Il costo di vendita di iPhone potrebbe anche non permettere ad Apple di recuperare i costi di produzione e trasformarsi allo stesso modo in una macchina da soldi per la Mela. Questa la conclusione cui giunge Toni Sacconaghi, un analista di Sanford C. Bernstein che espone la sua tesi in un rapporto compilato alla fine della scorsa settimana.
Sacconaghi parte per giungere all’interessante considerazione da quanto At&T versa ad Apple per ciascun abbonamento stipulato: si tratterebbe di ben 15$ al mese, ben di più di quel 10% ipotizzato da alcune fonti. In totale Apple potrebbe percepire per ogni telefono venduto 360$ nei due anni di validità dell’abbonamento una cifra di molto più alta rispetto a quella (tra i 200 e i 350$) che alcuni grandi retailer, come Best Buy o Radio Shack spuntano per ogni contratto stipulato.
Se i conti di Sacconaghi sono corretti Apple sarebbe in grado di percepire dalla vendita di 7 milioni di iPhone per l’anno fiscale 2008 (che va da ottobre 2007 a settembre 2008) 1.05 miliardi dalla vendita dell’hardware ma altri 715 milioni di dollari da At&T, una cifra che potrebbe ‘ragionevolmente’, dice l’analista, permettere ad Apple di vendere il cellulare al di sotto del prezzo di costruzione.
Ma anche se così non fosse, resterebbe il fatto che in ogni caso Apple è in grado di affrontare con un piano di profitti di questo tipo ogni genere di scossoni di mercato, sia esso un ribasso di 200$ per il singolo telefono per finire con il buono acquisto di 100$ a tutti i clienti che hanno acquistato iPhone prima dello sconto.
Nel corso della giornata di ieri lo stesso Sacconaghi aveva però evidenziato come potrebbe essere difficile per Apple imporre questo stesso modello di business in paesi che, come l’Italia, hanno difficoltà a recepire i contratti post pagati, puntando invece sui prepagati.