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I migliori libri sul cabaret di Milano del Derby Club e dei suoi comici

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Il Derby Club è stato un locale molto noto a Milano negli anni Sessanta e Settanta. Veniva considerato una vera e propria fucina del cabaret milanese e italiano. Alcuni dei più famosi comici e cabarettisti italiani hanno mosso i loro primi passi al Derby Club e possiamo dire senza timore di smentite che il Derby Club è alla base della tradizione del Nord per quanto riguarda l’intrattenimento e la comicità, quello che una volta si chiamava “cabaret” in contrapposizione alla “rivista” dei teatri romani e napoletani,

Una breve introduzione alla storia e alla serie incredibile di talenti può essere ricostruita attraverso una lista di libri che raccontino personaggi, protagonisti e storie. Non ve ne anticipiamo nessuna, ma vi lasciamo scorrere questa lista dei migliori libri di Macity. Una lista che ci ha fatto ridere a crepapelle.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

I migliori racconti brevi e minimalisti made in USA

Enzo Jannacci. Ecco tutto qui

Come non commuoversi ricordando il grande arista milanese? Ecco tutto qui, dal titolo di una canzone contenuta in Foto Ricordo, album del 1979, è la storia appassionata di una vita unica e irripetibile, dove l’artista e l’uomo Enzo Jannacci sono fotografati e raccontati da chi lo ha visto e conosciuto da vicino, sul lavoro, tra gli hobby, accompagnandone la carriera e le avventure di tutti i giorni.

Diviso per decenni, dai primi coraggiosi esperimenti degli anni Cinquanta, fino al passo d’addio del 2013, il testo ritrae Jannacci come testimone del suo tempo, un mosaico gioioso e tragico insieme, capace di dividersi tra musica e medicina, tra concerti, dischi e produzioni, tra teatro e televisione, pubblicità, regie e arti marziali, cinema e cabaret, senza mai mancare il bersaglio: una traiettoria di umorismo, non-sense e amare riflessioni sui più sfortunati, sui derelitti, sui dimenticati dalla società. Un mistero buffo, come lo avrebbe definito l’amico e maestro di sempre, Dario Fo.

Oltre a un prezioso apparato di fotografie mai pubblicate prima, il libro offre un panorama ricchissimo su lavori e opere passate in rassegna puntigliosamente, con l’ausilio di alcune delle tante persone che gli hanno voluto bene e ancora oggi lo considerano un ineludibile punto di riferimento per il mondo dello spettacolo, e non solo: tra questi Renzo Arbore, Massimo Boldi, Sergio Castellitto, Romano Frassa, Dalia Gaberscik, Ricky Gianco, Gino e Michele, Gino Paoli, Gianni Rivera, Paolo Rossi, Vasco Rossi.

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Jannacci arrenditi! Fotoricordi di contrabbando

Sempre Enzo Jannacci, sempre ricordi e fotografie (che poi è la stessa cosa). Scriveva Jannacci: “Quando andai a Canzonissima, uno fece: “Oddio Jannacci, un’altra canzone sui morti di fame”. Io mica lo faccio apposta. Io sono cresciuto nella periferia più popolare di Milano, a due passi dall’Ortica. Mica potevo mettermi a fare canzoni sui ricchi. Io sono stato subito diverso. Nessuno si occupava dei problemi della gente”.

“Vedevo mio padre faticare e da lì viene il mio lato comico: il sorriso del povero. Che non è mai vero, è un sorriso abbozzato. Arrivata la maturità, le idee erano chiare. E c’era rabbia in me. Scrivevo cose surreali, ma pure altre esplicite, come Ti te se’ no. Solo che la tragedia non si capisce, se sei timido. E se la gente ride tenta sempre di trovare una scusa per farlo: perché quando non fai il matto non vai bene”.

“Perciò ho dovuto fare quanto un artista vero non farebbe mai. Cioè, togliere ogni maschera. Vincenzina e la fabbrica era chiara. Ci sono dentro i miei tormenti, e c’è la società. Mi diede la sicurezza che poi mi ha portato a scrivere canzoni durissime. E cosa capiva la gente nel ’79 di Natalia? Di uno che cantava di una bambina malata di cuore, di un papà che prova a pregare, della morte che se ne infischia della medicina? Ma poi ci è arrivata, adagio”.

“Tanto che poi per me ha avuto senso persino cantare di droga e mafia a Sanremo: se sei vero, la gente ti ascolta. Mai averne paura. Io non sono un bolscevico, resto un sognatore: ma sto sempre dalla parte di chi fatica a vivere, e se la carità sta a sinistra io sono di sinistra. Oramai siamo a una nomenclatura dei diversi: omosex, tossici, vecchi, bimbi, inglesi, malati, poveri, storpi, credenti. E per forza che la gente diventa razzista! Io sto dalla loro parte, ma una domanda me la faccio: se Dio esiste, con tutto quello che dice il papa, Dio non dovrebbe essere amore? La differenza fra il comico e lo spiritoso è che lo spiritoso deve sudare per aprire la porta, il comico non ha bisogno della porta: si vede subito”.

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Cochi e Renato. La biografia intelligente

Grandi eroi del Derby, perché là ci sono nati. E non si sono più fermati. La vera storia della coppia più folle. La vera storia della coppia più folle della comicità italiana dai primi anni di vita, alle prime uscite serali in compagnia di artisti come Piero Manzoni e Lucio Fontana, le canzoni in osteria, l’approdo al cabaret di Milano, il mitico Derby, poi il debutto in televisione e i film girati insieme. Una pausa di 25 anni. E… taaac! Un ritorno all’insegna di una comicità che con le galline, dei cani molto magri, il mare a Milano e tante belle gioie non riesce a passare mai di moda.

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Si potrebbe andare tutti al mio funerale

Lo conosciamo soprattutto come attore, prima comico e poi sempre più serio, brillante, completo. Ma le sue radici, milanesissime, non sono in Eccezziunale Veramente. No, sono al Derby. E questa è la sua biografia. Anzi, di più. Un testamento spirituale impregnato di realismo magico latinoamericano. Un’ultima fuga.

Una veglia funebre si trasforma in una grande festa, un’occasione unica per celebrare l’amore e i legami di una vita. Ricordi, visioni e confessioni di un attore che ha saputo fare del divertimento un’arte, sotto i riflettori come nel privato. Accade tutto in una villa in Romagna, un posto dove parenti, amici e colleghi sono riuniti per dare l’ultimo saluto a Diego Abatantuono e dove ogni cosa sembra possibile. Enzo Jannacci fa iniezioni a base alcolica, Paolo Villaggio trascina un carrello coi bolliti, Ugo Conti spinge un’altalena, i Gatti di Vicolo Miracoli si radunano intorno a una piscina.

Tra gli spettri amati del passato e gli affetti ancora vivi e presenti, Diego si muove incerto: è vivo anche lui o è morto davvero? Nell’arco di una serata immersa in un’atmosfera onirica dal sapore felliniano, ogni incontro diventa il pretesto per scavare nella memoria. Il risultato è un racconto corale in cui, con passione e ironia, si rievocano difficoltà, successi, lunghi sodalizi e momenti di intimità mai rivelati prima.

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Ne uccide più la gola che la sciarpa. La mia storia

La voce di Renato Pozzetto, senza Cochi (vedi sotto). Che voce. “Ero al buio. C’era umidità. Silenzio. Poi, di colpo, qualcuno ha acceso la luce. Non so se dopo mi hanno lavato. Poi ho visto la mia mamma. Bella, bellissima. Era il 14 luglio 1940. Era il giorno della mia nascita.”

Renato Pozzetto si racconta per la prima volta in un’originale autobiografia colma di ricordi, incontri decisivi, aneddoti esilaranti. A fare da sfondo, o forse sarebbe meglio dire da spalla, alle avventure rocambolesche di un ragazzo di campagna che nel dopoguerra torna in città c’è immancabilmente lei: la Milano dei locali off, del Bar Gattullo, del “Dogui” e dell’Ufficio Facce; delle osterie e dei circoli operai, dell’Oca d’Oro con gli anarchici ad affettar salame e le canzoni della mala; della galleria d’arte notturna La Muffola da cui sono passati Lucio Fontana e Piero Manzoni; del Cab 64 e del Derby dove con Enzo Jannacci, Giorgio Gaber, Bruno Lauzi e tanti altri ha trovato casa tutto quel fermento surreale e giocoso del teatro-canzone che avrebbe fatto scuola.

La Milano in cui due amici d’infanzia cominciano a suonare la chitarra e a cantare le canzoni popolari, danno vita al duo comico “Cochi e Renato” e portano quel surrealismo e quella vitalità dai cabaret alla tv, diventando una coppia indimenticabile. Separata – mai del tutto – dal clamoroso esordio di Pozzetto in Per amare Ofelia, l’inizio di una lunga e fortunata carriera cinematografica che lo porterà negli anni Ottanta a scrivere pagine di storia della commedia all’italiana. “Ne uccide più la gola che la sciarpa” è tutto questo e molto altro ancora: la passione per le automobili, gli elicotteri, le corse di F1. Cibo e vino, il Po da percorrere e ripercorrere in barca, gli affetti famigliari, registi grandi e piccoli, partner memorabili dentro e fuori dal set. Un’avventura straordinaria, il racconto di una vita che l’è bela

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La versione di Cochi

Precede un po’ il racconto di Renato Pozzetto ma in realtà lo segue, sintatticamente. È quello di Aurelio Ponzoni, in arte Cochi. Sessant’anni di spettacolo, sessant’anni di teatro, cabaret, cinema, tv, sessant’anni nell’immaginario degli italiani. Pur se strettamente legata, nella popolarità di un pubblico vastissimo, a quella del socio e amico di una vita Renato Pozzetto, la carriera di Aurelio «Cochi» Ponzoni ha preso abbastanza presto strade diverse, sia per quanto riguarda il cinema, sia a teatro.

Qui, in particolare, la personalità di Cochi ha avuto modo di esprimersi, già a partire dagli anni Settanta del secolo scorso, in tutta la gamma dei registri e delle situazioni, in ruoli tradizionali, mai scontati, e in altri più sperimentali, intrapresi grazie a un’insaziabile curiosità intellettuale.

Il libro, scritto con la collaborazione di Paolo Crespi, è un memoir che trascina il lettore nella vita di Cochi a partire dai ricordi d’infanzia e della guerra fino alle avventure artistiche più recenti, aprendo squarci inediti sulla vita di una delle personalità più note e riservate della scena italiana. «Tutta la storia» per i lettori di più generazioni di fan, dagli orfani del mitico Derby Club ai giovani spettatori delle ultime avventure, non solo teatrali, del protagonista.

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Giorgio Gaber, Sandro Luporini e gli anni ottanta. Gli spettacoli del decennio

Non c’è Derby senza Gaber e non c’è Gaber senza Derby. Ma poi va avanti e continua. Questo libro racconta gli spettacoli di Giorgio Gaber e Sandro Luporini degli anni Ottanta e costituisce la naturale continuazione di un volume pubblicato nel 2021, intitolato Giorgio Gaber, Sandro Luporini e la generazione del 68 dedicato agli spettacoli di Teatro canzone del decennio precedente.

Negli anni Ottanta, la coppia di artisti ha prodotto e portato nei teatri di tutt’Italia cinque nuovi spettacoli. Due soltanto, “Anni affollati” (1981-1982) e “Io se fossi Gaber” (1984-1986), possono ricondursi in senso stretto alla formula teatrale del Teatro canzone sperimentata nel decennio precedente.

Parlami d’amore Mariù” (1986-1988), pur alternando sei lunghi monologhi ad altrettante canzoni, è principalmente uno spettacolo di prosa intervallato da qualche momento musicale. Mentre “Il caso di Alessandro e Maria” (1982-1983) e “Il Grigio” (1988-1990) sono due vere e proprie commedie di pura prosa, di cui la prima recitata insieme a Mariangela Melato.

Finiti gli anni della contestazione, quel pubblico di ragazzi che ha seguito Gaber negli anni Settanta non c’è più. Lui e Luporini devono reinventarsi, in un decennio marcato da quello che fu allora chiamato il “riflusso”, un bisogno di divertimento e di spensieratezza dopo anni di lotte e di terrorismo. Un decennio che divise allora e che divide ancora. Per alcuni furono e rimangono quei fantastici anni Ottanta, per altri sono stati l’inizio di una catastrofe sempre attuale.

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E pensare che c’era Giorgio Gaber

Altro angolo dove vedere Giorgio Gaber. Un angolo privilegiato. A ormai più di vent’anni dalla sua morte, Gaber ci manca ogni giorno. Manca la sua umanità, il suo talento. La sua fisicità, la sua ironia. La sua lucida ferocia, il suo inaudito coraggio. Gaber è stato uno dei più grandi pensatori italiani del Novecento e questo libro, prim’ancora che un racconto appassionato dell’artista, è un atto d’amore.

Andrea Scanzi racconta Giorgio Gaber a teatro da ormai dodici anni. La pièce, voluta dalla Fondazione Gaber e dunque anzitutto da Dolores Redaelli e Paolo Dal Bon, doveva essere una data unica a Voghera nel febbraio 2011. Da allora l’ha messa in scena più di duecento volte in tutta Italia, e continuerà a farlo finché sarà possibile: guai a dimenticare Gaber.

Il volume è nella sua prima parte il testo – esteso e arricchito – del suo spettacolo omonimo, e dunque la storia della carriera del Signor G. La seconda parte ospita invece una corposa antologia di pensieri e parole che intellettuali, artisti e appassionati famosi (Baglioni, Cremonini, Fossati, Guccini, Luporini, Vecchioni e tanti altri) hanno scritto appositamente per questo libro.

Ognuno ha raccontato il suo Gaber, e ognuno lo ha fatto meravigliosamente. Infine, alcuni aneddoti personali e qualche consiglio su come approcciarsi al corpus artistico di Giorgio Gaber e Sandro Luporini, sodalizio inscindibile che ha portato in Italia il Teatro Canzone e firmato capolavori indimenticabili: Chiedo scusa se parlo di Maria, Buttare lì qualcosa, Quando è moda è moda, L’illogica allegria, Io se fossi Dio, Qualcuno era comunista.

Il signor G ha sempre rifuggito la dimensione canonica discografica. Dal 1970 ha frequentato pochissimo tivù e studi discografici e – dunque – non è facile avvicinarsi a lui. Non si sa da dove cominciare, ma questo libro è un’ancora di salvezza. Partite da qui.

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Le mie tre vite. Ridere, piangere, ricominciare

Anche lui, Massimo Boldi è stato un grande del Derby Club. La perdita del padre a diciotto anni ha segnato la sua prima vita. La scomparsa della moglie, che gli fu accanto per trent’anni, la fine della seconda. Ora vive la sua “terza vita” e ha una voglia matta di raccontare a tutti dove si trova la forza per ripartire sempre.

È una confessione a cuore aperto, un viaggio intimo e personale, che il grande comico milanese ha scelto di fare in compagnia della figlia più giovane, Marta. Si viene così trascinati dentro una girandola variopinta di incontri, di successi, di episodi esilaranti legati alla carriera, ma soprattutto di ricordi affettuosi, di battaglie vinte, come quella sulla balbuzie, di gioie e dolori familiari.

È un’esistenza narrata attraverso passaggi cruciali, da cui stilla una preziosa eredità di saggezza, un tesoro di insegnamenti per affrontare con ironia, leggerezza e abbandono le prove del quotidiano: “Tutto quello che mi è accaduto è stato un miracolo, un sogno diventato realtà. Perché un giorno si può ridere. Un altro si può piangere. Ma tutti i giorni bisogna ricominciare”.

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Hottanta voglia di raccontarvi… …la mia vita e altre stronzéte

Anche Lino Banfi, prima di tutti i suoi mille ruoli e le sue mille vite, ha cominciato al Derby Club di Milano. Sono gli ottant’anni a scatenare in Pasquale Zagaria, in arte Lino Banfi, la voglia di guardare indietro e ripercorrere le tappe della sua vita come se fosse uno sketch: Pasquale e Lino si raccontano, si provocano, si sfottono, e non mancano di coinvolgere nei ricordi gli alter ego di cui via via hanno assunto l’identità: il commissario Lo Gatto, Oronzo Canà, Auricchio, Nonno Libero.

Una vita piena, vista dalla prospettiva dell’incredibile popolarità di oggi. Eppure non è stato sempre così: di umili origini pugliesi, Pasquale si trasferisce giovanissimo a Milano inseguendo il sogno dell’avanspettacolo, un genere molto amato nell’Italia del dopoguerra che dopo il trauma bellico anela a una comicità semplice, leggera, alla portata di tutti. E lo scopre al Derby Club.

Battezzato artisticamente “Lino Banfi” niente meno che da Totò, dopo anni di gavetta e di ristrettezze conquista il successo: prima con il cabaret, poi con la commedia sexy all’italiana, fino agli sceneggiati tv grazie ai quali è entrato nelle case di tutti gli italiani. Oggi Lino Banfi è un uomo appagato e riconosciuto, ma non ha perso la veracità delle origini. A ottant’anni suonati, rimane il raghezzo pugliese di sempre.

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Tanto domani mi sveglio

La biografia di Bruno Lauzi. Bozzetti e ritratti a tutto tondo, aneddoti e retroscena piccanti o patetici, piccole e grandi miserie individuali, eventi drammatici (la vicenda Tortora, il suicidio di Tenco), avvenimenti politici (la “discesa in campo” di Berlusconi vista da un’angolatura privilegiata e originalissima), giudizi critici acuti e impietosi, rancori e affetti pubblici e privati si intrecciano nel racconto che Lauzi dipana sul filo della memoria e di una indomita passione etica.

Ne emerge un’immagine nitida, anche se non sempre edificante, del mondo della musica e dello spettacolo – non solo italiani – dell’ultimo cinquantennio: ove il talento e talvolta la genialità degli artisti coesistono con limiti umani che lo sguardo di Lauzi – di volta in volta severo, dolente, feroce – mette a nudo e denuncia: senza fare pettegolezzi, ma senza risparmiare nessuno, tantomeno sé stesso.

Personaggio scomodo e senza reticenze, Lauzi non cerca mai di essere simpatico ma sempre e solo sincero; con questa «autobiografia in controcanto» ci offre un libro avvincente e importante: mentre racconta a modo suo, con amore e furore, “l’altra faccia della verità “, quella mai detta sinora, Lauzi traccia la storia o meglio la controstoria di cinquant’anni di musica e di costume in Italia.

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Ricomporre armonie. Poesie (1992-2006)

Primo fuori sacco, che non ci potrebbe non essere, altrimenti non sarebbe una lista dei migliori di Macity. Le poesie di Bruno Lauzi, perché alla fine un musicista e cantautore è anche un poeta, no?

Fin da studente della VB del liceo-ginnasio “Andrea D’Oria”, Bruno Lauzi ha sempre avvertito la “necessità” dell’armonia delle parole, che durerà in lui per tutta la vita. E così, oltre che cantautore tra i più originali e amati, a partire dagli anni Novanta ha scritto numerose poesie (accolte con diffidenza da gran parte della critica, sospettosa verso chi proviene dal successo in altri campi artistici): e, dopo l’esordio nel 1994 con I mari interni, ecco Riapprodi, Versi facili, Esercizi di sguardo e (postumo) Agli immobili cieli.

Questo libro, intitolato Ricomporre armonie, titolo tratto dal primo verso di una sua poesia, raccoglie per la prima volta tutta l’opera poetica di Bruno Lauzi con la cura di Francesco De Nicola.

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Re Giorgio. Le sette vite di Faletti

Secondo e ultimo fuorisacco, la storia di Giorgio Faletti, forse uno dei più grandi e più sopravvalutati artisti italiani di sempre. Straordinario, indimenticabile.

Comico, cantante, scrittore, paroliere, attore ma anche pittore e cuoco. Tutto questo è Giorgio Faletti. Un libro che ripercorre la vita e le molteplici carriere di uno degli artisti più poliedrici del panorama italiano. I successi, i fallimenti, le cadute, le rinascite e le varie facce dello scrittore che ha venduto oltre dieci milioni di copie con i suoi romanzi.

Dagli esordi, come comico, negli anni Settanta ovviamente al Derby Club, passando per i successi come cantante e poi autore. Le aspre critiche, i risultati raggiunti, le mille sfaccettature di un uomo che ha saputo affermarsi in vari campi in una biografia completa, ricca di curiosità e aneddoti.

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