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I migliori libri di grandi attori e grandi registi

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Woody Allen? Una certezza anche come autore. Mel Brooks? Un personaggio incredibile anche quando racconta la sua vita. Asia Argento? La figlia di un grande autore che si è ritagliata un ruolo unico nel cinema mondiale. E così via.

Abbiamo fatto un casting che ci sono voluti anni letteralmente per portarlo a termine, ma ci sta dando le sue belle soddisfazioni. Abbiamo infatti cercato i migliori libri che abbiamo letto in questi anni e che raccontano le storie e la storia di attori e registi. Sono autobiografie, racconti di vita, storie sulle storie, sprazzi di verità nell’arte della falsificazione: il cinema è inganno, è fatto della materia del sogno, ma lascia trasparire la verità in maniera allusiva e talvolta esplicita. Questi libri lo fanno ancora di più. Buona lettura.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

I migliori racconti brevi e minimalisti made in USA


A proposito di niente

Se avete mai visto uno dei vecchi film di Woody Allen, conoscerete il tono della sua voce anche e soprattutto nel modo con il quale è stato doppiato per l’Italia dall’indimenticabile Oreste Lionello. Quel suo modo inequivocabile di parlare, di raccontare di se stesso e di quello che gli sta succedendo. L’alter ego di Allen, che poi negli anni si è trasformato in solo autore e regista e fa interpretare ad altri attori il “suo” ruolo, è ben presente nel suo libro. La biografia “A proposito di niente” è un libro lungo ma che scorre velocissimo. Sembra di avere Woody Allen seduto in un angolo della nostra mente che ce lo sta leggendo. Ricco, piacevole, con anche una punta di polemica (per difendersi dall’accusa dolorosa di aver compiuto atti ignobili) ma mostrando che anche a 87 anni si può amare fortemente la vita e viverla con intensità.

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Tutto su di me!

Un altro “grande vecchio” del cinema americano. Un comico ebreo di non eccelsa altezza, come Woody Allen, che ha combattuto nella Seconda guerra mondiale, intrattenuto gli ebrei newyorkesi in vacanza come stand-up comedian, è cresciuto professionalmente accanto a Neil Simon e Woody Allen nel gruppo di autori di Sid Caesar, il primo grande della televisione comica americana, uno straordinario attore, regista, autore di film indimenticabili come Frankenstein Jr, Mezzogiorno e mezzo di fifa, Balle Spaziali, Per favore, non toccate le vecchiette. Mel Brooks ha vinto tutti i premi (è uno dei pochissimi con un Egot al suo attivo) e ha anche scritto con stile semplice e gentile questa autobiografia meravigliosa, che inquadra tutto lo stupore della vita di questo furbo e intelligente giullare capace di far divertire quattro generazioni e intrattenere anche se stesso con una vita che sembra un romanzo. O forse un film, chissà. Sicuramente comico. L’attesa è finita. Per la prima volta Mel Brooks racconta la sua folgorante carriera: la storia di un ragazzo cresciuto a Brooklyn, dove usava i pochi risparmi per andare al cinema il sabato mattina, e destinato a incantare, commuovere ma soprattutto far ridere il pubblico di tutto il mondo.

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Memorie a rotta di collo

Visto che siamo in America, facciamo un passo indietro e guardiamo uno dei più grandi geni del cinema contemporaneo. Buster Keaton, che a molti sembra lontano come lo sono le comiche mute, tra Charlie Chaplin e Stanlio e Ollio. Invece, in questa antica autobiografia di Joseph Francis Keaton, detto Buster, nato nel 1895, c’è tutto: dal teatro di vaudeville (un prodotto squisitamente americano simile alla nostra rivista che ha dato forma al cinema comico del novecento) alla critica sociale più spietata. Le memorie a rotta di collo sono divertenti, scoppiettanti, fanno rivivere il sapore della Hollywood degli anni Venti, e non solo. “A volte mi chiedo se il mondo sembrerà ancora un posto così eccitante e spensierato come sembrò a noi a Hollywood all’inizio degli anni Venti. Eravamo tutti giovani, l’aria della California sembrava vino”. E a complemento ci sono le cadute rovinose, i matrimoni falliti, le risalite, l’amore del pubblico, la precisa consapevolezza dei meccanismi più delicati della comicità. Toccanti e dolorose le sue ultime apparizioni, come quella straziante in Viale del tramonto di Billy Wilder. Collaborò con Beckett in Francia, e anche con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia in Italia. La sua consacrazione avvenne postuma, collocandolo finalmente tra i grandissimi del cinema di ogni tempo.

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La mia autobiografia

Abbiamo evocato Charlie Chaplin, giusto lasciare alla sua voce quella di raccontare un pezzo della sua storia incredibile, che ha trasformato radicalmente il cinema americano. Scritte fra il 1959 e il 1963 queste pagine sono incredibilmente dense e sentite. Fluide e avvincenti come un romanzo, raccontano la storia di un uomo venuto dal nulla che inventò il cinema. Qui ci sono gli indizi per scoprire il segreto di Chaplin e, allo stesso tempo, le storie e i pettegolezzi di un’epoca straordinaria, gli incontri con personaggi come Gandhi, Einstein, Roosevelt, Krusciov, Stravinskij, con le stelle del cinema e le bellezze di Hollywood. Ma è la magia di una narrazione lineare, sobria, mai compiaciuta, a fare di questo testo un’opera anche letteraria. Charlie Chaplin era un uomo intenso, una specie di Steve Jobs dei suoi tempi, che faceva in maniera originale e incredibile tutto quello di cui decideva di occuparsi. Un uomo innanzitutto molto intelligente e preciso, oltre che straordinariamente creativo.

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Io vedo me stesso. La mia arte, il cinema, la vita

Facciamo un salto in avanti, andiamo nel futuro. Il futuro di David Lynch, uno dei registi più visionari e straordinari del cinema contemporaneo. Uno dei più suggestivi e al tempo stesso elusivi. Difficile capirlo, difficile però non restare ipnotizzati dal suo stile visionario. Il suo cinema è un’esperienza simile a quella che si vive al risveglio, quando il mondo del sogno sfuma lentamente nella consapevolezza. È un sogno vigile, un viaggio attraverso l’ignoto, l’oscuro, il bene e il male che forgiano ognuno di noi. Per questo Lynch è così difficile da spiegare e così restio a spiegarsi, perché la parola non può attingere al nucleo dell’incubo, può solo lambirlo. “Io vedo me stesso” è il risultato di più di un decennio di interviste raccolte da Chris Rodley, a cui David Lynch ha affidato il racconto della propria formazione, la passione per la pittura e l’influenza di artisti come Oskar Kokoschka e Francis Bacon, il lavoro di fotografo e la collaborazione musicale con Angelo Badalamenti, fino alle grandi opere cinematografiche, spesso frutto di difficili compromessi per mantenere il controllo creativo.

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Greenlights. L’arte di correre in discesa

Potete dire tutto quello che volete, ma bisogna riconoscere che quest’uomo scrive da dio. L’anno scorso, quando uscì anche in Italia, questa autobiografia zen di Matthew McConaughey ha colpito molto il pubblico nostrano così come quello del resto del mondo. L’attore “totale” tra i più interessanti della sua generazione è anche un autore fatto e finito, uno scrittore intenso, un uomo visionario. La crisi di mezz’età di McConaughey è questo libro, come spiega lui stesso, che secondo noi è tutto da leggere: “Sono in questa vita da cinquant’anni, ne scruto l’enigma da quarantadue, e da trentacinque tengo un diario pieno di idee su come risolverlo. Appunti su successi e fallimenti, gioie e dolori, cose che mi hanno stupito o che mi hanno fatto ridere di cuore. Appunti su come essere sereno. Come stressarmi di meno. Come godermela. Come fare meno male agli altri. Come fare meno male a me stesso. Come diventare un brav’uomo. Come dare un significato alla mia vita. Come essere più io. Solo di recente ho trovato il coraggio di riprendere in mano i miei diari: vi ho trovato storie del mio passato, lezioni apprese e dimenticate, poesie, preghiere, rimedi, convinzioni, alcune fotografie molto belle e un mucchio di adesivi da paraurti (nel libro vi spiego cosa intendo). Ho trovato anche un filo conduttore, un approccio alla vita che mi ha dato soddisfazione allora e che funziona anche oggi: se sai come, e quando, affrontare le sfide, puoi sperimentare quello stato glorioso che io chiamo “greenlight”, semaforo verde. Così ho preso un biglietto di sola andata per il deserto, ed è nato questo libro: un album, una testimonianza, una storia della mia vita finora. Qui sono racchiusi cinquant’anni di cose che ho sperimentato, sognato, inseguito, dato e ricevuto; alcune valide, altre vergognose. Le volte in cui l’ho fatta franca, quelle in cui mi hanno beccato, e quelle in cui mi sono bagnato ballando sotto la pioggia. Spero che sia come una medicina con un buon sapore, come un paio di aspirine invece del pronto soccorso, come un’astronave verso Marte senza bisogno di avere la patente e come le risate tra le lacrime. È una lettera d’amore. Alla vita. (È anche un manuale per trovare più “greenlight” e su come imparare a gestire le delusioni. Buona fortuna.)”

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Carissimo Simenon-Mon cher Fellini. Carteggio di Federico Fellini e Georges Simenon

In questo libro di Adelphi c’è una piccola chicca, forse la cosa più simile a un’autobiografia tematica e in prima persona che Federico Fellini abbia scritto, e un’ottima, abbondante, godibilissima serie di lettere anche di George Simenon. I due, lo scrittore francese e il regista italiano, si erano conosciuti durante l’edizione del Festival di Cannes del 1960 e si era subito instaurata una profonda amicizia: quella tra Fellini, che vinse con “La dolce vita” l’edizione del Festival di quell’anno, e lo scrittore Georges Simenon, allora presidente della giuria. Questo carteggio, che comprende tutte le lettere che Fellini e Simenon si scambiarono fra il 1960 e il 1989, è arricchito dalla lunga conversazione che i due ebbero in occasione dell’uscita di “Casanova” e che apparve sull'”Express” nel febbraio del 1977.

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Lelio Luttazzi e la settima arte. Musicista, attore e regista

Se pensavate che il cinema fosse semplicemente una lista di grandi personaggi noti, i soliti registi e attori per intenderci, pensate meglio. Ci sono anche figure importantissime e praticamente sconosciute alle nuove generazioni: ci riferiamo in questo caso a Lelio Luttazzi, che è stato ed è conosciuto come musicista ma in realtà ha fatto molto di più: ha dato gambe (anzi, swing) a tantissimo cinema. Questa è certamente una biografia basata su lettere e documenti di Luttazzi musicista: pianista e compositore. Ma anche delle sue puntate sempre più frequenti in radio, teatro, cinema e televisione che sono quelli che l’hanno reso ancora più famoso e conosciuto per intere generazioni di italiani in tutto il Novecento. Con “Studio Uno” e “Teatro 10” si è fatto conoscere sul piccolo schermo per l’eleganza e l’ironia. Al cinema invece ha scritto vari commenti musicali per importanti film che ancora oggi ricordiamo come “Totò, Peppino e la malafemmina” di Mastrocinque, “Souvenir d’Italie” di Pietrangeli, “Venezia, la luna e tu” di Risi, “Risate di gioia” di Monicelli. Non solo musicista e compositore, ma anche attore ne “L’avventura” di Antonioni, “L’ombrellone” di Risi e altre pellicole. In questo libro, la storia di un artista poliedrico e multiforme, ingiustamente dimenticato dalle più giovani generazioni.

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Storie che vi devo raccontare: La mia avventura umana

L’attore indiano Kabir Bedi è legato all’Italia dal successo mondiale di Sandokan, lo sceneggiato degli anni Settanta che fece grande la televisione pubblica italiana in tutto il mondo. Ma c’è di più: il successo di Bedi è stato planetario, l’uomo ha dominato una stagione del cinema indiano, la famosa Bollywood, ha girato in Europa, a Hollywood (era l’antagonista di James Bond in Octopussy – Operazione Piovra). E pensare che Bedi nasce come giornalista e ancora giovanissimo a New Delhi riuscì a intervistare persino i Beatles: promettente in una professione che abbandona per saltare sul grande schermo grazie a un volto e un portamento unici. E in questo autobiografia spettacolare ripercorre una carriera e una vita che attraversa stagioni diverse, continenti diversi, culture diverse. C’è il Bedi pubblico, l’attore, ma anche quello privato, le sue grandi storie: le donne più importanti della sua vita, la madre lontana che si fa monaca buddista, il figlio morto da giovane che lui ricorda e racconta in maniera straziante. Questo è un libro molto più ricco che non una semplice biografia aneddotica (gli incontri con Gina Lollobrigida e Federico Fellini nei terrazzi romani degli anni Settanta. Invece, “la mia vita – scrive Bedi – è stata un ottovolante di emozioni”. Questo libro lo dimostra ampiamente.

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Anatomia di un cuore selvaggio. Autobiografia

Asia Argento è una delle enfant terrible della cinematografia mondiale. Figlia di Dario, re dell’horror (un genere che ha praticamente rivoluzionato), è stata un po’ tutto e in tutto ha sempre un po’ esagerato. Questo libro è però una autobiografia particolare: è una specie di esame di anatomia che mette sul tavolo l’anima oltre al corpo di Argento e ne racconta le vicissitudini spirituali, sentimentali ed esistenziali. Quella di Asia Argento è una storia difficile, che passa attraverso un’infanzia tremenda, una prima maturità che viene quasi annullata da due genitori tremendi, egoisti, artisti in modo straripante e insopportabile, sino a diventare una persona capace non solo di difendersi ma anche di trasgredire, andare oltre i limiti, cercare il senso più in profondità di dove le altre persone di solito vanno. Asia Argento è stata ed è molte cose, non tutte belle e in molte situazioni terribili ma non per colpa sua, tuttavia in questo libro dimostra ampiamente una cosa: è una persona coraggiosa. Sempre, fino all’ultimo.

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La carezza della memoria

Tornato alla ribalta con la sua serie su Netflix, Carlo Verdone è una icona del cinema commedia italiano: è un ponte ideale tra Alberto Sordi e un certo modo di intendere il cinema comico o la commedia brillante del dopoguerra alla trasformazione del cinema italiano contemporaneo. Verdone l’ha attraversato con generosità, diventando una, cinque, dieci maschere diverse, creando un’idea di romanità più ricca e articolata di quella che gli stereotipi di solito non ci rimandano, e riuscendo a interpretare perfettamente il ruolo sia autoriale che recitativo di chi vuole far ridere e pensare al tempo stesso. Questo è un libro di memorie, il suo secondo, dopo La casa sopra i portici del 2012, e segna un altro passaggio importante nella storia di Verdone che ripercorre le immagini del suo passato raccontando attimi della sua vita con semplicità e naturalezza. È sempre stato un confine mobile, l’arte e l’ispirazione che essa trae dal quotidiano, dalle piccole cose che succedono nella vita di tutti i giorni, filtrate attraverso le differenti età di Verdone e la sua città, cioè Roma. Leggendo queste pagine si ride, si sorride, ci si commuove, si riflette; si torna indietro nel tempo, si viaggia su treni lentissimi con compagni di viaggio sorprendenti, si incontrano celebrità e persone comuni, ugualmente illuminate dallo sguardo di un artista e di un uomo da sempre attento, per indole, vocazione e professione, all’altro da sé.

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La vita addosso. Io, il cinema e tutto il resto. Un’autobiografia

Gabriele Muccino è uno dei più grandi talenti del cinema italiano del dopoguerra. È fortissimo e al tempo stesso fragilissimo. È riuscito a costruire un doppio binario, una doppia carriera, metà a Cinecittà e l’altra metà a Hollywood, e al tempo stesso fatica, soffre, si muove a istinto tra mille macerazioni e mille errori. La sensibilità che ha attratto Will Smith, che l’ha voluto come regista per due suoi film, è in parallelo un finissimo interprete di una generazione di italiani oggi sopra i cinquanta ma all’epoca di L’ultimo bacio appena poco più che trentenni, alla scoperta di se stessi e della vita, dei matrimoni, dei divorzi, dei figli, dei successi e dei fallimenti. Il libro è una ricca raccolta di aneddoti, curiosità, racconti, momenti particolari (ci sono i grandi incontri con Will Smith e Russel Crowe, ma anche con Al Pacino, Tom Cruise, Madonna. Sean Connery). La vita addosso alla fine restituisce con onestà e passione le luci e le ombre di un’esistenza votata per il cinema.

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E poi cominciatti a fa’ l’attore

Come spesso capita nei nostri “migliori libri su”, ci sono un paio di libri bonus. In questo caso non potevano che toccare Cinecittà e due persone e aspetti della mecca del cinema italiano che forse sorprenderanno ma sono state indimenticabili. Il primo è Franco Lechner, in arte Bombolo, una delle maschere più potenti del cinema italiano, che ha attraversato con forza prepotente gli anni Settanta, Ottanta e Novanta portando avanti una comicità unica, surreale, eccessiva, che negli Usa sarebbe celebrata come geniale e da noi rischia di essere colpevolmente dimentica. Lechner viene scoperto al ristorante “Picchiottino” da Pingitore e Castellacci. Lechner era uno straccivendolo, che girava Roma con il suo carretto. Entra al cinema, entra nel mondo dello spettacolo e il suo ruolo e il suo impatto vengono raccontati da Tomas Milian (si veda il prossimo libro, però) Pier Francesco Pingitore, Martufello, Alessandra Cardini, Galliano Juso. E poi dalla moglie Regina e dai figli Alessandro, Stefania e Daniela. Bombolo è forse una delle maschere contemporanee più potenti della commedia italiana. Irresistibile, travolgente, commovente, disperato, spontaneo al limite della comicità involontaria. Unico.

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Monnezza amore mio

Un libro forse introvabile, che però racconta una storia unica con grande sincerità e semplicità. Quella di Tomas Milian è a tutti gli effetti una storia tragica. Un attore cubano straordinario, che ha avuto in mano forse le migliori carte per giocare partite altissime e che poi si è fermato sulla soglia del paradiso, sbattendola per amore di un altro modo di vivere, lontano dal divismo. Milian ha interpretato film molto importanti, alcuni indimenticabili, altre caratterizzazioni (come il suo personaggio del Monnezza o di Nico Giraldi) che hanno segnato il costume italiano, ma spesso è scomparso anche per la sua capacità mimetica come attore che l’ha reso fin troppo irriconoscibile, contribuendo a negargli un successo altrimenti meritato. Ma parliamo del Monnezza, personaggio simbolo della romanità al cinema, inventato da Milan, un cubano scappato da L’Avana, passato per l’Actors Studio di New York (dove si esercitava al fianco di Marilyn Monroe e Marlon Brando) e sbarcato in Italia quasi per caso. Tomas Milian in oltre cinquant’anni di carriera cinematografica ha avuto un’impressionante capacità di reinventarsi in ruoli sempre diversi, una lunga serie di successi al botteghino e una vasta schiera di appassionati che intorno a lui ha creato un vero e proprio fenomeno di culto. Ma se del Monnezza si sa tutto (o quasi), dell’uomo dietro alla maschera si sapeva ben poco. In queste pagine Tomás Quintín Rodríguez, in arte Milian, scomparso a Miami il 22 marzo del 2017, ha raccontato per la prima volta la sua infanzia cubana, il trauma di un bambino che assiste al suicidio del padre, la giovinezza da playboy nella Cuba bene, la scoperta del cinema, la fuga negli Usa, la difficile vita da “uomo da marciapiede” a New York, l’arrivo in Italia e tutto quell’incontrollabile flusso di eventi che ha portato un giovane attore senza radici a lasciar perdere il suo sogno americano per farsi adottare dalla sua amata Roma. Tra spaghetti western e poliziotteschi, tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, Milian (e la sua “voce”, cioè il doppiatore Ferruccio Amendola)

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