Ogni giorno transazioni pari a 3000 miliardi di dollari sono gestiste da software scritti in COBOL, un linguaggio di programmazione che orami conoscono pochissimi, sfruttato negli anni passati soprattutto da attività commerciali, banche e assicurazioni per creare applicativi che si sono rivelati stabili e funzionali, in virtù di sue peculiarità concernenti la gestione dei numeri che lo rendevano potente, affidabile, duttile e utilizzabile su diverse macchine.
Lo scrive PC Magazine evidenziando che ormai le scuole informatiche non insegnano a programmare in COBOL e che la maggior parte dei programmatori in grado di mettere ancora le mani su vecchi software (scritti ad esempio negli anni 60/70) sono in pensione, e non c’è all’orizzonte la possibilità di ricambio.
È un problema che IBM vorrebbe risolvere sfruttando l’Intelligenza Artificiale e anche a questo scopo ha creato watsonx, tecnologia a supporto dele organizzazioni nell’esplorazione dei diversi modelli di IA e che a quanto pare potrebbe essere di aiuto per convertire “polveroso” codice COBOL in linguaggi di programmazione moderni, salvando i programmatori da interminabili ore da dedicare alla conversione.
Semplificando, è un po’ come chiedere a ChatGPT di tradurre testi dall’inglese in esperanto, trasformando blocchi di codice COBOL in Java. Detto così sembra semplice ma non mancano i problemi, compresa la necessità di tenere conto di dipendenze, framework, ecc. Il lavoro può essere portato a termine se seguito da un programmatore che è in grado di suddividere il codice in blocchi, estrapolare man mano le varie funzioni da “tradurre”. Mediamente un 80%-90% del codice può essere tradotto automaticamente ma per la parte restante è sempre necessario l’intervento umano.
IBM presenta watsonx come strumento in grado di supportare le organizzazioni nell’esplorazione dell’IA fornendo kit di strumenti che consentono di gestire i rischi, creare modelli e anticipare la conformità rispetto a future normative incentrate sull’AI.
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