradizionali di intermediazione e promozione sono stati sradicati senza tanti complimenti da una carica di “dilettanti della rete”, troviamo una situazione simile. Solo che adesso, a parti invertite, ad essere a rischio sono i distruttori di ieri: gli influencer. Che non ci stanno a essere colpiti nella cosa a cui tengono di più: l’immagine (e il fatturato).

Credere alle bugie è normale?

Molti altri mercati stanno affrontando lo stesso problema: gli Usa, molti paesi europei e soprattutto l’India, che è uno dei pochi Paesi che obbliga gli influencer virtuali a rivelare la loro origine AI.

Sebbene la società dietro Aitana, l’influencer virtuale, cioè The Clueless, riveli che Aitana è falsa nel suo profilo su Instagram, molti altri non lo fanno o usano termini vaghi come “digital influencer“.

Secondo i creatori di Aitana «Anche se abbiamo chiarito che si trattava di una modella generata dall’intelligenza artificiale inizialmente, la maggior parte dei suoi follower non ha messo in dubbio la sua autenticità, ma ha fin da subito creduto sinceramente nella sua esistenza”. Aitana ha ricevuto numerose richieste di incontrare i follower di persona.

Aitana non è la prima e non sarà l’ultima. Una delle prime influencer virtuali, Lil Miquela, si fa pagare fino a centinaia di migliaia di dollari per ogni affare e ha lavorato con Burberry, Prada e Givenchy.

Sebbene l’intelligenza artificiale venga utilizzata per generare contenuti per Lil Miquela, il team dietro la creazione ha dichiarato al Financial Times che “crede fermamente che lo storytelling dietro i creatori virtuali non possa essere completamente replicato dall’intelligenza artificiale generativa». Secondo Ridhima Kahn, vicepresidente dello sviluppo commerciale di Dapper Labs, che supervisiona le partnership di Lil Miquela, il ruolo degli esseri umani è fondamentale, solo differente da quello tradizionale per quanto riguarda un influencer in carne e ossa.

L’unica ragione è far soldi

Ma l’aspetto della virtualità non è l’unico punto chiave. C’è anche il modo di essere messi a nudo davanti al pubblico. Letteralmente o quasi. Le creazioni di The Clueless, tra le altre influencer virtuali, sono state criticate anche per l’eccessiva sessualizzazione, con Aitana che appare regolarmente in biancheria intima. L’agenzia si è difesa dicendo che la sessualizzazione è «prevalente nei modelli e negli influencer reali» e che le sue creazioni «si limitano a rispecchiare queste pratiche consolidate senza discostarsi dalle norme attuali del settore».

La cosa non poteva passare liscia. Il corpo è virtuale ma rappresenta comunque una donna. E qui il discorso tocca molti altri aspetti che vanno oltre la semplice idea che si tratti di una rappresentazione virtuale che “ruba mercato” alle persone. Entra in gioco infatti anche l’aspetto etico e culturale. La distopia: si fa peccato a desiderare un influencer fake?

Mercer, l’influencer donna “umano”, lo spiega così: «Sembra che negli ultimi anni le donne siano state in grado di riprendersi un po’ di potere, attraverso OnlyFans. Attraverso i social media, sono state in grado di prendere il controllo dei loro corpi e di dire “per tanto tempo gli uomini hanno fatto soldi su di me, io farò soldi per me“».

Tutto bene, fino a che questo potere non viene tolto con le bambole digitali, che risessualizzano e spogliano nuovamente le donne della capacità di controllare i loro corpi collettivi. Come mai questo avviene? Le creazioni generate dall’intelligenza artificiale, spesso realizzate da uomini, stanno ancora una volta traendo profitto dalla sessualità femminile. «È questa la ragione che sta alla base della crescita di questi account. È per fare soldi» con il corpo delle donne.

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