Si rinnova la sfida tra uomo e computer, questa volta con un gioco a quiz. Il progetto Watson di IBM, in collaborazione con Università di Trento, MIT, University of Texas, USC e Carnegie Mellon University per mettere a punto un sistema di ricerca di informazione basato sul linguaggio naturale, in grado di sfidare l’uomo nei giochi a quiz.
Il sistema, dal nome in codice Watson (in omaggio a Thomas J. Watson, fondatore e primo presidente di IBM) è il prodotto della combinazione di uno dei supercomputer più potenti al mondo con un sistema software composto da tecniche allo stato dell’arte dell’apprendimento automatico, intelligenza artificiale ed elaborazione del linguaggio naturale. Si tratta di un sistema di risposta automatica (QA – Question Answering) cui da qualche tempo sta lavorando IBM in collaborazione con l’Università di Trento e con prestigiose università statunitensi. Le sfide tra uomo e computer sul terreno di gioco, infatti, continuano a essere di grande attualità perché rinnovano il dibattito sui confini dell’intelligenza umana e permettono di provare dal vivo la sempre maggiore potenza dei programmi e dell’hardware su cui sono eseguiti.
I professori e ricercatori dell’Università di Trento stanno collaborando con gli scienziati di IBM Research per perfezionare gli algoritmi utilizzati nella classificazione delle domande proposte nel quiz televisivo americano – Jeopardy! – al fine di migliorare la ricerca delle possibili risposte e per raffinare gli algoritmi di selezione della risposta più promettente tra le varie alternative trovate dal sistema. L’obiettivo è di estendere in futuro l’uso della stessa tecnologia a una serie di applicazioni di tipo commerciale (ad esempio, i sistemi di risposta vocale nei call center oppure computer come veri e propri assistenti personali) e migliorare in modo significativo la naturalezza dell’interazione uomo-macchina.
Si tratta di un accordo particolarmente significativo per l’ateneo trentino, selezionato per la sua posizione di primo piano al centro di una delle aree di sviluppo più avanzate in Europa nel settore della ricerca delle tecnologie del linguaggio e dell’interazione. Ma anche per i risultati ottenuti nelle aree di ricerca dell’apprendimento automatico e nell’addestramento di computer che possano interagire con le persone usando il linguaggio naturale come strumento comune.
L’impiego di questi computer di ultima generazione, immediati nell’uso e piacevoli nell’interazione, si è dimostrato particolarmente utile anche dal punto di vista sociale, perché ha consentito di allargare le possibilità della rete e dei motori di ricerca web anche a nuove categorie di utenti, prima escluse o trascurate, come anziani o disabili.
Il team di ricerca dell’Università di Trento, coordinato dal professor Giuseppe Riccardi e dal ricercatore Alessandro Moschitti, è stato selezionato dall’IBM, per contribuire allo sviluppo del sistema di QA e della sua successiva estensione a sistemi interattivi o agenti virtuali in grado di dialogare con i computer. In particolare, il lavoro dei ricercatori trentini si concentra sul miglioramento delle prestazioni attraverso cui il sistema Watson (per la sfida Jeopardy) fornisce le risposte a interrogazioni fatte in linguaggio naturale. Il Dipartimento di Ingegneria Informatica e Scienze dell’Informazione (DISI) dell’ateneo, infatti, è leader mondiale nella progettazione di sistemi di apprendimento automatico per l’elaborazione del linguaggio naturale. Ha, infatti, sviluppato tecniche innovative di apprendimento automatico (Kernel Methods e Support Vector Machines) e di elaborazione del linguaggio naturale basate su rappresentazioni sintattiche e semantiche del testo.
Insieme all’Università di Trento sono coinvolti in questo importante progetto di ricerca il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la University of Texas, la University of Southern California (USC) e la Carnegie Mellon University per lo sviluppo di un’architettura aperta prima nel suo genere, in modo da consentire a tutti i ricercatori di collaborare al meglio sulle tecnologie di QA di base e quindi di applicare i risultati al sistema “Watson” IBM.
«Con questa collaborazione – ha commentato David Ferrucci, leader del team di progetto IBM Watson – intendiamo estendere e aprire l’accesso alle tecnologie di interazione vocale al di fuori degli Stati Uniti e verificare con l’aiuto dell’Università di Trento l’applicabilità degli stessi algoritmi a lingue diverse dall’Inglese. Con l’obiettivo, in un prossimo futuro, di estendere l’interesse anche a programmi applicativi che aprano sbocchi commerciali in settori come la medicina, il supporto tecnico, i servizi finanziari, in Italia e in Europa”.
Fonte:
PR IBM
[A cura di Mauro Notarianni]