Un redattore del sito Motherboard ha partecipato all’Electronics Reuse Convention di New Orleans parlando, tra gli altri, con Kyle Wiens, il CEO di iFixit, la società USA specializzata in riparazioni di dispositivi elettronici, nella vendita di parti di ricambio, nata per proporre guide allo smontaggio oltre che vendere componenti agli utenti dei dispositivi Apple ma che da qualche anno ha come target gli utenti di dispositivi (non solo computer e smartphone) di tutti i tipi e di tutte le marche.
Wiens rivendica il diritto degli utenti di aprire, riparare, armeggiare con i propri dispositivi, un diritto che i vari produttori starebbero secondo lui bloccando, commercializzando dispositivi sempre più complicati da aprire, con viti proprietarie, o altri meccanismi che rendono gli interventi poco o per nulla convenienti. I vari vendor non mettono a disposizione manuali per la riparazione e impediscono a terzi di produrre o distribuire parti di ricambio che potrebbero essere perfettamente compatibili e ridurre i costi di intervento.
“Se ho acquistato un martello e la testa cade, mi è permesso ripararlo e metterlo a posto” dice Charles Duan, direttore del Public Knowledge’s Patent Reform Project (alla guida di un gruppo che chiede una riforma tesa ad ammodernare alcune leggi che riguardano la violazione di singole parti di un brevetto). “Per molti nuovi dispositivi i produttori vogliono essere i soli a trarre profitto dalle riparazioni” dice ancora Duan, spiegando che a suo dire questi hanno trovato vari modi per farlo, “Leggi sulla proprietà intellettuale, contratti, accordi di licenza con gli utenti e tanti, e tanti altri modi per assicurarsi che non possiate fare quello che volete con le vostre cose”.
L’iPhone 4, ad esempio, sfruttava delle viti con testa a croce o “Philips”; nel 2010 Apple ha ordinato ai Genius degli Apple Store di sostituire le viti standard con quelle a pentalobo in tutti gli iPhone portati negli store per la riparazione, un meccanismo che – teoricamente – avrebbe dovuto impedire agli utenti di armeggiare con il dispositivo. La mossa della Mela portò iFixit a creare l'”iPhone Liberation Kit”, un kit con un cacciavite ad hoc e due viti Philips per sostituire quelle proprietarie installate da Apple.
Apple non è ovviamente la sola a creare difficoltà agli utenti che vogliono accedere all’interno dei propri dispositivi e il problema si presenta anche con altre marche (Samsung, HTC, Lexmark, ecc.) e in ambiti diversi dall’elettronica di consumo.
Le persone che hanno partecipato all’Electronics Reuse Conference pensano che i produttori debbano offrire ai consumatori il controllo sui propri device. Molti di questi hanno creato dei veri e propri business intorno alla riparazione dei dispositivi. Jessa Jones, ad esempio, è un’ex microbiologa, diventata esperta nella riparazione di iPad, attività che gli permette di guadagnare bene e intorno alla quale ruotano anche dei corsi dedicati a chi vuole apprendere questo mestiere. Fa la mamma e oltre a occuparsi dei suoi piccoli, mette a posto iPad danneggiati, caduti in acqua e con danni che altri rifiutano di riparare o che indicano come impossibili da riparare.
Wiens di iFixit dice di rimpiangere i tempi di quando una lavatrice durava 50 anni anziché 5 e spiega che dispositivi rotti e abbandonati comportano anche disastri dal punto di vista ambientale, affermando che il riciclaggio dovrebbe essere l’ultima delle possibilità offerte a un dispositivo. Vecchi dispositivi generano un’eccessiva presenza di rifiuti hi-tech difficili da smaltire; molto meglio sarebbe metterli a posto, regalarli o offrirli alle organizzazioni che si occupano di cooperazione internazionale o a quelle che riciclano gli apparecchi e utilizzano i ricavati per aiuti concreti per le popolazioni del Sud del Mondo.
Il mercato della riparazione smartphone è ad ogni modo in fibrillazione. Solo negli Stati Uniti sono stati spesi 23,5 miliardi di dollari per riparare e mettere a posto i telefoni cellulari. In questo mercato è ad ogni modo complicato individuare parti di ricambio. Le aziende rendono complesso disporre di display e altri elementi, e i vari riparatori si riforniscono in Cina dove c’è un fiorire di produttori di parti compatibili, non visti ad ogni modo di buon occhio dai vari big del settore e che li ostacolano in vari modi.