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I migliori romanzi classici per la scuola (parte prima)

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La cultura di una società, intesa come bussola che orienta la vita delle persone e non come erudizione, è un concetto astratto ma viene costruito utilizzando materiali molto concreti. Tra gli altri, i romanzi che si leggono da giovani, alle scuole medie e all’inizio delle superiori. Per alcuni è il punto di partenza verso la scoperta della letteratura che li accompagnerà per il resto dei loro giorni, per altri è la prima e purtroppo l’ultima tappa di un viaggio che non inizia mai.

Per altri ancora, è un treno che non è mai passato da quella stazione. Magari perché quel singolo docente ha fatto leggere altro, sono passati tra le mani della persona libri alternativi, ci sono state proposte diverse: insomma, gli anni sono passati e ci si trova di fronte al vuoto. Questa lista vuole essere una proposta ma anche un memento: i libri che furono, quelli che si leggevano a scuola e che sincronizzano e tengono assieme la cultura della nostra società durante la scuola.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

I migliori libri


Il deserto dei tartari

Questo romanzo è una sorta di enigma, di ricordo soffuso per chi lo ha letto anni fa, di mappa esistenziale dell’anima di una persona giovane, maschio o femmina che sia. La Fortezza Bastiani, ultimo avamposto di un mondo ottocentesco, dove Giovanni Drogo, allievo di un’aristocrazia militare decadente, sovrintende alle angosce di una generazione che però sono anche universali. Dino Buzzati era un giornalista del Corriere della Sera e uno dei pochissimi capaci anche di essere veramente uno scrittore (di solito le due cose sono incompatibili). L’attesa vana, schiacciato tra gerarchia, obbedienza e cieca osservanza di regolamenti superati è la metafora perfetta dell’uomo moderno. Pubblicato nel 1940 ma scritto fra il 1933 e il 1939 durante i turni notturni al Corriere, è la cronaca spirituale di una grande occasione che non arriva mai.

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Cent’anni di solitudine

Gabriel Garcia Marquez è stato uno straordinario scrittore latinoamericano, capace di far emergere, attraverso le storie di Macondo, un piccolo villaggio perso nelle paludi, uno spaccato di umanità favoloso e allegorico, tumultuoso, potente. Scritto con una lingua incredibile e rivoluzionaria, che ha trasformato il modo con il quale la narrativa latinoamericana da allora pensa e parla, questo libro è la storia di cent’anni di solitudine della grande famiglia Buendía, i cui componenti vengono al mondo, si accoppiano e muoiono per inseguire un destino ineluttabile. È il realismo magico, un capolavoro mondiale considerato un romanzo ideale, capace di rivoltare la realtà per mostrarne il rovescio.

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Le città Invisibili

Non si può parlare di letteratura e di letture per la scuola media e superiore senza mettere Italo Calvino sul podio. Andrebbe pescata tutta o quasi tutta la produzione dell’autore ligure nato a Cuba, e forse le Città Invisibili è il meno letterario e il più astratto e sofisticato tra i libri di Calvino. Secondo noi invece è il più onesto: mostra la struttura prima della storia, anzi delle storie, e porta avanti la complessità senza celarla dietro semplicità e leggerezza (che peraltro abbondano) tipica di altre opere dell’autore. Una lettura incantevole.

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A ciascuno il suo

Leonardo Sciascia è stato un grande intellettuale e scrittore italiano, oltre che un fiero siciliano e un abile polemista. Ha raccontato storie semplici e complesse, ha fatto battaglie ideali e battaglie molto concrete. Questo romanzo è considerato da alcuni il suo capolavoro (altri gli preferiscono il peraltro bellissimo “Giorno della civetta”). È un romanzo giallo, che parte da due omicidi e ruota attorno a un mondo di politica, tradimenti e malaffare. È la storia della mafia, certamente, perché Sciascia di quello vuole parlare: ne scrive facendo riferimento sia a quella presente in modo capillare sul territorio siculo crescita nel dopoguerra che a quella tentacolare nascosta nelle aule parlamentari e nei palazzi del potere romano (e non solo). Le ragioni dell’anima e quella della vita, della società inquinata. Una storia di grande presenza e infinita conseguenza.

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Lo straniero

La letteratura italiana non è l’unica fonte alla quale abbeverarsi per costruire una identità e una cultura nostrana, anche perché la storia del dopoguerra è la storia dell’avvicinamento di popoli per secoli confinanti e nemici, battaglieri e alieni. Con questo romanzo del 1942 Albert Camus mette un segno in terra che nessun lettore europeo potrà più ignorare. Il protagonista è Meursault, un modesto impiegato che vive ad Algeri in uno stato di indifferenza, di estraneità a se stesso e al mondo. Un giorno, dopo un litigio, inesplicabilmente Meursault uccide un arabo. Viene arrestato e si consegna, del tutto impassibile, alle inevitabili conseguenze del fatto (il processo e la condanna a morte) senza cercare giustificazioni, difese o menzogne. Meursault è un eroe “assurdo”, e la sua lucida coscienza del reale gli permette di giungere attraverso una logica esasperata alla verità di essere e di sentire.

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La vita agra

Il secondo dopoguerra è stata una stagione lontana che però ha costruito il modo di pensare dell’Italia contemporanea oltre che di tutto il resto dell’Europa. Anche se adesso pare che ogni anno che passa ce ne dimentichiamo sempre di più, in realtà è questa la materia di cui siamo fatti. “La vita agra” segnò per Luciano Bianciardi il momento dell’autentico successo, un successo che non tardò a fare entrare in sofferenza un intelletto indipendente come il suo. Il romanzo, ampiamente autobiografico, vede il protagonista lasciare la provincia e con essa la moglie e il figlioletto per andare a vivere a Milano. L’intento iniziale è far saltare un grattacielo, per vendicare i minatori morti in un incidente causato dalla scarsa sicurezza sul lavoro (il riferimento è all’incidente alla miniera di Ribolla del 1954, in cui persero la vita quarantatré minatori). Ma il protagonista vive in perenne bilico fra voglia di far esplodere il sistema e desiderio di esserne riconosciuto… Sessanta anni dopo la prima pubblicazione, nel 1962, “La vita agra” resta uno sguardo sulle conseguenze umane e sociali del boom economico italiano, ricco di una scrittura irrequieta, precisa, impossibile da imbrigliare.

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1984

Nel 1948, appena finita la Seconda guerra mondiale, lo scrittore e giornalista britannico George Orwell scrisse quello che è il suo libro più famoso. Con la struttura di un libro di fantascienza, racconta l’assolutismo che Orwell temeva di più (soprattutto per averlo conosciuto da vicino) cioè quello sovietico. Molto citato e pochissimo letto, è un romanzo che si rivolge al passato: il grande fratello tecnologico non esiste nei modi e con i timori raccontati da Orwell, eppure non passa giorno o quasi che non si faccia questa uguaglianza totalmente sbagliata. Leggere (o rileggere) 1984 vuol dire leggere innanzitutto un notevolissimo romanzo, ben scritto e strutturato, ma anche capire finalmente di che cosa parlava Orwell e perché i regimi totalitari di Oceania, Eurasia ed Estasia, con la loro neolingua costruita per cancellare l’amore e il libero pensiero, sono molto lontani dalla distopia nella quale viviamo oggi. La ribellione interiore di Winston, il protagonista, è profondamente diversa da quella dell’uomo contemporaneo.

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Quer pasticciaccio brutto de via Merulana

La letteratura italiana è fatta di piccoli capolavori colpevolmente dimenticati. Leggiamo molti libri ovviamente con traduzioni che ne appiattiscono la ricchezza linguistica nella lingua d’origine, e ci dimentichiamo quanto sia bello e profondo l’italiano dei dialetti e dei vernacoli. Questo romanzo di Carlo Emilio Gadda è una storia gialla che è alla base di molta giallistica regionale contemporanea, ma di quel genere ha solo la forma. In realtà è un ritratto dell’animo umano basato sul lavoro di un commissario di pubblica sicurezza, Francesco Ingravallo, nella Roma del 1927. Giallo abnorme, temerario, enigmatico, frutto della irresistibile attrazione che su Gadda esercitavano il romanzo e i crimini tenebrosi ma insieme di una tensione conoscitiva che finisce per travolgere ogni possibile plot, il Pasticciaccio è anche il ritratto di una città e di una nazione degradate dalla follia narcisistica del Tiranno, dove si riversa a ondate tumultuose una realtà perturbata e molteplice ― e dove, a rappresentarla, sono convocate, in uno sforzo immane, tutte le risorse della nostra lingua, dei dialetti, delle scienze e delle tecniche.

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Il Gattopardo

Citato, citatissimo, ma quasi mai letto. Il romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa è un capolavoro della letteratura italiana che non conosciamo. Siamo in Sicilia, all’epoca del tramonto borbonico: è di scena una famiglia della più alta aristocrazia isolana, colta nel momento rivelatore del trapasso di regime, mentre già incalzano i tempi nuovi (dall’anno dell’impresa dei Mille di Garibaldi la storia si prolunga fino ai primordi del Novecento). Accentrato quasi interamente intorno a un solo personaggio, il principe Fabrizio Salina, il romanzo, lirico e critico insieme, ben poco concede all’intreccio e al romanzesco tanto cari alla narrativa dell’Ottocento. L’immagine della Sicilia che invece ci offre è un’immagine viva, animata da uno spirito alacre e modernissimo, ampiamente consapevole della problematica storica e politica contemporanea.

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Una questione privata

La guerra ha disegnato il profilo di una generazione. Vincitori o vinti, partigiani o fascisti, comunque giovani in anni formativi che hanno modellato il dopoguerra e il ritorno alla normalità oltre al boom economico. Con questo romanzo Fenoglio rivisita la gioventù di un’intera generazione. Nelle Langhe, durante la guerra partigiana, Milton (quasi una controfigura di Fenoglio stesso) è un giovane studente universitario, ex ufficiale che milita nelle formazioni autonome. Eroe solitario, durante un’azione militare rivede la villa dove aveva abitato Fulvia, una ragazza che egli aveva amato e che ancora ama. Mentre visita i luoghi del suo amore, rievocandone le vicende, viene a sapere che Fulvia si è innamorata di un suo amico, Giorgio: tormentato dalla gelosia, Milton tenta di rintracciare il rivale, scoprendo che è stato catturato dai fascisti… Con parole precise e vere, con commozione e furia, Fenoglio fa risuonare la più bella tra le storie d’amore possibili e impossibili.

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Tempi memorabili

Facciamo un passo ancora più indietro. Non in chi è sbocciato durante la guerra ma chi invece ha scoperto l’amore e i pensieri da adulto subito prima, negli anni Trenta. Carlo Cassola lo racconta con questo romanzo. Il quindicenne romano Fausto trascorre l’estate a Marina di Cecina. Siamo nei primi anni Trenta, i giorni scorrono lenti in giochi e amicizie di spiaggia. Tra dubbi e insicurezze, Fausto si confronta con gli altri. Fa la scoperta dell’amore, prima incerto tra Gabriella e Anna, poi pago soltanto del suo magico stato di grazia; e scopre anche la vocazione letteraria. Una duplice epifania, alla quale in “Tempi memorabili” (1966) che riprende e dilata un precedente racconto Cassola dà forma rappresentando l’attesa della vita nel tempo sospeso della vacanza e fissando come indimenticabile il passaggio dall’infanzia all’adolescenza.

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La luna e i falò

L’autore forse più importante tra quanti hanno raccontato la condizione umana e italiana in particolare subito prima e durante la Seconda guerra mondiale è certamente Cesare Pavese. Se non altro per la sua tragica scomparsa, frutto di una profonda depressione, che segna il carattere e l’opera dell’autore piemontese. Pubblicato nell’aprile del 1950 e considerato il libro più bello di Pavese, “La luna e i falò” è il suo ultimo romanzo. Il protagonista, Anguilla, all’indomani della Liberazione, torna al suo paese delle Langhe dopo molti anni trascorsi in America e, in compagnia dell’amico Nuto, ripercorre i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza in un viaggio nel tempo, alla ricerca di antiche e sofferte radici. Storia semplice e lirica insieme, costruita come un continuo viavai tra il piano del passato e quello del presente, La luna e i falò recupera i temi civili della guerra partigiana, la cospirazione antifascista, la lotta di Liberazione, e li lega a problematiche private – l’amicizia, la sensualità, la morte -, in un intreccio drammatico che conferma la totale inappartenenza dell’individuo rispetto al mondo e il suo triste destino di solitudine.

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Le ragazze di Sanfrediano

Finiamo questa prima raccolta di libri con una nota di leggerezza. Vasco Pratolini è ricordato come l’autore forse più rappresentativo per la messa in scena della Firenze degli anni Trenta e Quaranta. Popolare e letterario al tempo stesso, dotato di un orecchio incredibile per eseguire un vernacolo fiorentino tanto letterario quanto popolano, Pratolini quando scriveva i suoi libri negli anni Quaranta, Cinquanta e primi Sessanta era considerato un romanziere da best-seller, a tinte forti, tra il rosa e il cronachistico. La sua forza però è aver saputo trasformare quello di cui scrive, il microcosmo dei quartieri fiorentini, in un romanzo universale. Il mondo del quartiere, la rappresentazione corale della vita di un rione popolare di Firenze: il libro di Pratolini è una favola moderna ma dall’ossatura antica, che si richiama alla novella boccaccesca, dove il vero protagonista è proprio lui, il quartiere di Sanfrediano. Qui le ragazze spasimano e si dannano tutte per lo stesso dongiovanni, “Bob” (dalla sua somiglianza con Robert Taylor), ma quando una delle innamorate gabbate, la Tosca, scopre il doppio gioco del ragazzo, decide di organizzare una beffa destinata a dargli una lezione una volta per tutte. Con un ritmo narrativo agile e brioso e un lessico ispirato al vernacolo fiorentino, Vasco Pratolini accompagna il lettore in una vicenda ricca di ironia, dove il contrappasso e la farsa scandiscono le storie dei protagonisti.

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