Chi pensa che Epic Games sia solo l’azienda che ha creato Fortnite probabilmente deve rivedere le sue coordinate. Perché mentre tutti guardavano al fenomeno dei battle royale e delle danze copiate dai tiktoker, il colosso americano stava silenziosamente costruendo un impero nel mondo degli librerie 3D o asset 3D che sta per cambiare per sempre il modo con il quale lavoriamo con la grafica tridimensionale. Un cambiamento che avrà ripercussioni enormi non solo per gli sviluppatori di videogiochi, ma anche per musei, università e centri di ricerca italiani che, come vedremo, sembrano totalmente impreparati a questa rivoluzione.
La costruzione dell’impero digitale
Tutto è cominciato con Unreal Engine, il motore grafico che sta dietro a una fetta significativa dei videogiochi moderni. Ma Epic Games non si è fermata lì: ha iniziato una campagna acquisti che farebbe impallidire un manager del calciomercato. Prima Quixel con la sua libreria di texture fotorealistiche, poi ArtStation che è diventato il portfolio di riferimento per gli artisti digitali, e infine Sketchfab, la piattaforma che ha democratizzato la condivisione di modelli 3D. Tre acquisizioni che potrebbero sembrare casuali ma che invece fanno parte di una strategia precisa: controllare l’intera filiera della creazione e distribuzione di contenuti tridimensionali.
Non stiamo parlando di semplici aggiunte al portfolio aziendale, ma di un piano orchestrato per costruire quello che potrebbe diventare un monopolio de facto nel settore. La prova definitiva è arrivata con Fab, una nuova piattaforma che promette di unificare tutti questi servizi in un unico grande marketplace globale. Una mossa che, per capirsi, fa venire in mente quando Amazon ha unificato il commercio online, solo che qui parliamo di contenuti digitali tridimensionali. Le conseguenze potrebbero essere ancora più dirompenti, specialmente per chi ha costruito le proprie strategie digitali sulla disponibilità di risorse gratuite.
La fine della gratuità e l’impatto sulla ricerca
Epic Games sta presentando Fab come la soluzione definitiva per i creatori di contenuti 3D: un’unica destinazione dove comprare, vendere e condividere. Ma c’è un dettaglio che sta facendo tremare il mondo accademico e culturale: entro il 2025 non sarà più possibile scaricare gratuitamente contenuti su Sketchfab, come annunciato sul sito ufficiale. È come se qualcuno comprasse tutte le biblioteche pubbliche e decidesse che d’ora in poi si paga per ogni libro consultato.
Il problema non è solo economico ma anche di accessibilità e controllo. Duncan Irschick, che insegna all’Università del Massachusetts Amherst e dirige Digital Life, in un’intervista a 404 Media ha sollevato un punto cruciale: cosa succede se Fab decide di rimuovere dalla piattaforma contenuti scientifici o accademici? Non è fantascienza: è già successo con altre piattaforme centralizzate, e le conseguenze potrebbero essere devastanti per la ricerca e la conservazione del patrimonio culturale.
L’impreparazione delle istituzioni italiane
E qui arriviamo al cuore del problema per quanto riguarda l’Italia. Provate a chiedere a un qualsiasi museo o centro di ricerca italiano dove conservano i loro asset digitali. Le risposte vi faranno venire i brividi: la maggior parte si affida completamente a piattaforme “gratuite” come Sketchfab o addirittura Instagram. È come costruire un museo su un terreno in affitto con un contratto che può essere rescisso in qualsiasi momento.
La situazione diventa ancora più surreale quando si guarda ai progetti finanziati attraverso Horizon Europe. Milioni di euro vengono investiti in ricerca, digitalizzazione e conservazione, ma spesso senza un piano concreto per la preservazione a lungo termine dei risultati digitali. I siti web spariscono dopo uno o due anni dalla fine del progetto, portando con sé dati preziosi e irrecuperabili, mentre le istituzioni continuano a cercare soluzioni “facili” affidandosi alle piattaforme commerciali.
Le possibili soluzioni
Non tutto è perduto, ma serve un cambio di passo immediato. Europeana sta facendo un lavoro eccellente nel mostrare come si possa costruire un’infrastruttura digitale sostenibile per il patrimonio culturale, mentre OpenAIRE promuove l’uso di repository istituzionali. Ma quante università italiane hanno davvero una strategia coerente per la gestione dei loro asset digitali?
Il Ministero della Cultura e il Ministero dell’Università e della Ricerca dovrebbero prendere in mano la situazione prima che sia troppo tardi. La soluzione c’è ed è anche relativamente semplice: ogni istituzione dovrebbe avere il proprio sistema di archiviazione digitale, con backup regolari e una strategia di conservazione a lungo termine. Costa meno di quanto si pensi e protegge il nostro patrimonio culturale dalle tempeste digitali che si stanno addensando all’orizzonte.
Il futuro è già qui (e fa un po’ paura)
La questione non è se Epic Games abbia il diritto di fare business: ovviamente ce l’ha. Il punto è se sia saggio permettere che un singolo attore controlli così tanta parte dell’infrastruttura creativa digitale, e soprattutto se le nostre istituzioni siano pronte ad affrontare questo cambiamento epocale.
Non è più tempo di improvvisare: o prendiamo sul serio la gestione dei nostri asset digitali, sviluppando strategie sostenibili e indipendenti, o rischiamo di perdere una parte significativa della nostra memoria culturale. La tecnologia 3D non è più solo un vezzo per videogiochi o presentazioni accattivanti: è diventata uno strumento fondamentale per la conservazione e la diffusione del patrimonio culturale. Ed è ora che le nostre istituzioni comincino a trattarla come tale.