Riunite nonostante una secolare competizione, risalente ai tempi della Serenissima, le due città lombarde nel 2023 sono state la “doppio” capitale della cultura. Bergamo e Brescia. Due storie diversissime, per chi ha la fortuna di conoscere queste due meravigliose gemme, così vicine eppure così differenti l’una dall’altra.
Abbiamo una lunga esperienza di prima mano in entrambe le città e, armati di questo spirito, abbiamo selezionato quelli che riteniamo essere i migliori libri per conoscere qualcosa di più delle due meravigliose città cresciute ai piedi delle Alpi. Cominciamo con Brixia, oggi Brescia, e a seguire Bergamo.
Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.
Brescia segreta. Luoghi, storie e personaggi della città
Viviana Filippini racconta la storia più nascosta della leonessa. Dieci minuti di camminata a piedi, son quelli che separano Piazza della Vittoria dall’antico Foro romano in via Musei. Poche centinaia di metri percorribili a piedi, che vi permetteranno di passare attraverso secoli di storia dall’epoca romana, al Medioevo, al Rinascimento fino ai primi del Novecento. Brescia è una città moderna, ma allo stesso tempo ha origini millenarie che ogni giorno si scorgono nei resti del Capitolium, nelle sue chiese, nei musei o passeggiando sotto i portici di via Dieci Giornate. “Brescia segreta” suggerisce delle “passeggiate” con la speranza di fa scoprire e riscoprire la storia, le persone e l’arte che nel corso del tempo hanno animato e animano ancora, grazie alla loro presenza, la città conosciuta come Leonessa d’Italia.
Storia di Brescia. Dalle origini ai giorni nostri
Pochi lo immaginano, ma la città che ha resistito ai veneziani ed è stata accettata come consociata e non come sottomessa (la leonessa ha la coda alzata!) ha una lunga storia. Chi viene a Brescia per la prima volta (e non è raro perché non è una delle mete preferite dal turismo di massa) rimane stupito nel trovare una città così ricca di storia e di arte. Il destino che negli ultimi duecento anni l’ha legata allo sviluppo industriale ha fatto in modo che nell’immaginario collettivo Brescia fosse considerata una città di ferro, di fabbriche e di commerci. Che questa vocazione risalga alle sue origini è cosa vera: strategicamente collocata al crocevia dei commerci tra nord e sud è diventata presto città di importanza fondamentale per i Romani e, più tardi, per i Veneziani che ne facevano uno degli avamposti della Terraferma. Questo passato importante ha lasciato molte tracce nella città: il sito di Brescia romana e longobarda è tra i più vasti e importanti della penisola; i palazzi e le chiese costruiti nel Rinascimento sulla falsariga di quelli di Venezia e del suo territorio, scandiscono ancora oggi il tessuto urbano che è cresciuto inglobando il passato e reinventandolo.
L’espansione, pianificata dopo il secondo dopoguerra, ha ridisegnato anche lo skyline della città, con i nuovi grattacieli che sfidano la mole della cupola del Duomo Nuovo, fino a cent’anni fa unico edificio. come in molte altre città d’Italia, che osava ergersi al di sopra delle case e dei palazzi che definivano l’intrico delle vie della città antica. Brixia si definisce “fidelis” nei confronti di quelli che pretendono di averne il possesso o conquistarla manu militari. E una fedeltà che tuttavia non è pacifica sottomissione prima a Milano, poi a Venezia e quindi all’Austria, ma che diventa rivolta e volontà di indipendenza, pagata a caro prezzo nella storia del Risorgimento italiano, durante le dieci giornate del 1849, che le hanno meritato il titolo di “Leonessa d’Italia” da parte di Giosuè Carducci e Aleardo Aleardi.
A metà strada tra Venezia e Milano, Brescia ha continuato per secoli ad essere il punto di passaggio privilegiato, e il terreno di scontro di eserciti e di regnanti. Questo forse ha fatto in modo che il suo destino fosse quello di essere città contesa e di costruirsi una storia di relativa autonomia, non priva delle animosità interne che hanno caratterizzato tutti i campanili d’Italia, in barba ai poteri forti e ai signori che si sono affacciati sullo scenario della sua lunga storia.
Brescia, il doppio salto (’84-86): Storia di un’impresa calcistica e dei cambiamenti socio-politici di una città e di una nazione
Il calcio alle volte, nel nostro Paese ma non solo, permette di capire molto di più che tanti saggi di storiografia. Un tuffo nel passato, il ricordo di due anni magici, i brividi che ancora scorrono sulla pelle. Questo libro di Cristiano Tognoli racconta la grande cavalcata di quello che è stato tramandato alla storia come “il Brescia di Pasinato e di Baribbi”, una squadra indimenticabile, capace in due anni di passare dalla serie C alla serie A. Toni Pasinato era l’allenatore, un uomo semplice, ma che di questo faceva la sua forza riuscendo dove non era riuscito l’anno prima uno di quei tecnici che ai tempi veniva definito rivoluzionario: Corrado Orrico.
Pasinato si circondò di giocatori-pretoriani ai quali non chiedeva la luna né sul piano fisico né tantomeno tattico, ma che oltre che buoni giocatori erano uomini di spessore e che per lui sarebbero stati pronti a buttarsi nel fuoco. Baribbi era il presidente-tifoso, che viveva per la sua squadra. In questo libro si trova il racconto di quei due campionati e le interviste ai protagonisti, ma anche dei “link” su cosa accadeva in quegli anni: dalla morte di Enrico Berlinguer al disastro di Chernobyl, senza dimenticare la grande nevicata che imbiancò Brescia per due settimane. E poi le foto dell’epoca, le curiosità insomma tutto ciò può stuzzicare le corde dei ricordi.
Brescia cuore. Le allegre storie di una città romantica
Se pensiamo alle grandi storie d’amore si corre a Verona, a Giulietta e Romeo. Ma anche Brescia ha le sue storie da raccontare. Brescia è infatti una città romantica. In questo libro di Francesca Dale si trovano leggende, tradizioni popolari, pettegolezzi e storia. Dai Romani al Novecento anche Brescia vanta eroine tragiche, donne volitive, amanti sfortunati, uomini seducenti e colpi di scena. Questo e molto altro in un susseguirsi di storie che portano a scoprire la Città e la sua provincia sotto un nuovo punto di vista.
Il pieno di felicità
Apriamo ai romanzi e alle storie di narratori contemporanei, come questo di Cecilia Ghidotti che ha come protagonista una ragazza bresciana. Cosa accade quando, a trent’anni circa, non si riesce a trasformare, per responsabilità personali e destini generali, l’educazione, l’affetto e il supporto ricevuti in un lavoro stabile, in un’identità compiuta? Come ci si sente quando si vive in un tempo veloce e sospeso, tra decisioni, esitazioni e progetti di vita continuamente da rivedere?
Cecilia, protagonista-autrice, ha studiato quel che le andava, si è laureata e poi ha continuato a studiare. Insieme al fidanzato è finita a Coventry, una cittadina inglese dove si barcamena tra lavoretti e tentativi di proseguire la carriera universitaria. Ma non ci vive sul serio, perché non perde occasione di spostarsi, tornare con un volo low cost a Bologna, la città degli studi e delle passioni, e nella provincia padana, a lungo rifiutata ma divenuta, a distanza, desiderabile. O anche di andare a Londra, per un lavoro di tre mesi e poi per un dottorato di tre anni, e dai molti amici (o Air-bnb) che la accolgono e le fanno intravedere per qualche giorno la possibilità di una vita parallela ― a Barcellona come a Helsinki o Berlino, in un’Europa alle soglie della Brexit ma per lei ancora senza muri.
Il polo magnetico di questo girare tra incontri, piazze, concerti è quel «pieno di felicità» di una vecchia canzone dello Zecchino d’oro che la protagonista aveva creduto raggiungibile, perché i suoi desideri le erano sembrati realistici, e che deve invece imparare a ridimensionare, adattare ai tempi della «classe disagiata» e di una inquieta lotta quotidiana. Cecilia, infatti, non si limita a subire il presente ma lo interpreta con ironia, e lo vive pienamente nelle incertezze che talvolta si trasformano in occasioni.
Vento Porpora
Un romanzo storico di grande respiro pennellato da Francesca Scotti. Brescia, 1897. È tra le colline della Franciacorta e la città, che i giovani Fontana vivono la propria giovinezza. Tatiana, la figlia maggiore, intreccia una storia d’amore con il facoltoso Aurelio Lancini; Irma ed Elisabetta continuano nelle loro schermaglie personali, divise da due caratteri forti e in contrasto, e Carlo divora libri, alla ricerca di una propria felicità, insieme all’amico Adelmo. Nessuno però ha fatto i conti con lo spettro della Grande Guerra che presto sconvolgerà le vite di tutti. Carlo, Aurelio e Adelmo partiranno per il fronte, chi sul Carso, chi sulle Dolomiti e chi si vedrà parte attiva nell’impresa di Fiume. E anche le donne di casa Fontana verranno coinvolte attivamente, diventando madrine di guerra, crocerossine o rimanendo a casa ad accudire i genitori malati. La Prima Guerra Mondiale lascerà in ognuno di loro delle ferite troppo grandi perché si possano rimarginare.
La classe avversa
Un romanzo duro, che tocca un aspetto, quello dell’industria, fondamentale nella società del nord. Alberto Albertini dà vita al racconto del disfacimento di un paradigma, quello che vedeva nel modello industriale a gestione familiare il segreto del miracolo italiano. Protagonista di questo romanzo di fabbrica contemporaneo è “il Poeta”, figlio e erede di uno dei proprietari dell’azienda, costretto a mostrarsi all’altezza del ruolo che gli spetta mentre studia e sogna di laurearsi in Lettere. Quando il Presidente, azionista di maggioranza, affida l’azienda a un Amministratore delegato che si rivela un tagliatore di teste, sadico e accentratore, vorrebbe fare come Franco, suo amico fin dai tempi del liceo, che si ribella e si licenzia.
Ma ha tra le mani una commissione che potrebbe cambiare il futuro dell’azienda e illuminare finalmente il suo successo, anche agli occhi di Laura, giovane impiegata appena arrivata in ufficio. Il rischio è far saltare entrambe le famiglie, quella dove timbra il cartellino al mattino, e quella con cui condivide appena una colazione e un tragitto in auto fino alla scuola. Con questo romanzo disincantato e lucido, in un dialogo immaginario con lo scrittore Ottiero Ottieri, Albertini dà voce e nuova dignità a una corrosione personale e collettiva che il lavoro sembra non essere più in grado di nobilitare.
Congiure in Franciacorta
Questo romanzo è un rischio. Perché è un self publishing. E si vede: manca la professionalità nell’impaginato e un po’ di editing. Però è validissimo, perché Alberto Fossadri mette al centro una delle zone meno conosciute e più belle di tutto il nord d’Italia: la Franciacorta. Un romanzo sapientemente storico, ambientato nel Medio Evo, fa riscoprire un momento oggi purtroppo quasi dimenticato ma glorioso della storia bresciana.
La doppia morte della compagna Sangalli
Un altro libro d’esordio, questa volta di una giornalista, Tita Prestini, che ci trasporta alla fatidica data del 25 aprile del 1945 sulle sponde del Lago d’Iseo, un’altra delle bellezze della provincia di Brescia, che di laghi ne ha tanti, da quello d’Iseo a ovest (con la bellissima Montisola) alla sponda bresciana del lago di Garda a est. La storia, però, qui si fa interessante perché si tinge di giallo.
«Un uomo di carattere, un poliziotto onesto»: così il comandante partigiano André giudica, mentre «è iniziato il dopoguerra», il giovane vicecommissario Settembrini, sbirro «un po’ per caso, un po’ per non partire militare», sempre in bilico tra un proprio caparbio ideale di giustizia e la stanca malinconia dei fatti del mondo. A questo sgualcito nemico del crimine, il resistente André affida l’indagine sulla morte di Cesarina Sangalli, figlia di un ragioniere della Curia di Brescia, il cui corpo è stato trovato sulla ferrovia che unisce il lago d’Iseo e la città. Di questa morte «da nulla» tutto pare troppo semplice, giusto, aggiustato.
Così Settembrini, il poliziotto disarmato che non conosce le donne, non ha mai imparato a fumare e ha la passione del cioccolato, per fare luce sui molti fili e i pochi burattinai della vicenda deve archiviare innanzitutto il suo vivere cittadino e calarsi nelle complicate dinamiche di una piccola comunità, popolata di vedove allegre e ancor più allegri monsignori, baritoni in automobile e teste bionde, partigiani e contrabbandieri, mentre il clima languido ed estenuante del lago lo contagia, lo guida, lo cambia.
Padania blues
Nadia Busato è una affermata scrittrice bresciana che “nasconde” sotto una finzione letteraria la provincia della sua città. È Ogno, un paesino come tanti nella pianura Padana, stretto tra i campi, le rotonde, i centri commerciali e i capannoni industriali che costellano il nord Italia. Sulla provinciale che attraversa il paese si affaccia Hair&Beauty, il parrucchiere gestito da Ric, quarantenne gay, dove lavorano Maicol e Barbie, una bella ragazza senza alcun talento che sogna di entrare nel mondo dorato dello spettacolo. Nel frattempo Barbie cambia partner al ritmo dei vestiti che sfoggia, convinta che prima o poi qualcuno o qualcosa la porterà a Milano, verso la celebrità. Ma la vita di provincia sembra voler stroncare i suoi sogni ostinati e sciocchi. Nel paesino dove abita con la famiglia l’esistenza è regolata dalle consuetudini e dagli inviolabili principi della rispettabilità a tutti i costi. Un paesino dove tutto è tollerato purché non porti alcun cambiamento.
Una notte l’apparente tranquillità di Ogno viene interrotta da un incendio devastante. Com’è stato possibile che in un’isola di sicurezza e benessere sia successo un evento così inatteso? La chiave del mistero è racchiusa nei ricordi dell’unica testimone: Barbie, la giovane e ingenua protagonista con la testa piena di sogni. Sarà proprio lei, al risveglio dal coma, a svelare i segreti nascosti dietro al moralismo di una piccola realtà dove gli uomini lavorano e si fanno la guerra, mentre le donne li sposano e li sopportano.
Un intreccio di storie ispirate a un fatto di cronaca reale, una tragicommedia in cui si sorride delle miserie di una comunità retrograda. Una ballata di malamore e ordinaria violenza, con una protagonista colpevole di aver creduto di potersene andare dal paese e da un destino infelice, senza che fosse un uomo a portarla via, contando solo su se stessa.
Il corpo elettrico. Il desiderio nel femminismo che verrà
Chiudiamo come sempre vuole la tradizione con un “fuori quota”, un libro eccentrico rispetto a questa lista dei migliori di Macity, per stupirvi e aprire ancora di più le vostre porte della percezione. È Jennifer Guerra, bresciana, saggista e importante femminista della nuova generazione. Questo libro, che non parla di Brescia ma di donne, di tutte le donne, è meraviglioso. «Canto il corpo elettrico / le schiere di quelli che amo mi abbracciano e io li abbraccio / non mi lasceranno sinché non andrà con loro, non risponderà loro / e li purificherà, li caricherà in pieno con il carico dell’anima». Così Walt Whitman racconta il corpo umano in Foglie d’Erba: inizio e limite di ogni nostra azione, primo confine dell’universo. Oggi il corpo messo al centro del dibattito nella società contemporanea è quello della donna, che si fa terreno simbolico, campo sui cui combattono forze diverse e in contrapposizione.
In questo saggio Jennifer Guerra traccia un percorso che parte dall’autocoscienza del corpo femminile e arriva fino ai gender studies contemporanei, per recuperare i concetti e le lotte femministe e adattarle al nuovo millennio: il personale che è politico, l’autocoscienza che passa dal desiderio e la Sorellanza, attraverso l’educazione sessuale e l’inclusione delle persone trans e non binarie. Al centro di questo percorso il corpo ribelle e desiderante, il Soggetto da cui dovremmo ripartire, l’unico bene che nessuno può toglierci.
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