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I migliori libri dei grandi giornalisti – parte terza

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Ultimo appuntamento nel nostro viaggio alla ri-scoperta dei grandi giornalisti della storia italiana che hanno scritto libri interessanti, utili e piacevoli da leggere. Qui potete trovare la prima parte con autori del calibro di Oriana Fallaci, Indro Montanelli ed Enzo Biagi. Qui invece la seconda parte con i giornalisti di oggi: da Mauro Calabresi a Roberto Saviano e Federico Rampini.

In questa terza e ultima parte invece apriamo un fronte nuovo, ovverosia i giornalisti che scrivono romanzi. Abbiamo cercato di prendere solo romanzi di giornalisti “veri”, cioè che lo fanno di mestiere, e non persone che hanno solo delle collaborazioni con i giornali ma nella vita fanno altro. E cominciamo proprio con il più illustre di tutti.

Qui trovate tutti gli articoli con i Migliori libri di Macity raccolti in un’unica pagina.

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Il deserto dei tartari

In Italia non si può pensare ai giornalisti che si sono dati alla letteratura se non cominciando da Dino Buzzati (1906-1972), storico giornalista del Corriere della Sera. «Probabilmente» ha rivelato l’autore «tutto è nato nella redazione del Corriere: dal 1933 al 1939 ci ho lavorato tutte le notti, ed era un lavoro pesante e monotono, e i mesi passavano, passavano gli anni e io mi chiedevo se sarebbe andata avanti sempre così, se la grande occasione sarebbe venuta o no. Molto spesso avevo l’idea che quel tran-tran dovesse andare avanti senza termine e che mi avrebbe consumato così inutilmente la vita. La trasposizione di questa idea in un mondo militare fantastico è stata per me quasi istintiva».

Ai limiti del deserto, immersa in una sorta di stregata immobilità, sorge la Fortezza Bastiani, ultimo avamposto dell’Impero affacciato sulla frontiera con il grande Nord. È lì che il tenente Drogo consuma la propria esistenza nella vana attesa del nemico invasore. Che arriverà, ma troppo tardi per lui.

Pubblicato nel 1940, questo è “il libro della vita” di Dino Buzzati: nell’esistenza sospesa di Giovanni Drogo, infatti, i riti di un’aristocrazia militare decadente si mischiano a gerarchia, obbedienza e alla cieca osservanza di regolamenti superati e anacronistici. La sua storia è una «sintesi della sorte dell’uomo sulla Terra», il racconto «del destino dell’uomo medio» in attesa di «un’ora di gloria che continua ad allontanarsi», finché, ormai vecchio, si accorgerà «che questa sua aspirazione è andata buca».

In questa edizione il testo è accompagnato dalla riproduzione di materiali inediti che permettono di ricostruire la genesi del romanzo e il suo percorso dalla pagina al grande schermo tra cambiamenti e finali diversi.

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La pelle

Altro classico del passato recente. Curzio Malaparte, nato Kurt Erich Suckert (1898-1957), era un giornalista, scrittore e drammaturgo italiano. Durante la Seconda Guerra Mondiale lavorò come corrispondente di guerra per il Corriere della Sera e altre testate. Questo suo romanzo è considerato un classico della letteratura italiana del dopoguerra. Ambientato a Napoli nel 1944-45 tra rovine e miseria, descrive in modo crudo e potente l’attesa e la disperazione della popolazione civile mentre la guerra sta per finire.

Con uno stile volutamente crudo e a tratti sconcertante, Malaparte ritrae situazioni estreme come la prostituzione, la fame, la sopravvivenza quotidiana tra le macerie. Il romanzo affronta temi come la devastazione morale causata dal conflitto e la difficile rinascita dell’umanità dal trauma bellico. Null’altro rimane se non la lotta per salvare la pelle: non l’anima, come un tempo, o l’onore, la libertà, la giustizia, ma la “schifosa pelle”. Come ha scritto Milan Kundera, Malaparte “con le sue parole fa male a se stesso e agli altri; chi parla è un uomo che soffre. Non uno scrittore impegnato. Un poeta”.

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Nella notte: Una storia di potere

Concita De Gregorio è una delle più importanti giornaliste italiane. I suoi sono libri reportage, inchiesta, racconto. Ma in questo caso l’autrice si dedica alla fiction. E che fiction.

Muovendosi tra la cronaca politica, descritta nei suoi retroscena con profonda conoscenza delle persone e delle storie reali, e il ritratto di due giovani donne costrette ad agire in un mondo ostile ― e molto maschile ―, Concita De Gregorio racconta una storia di potere esemplare: la matrice del presente, la minaccia perpetua sul futuro. Un romanzo teso, elettrico, che ha il respiro del thriller e la potenza del ritratto generazionale.

Il romanzo ruota attorno a due donne e al centro studi, un posto di lavoro che diventa per le protagoniste l’osservatorio ideale dove studiare il meccanismo delle tre Esse ― Sesso, Soldi, Segreti ― che governa l’informazione politica. Insieme le due ragazze avviano un’indagine parallela e segreta che, ripartendo dal delitto di quella notte decisiva, mette a fuoco la Guerra dei dossier: una serie di scandali sessuali che hanno coinvolto personaggi politici di primo piano e hanno cambiato il corso della storia.

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Non vi lascerò orfani

Daria Bignardi è una giornalista e conduttrice televisiva e radiofonica. Nata a Ferrara, vive da sempre a Milano. A sorpresa, i suoi romanzi sono diventati dei grandi best seller.

Questo libro, pur raccontando una morte, parla della vita. E ci dice che è sempre meglio dare che non dare, anche quando si sbaglia. Perché in una famiglia l’unica cosa che fa davvero male è l’assenza, è il non dare, mentre il caos e il calore delle esperienze condivise rafforzano le nostre radici e la nostra identità.

Daria Bignardi parte dalla scomparsa della madre Giannarosa per scavare nella memoria, dove nulla va perduto e si rivelano legami inattesi. Tutto – persone e luoghi – ha lasciato qualcosa. Tutto è storia individuale, di una famiglia, di un’epoca: tutto ha lasciato un segno e ci ha reso ciò che siamo. Ma ogni cosa gira intorno al rapporto complicato tra madre e figlia, fatto di trasporto e identificazione come del bisogno di separarsi, di quella necessità di scrivere il proprio destino che spesso sta alla base dei conflitti.

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L’amore che ti meriti

Altro romanzo di Daria Bignardi, l’ultimo sino ad ora. Forse il più bello. Come può l’amore essere insieme la forza più creatrice e più distruttrice? Cosa siamo disposti a perdere per l’amore, cosa siamo disposti a mettere in gioco? Come si fa a meritarselo, l’amore? A chiederselo è una giovane donna, Antonia, detta Toni, giallista in attesa del primo figlio, che ha da poco scoperto il segreto nascosto nel passato di sua madre: un fratello amatissimo e poi perduto per le strade dell’eroina, che lei stessa gli aveva fatto provare per gioco.

Mentre sente la nuova vita crescerle dentro, Toni cerca di ricostruire quella dello sconosciuto zio Maio. In una Ferrara fin troppo silenziosa, attraverso un vortice di incontri che fanno trapelare di volta in volta uno spiraglio di verità subito richiuso, Toni inizia una ricerca che pensa di condurre in nome della madre, ma che sempre più prenderà possesso della sua anima, fino a diventare rivelazione di sé.

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Zamora

Trasformato in un film da Neri Marcorè, questo piccolo e gentile romanzo di Roberto Perrone è carico di atmosfere e sentimenti appena accennati ma che ricorderete a lungo. Walter Vismara ha trentasei anni e fa il ragioniere in una piccola fabbrica tessile di Milano. La sua è un’esistenza tranquilla, fatta di piccoli gesti ripetuti: ogni giorno dietro a una scrivania per far quadrare i conti e la domenica un cinema o un teatro con la sorella Elvira.

Quando viene licenziato, però, quell’intimo universo di abitudini consolidate inizia a scricchiolare. La nuova azienda di guarnizioni presso cui trova lavoro è dinamica e moderna, ma il capo, il cavalier Tosetto, ha una vera e propria ossessione per il football, o meglio, per il fòlber, come dice lui. Ogni giovedì, sottopone i dipendenti a estenuanti allenamenti in vista dell’incontro dell’anno, la partita “scapoli-ammogliati” allo stadio Breda di Sesto.

Vismara odia il calcio, non sa niente di questo sport, e finisce sempre per fare il portiere.
Così, i colleghi iniziano a canzonarlo chiamandolo “Zamora”, come il leggendario giocatore del Real Madrid, che lui, naturalmente, non ha mai sentito nominare. Tutte le settimane, il ragioniere neoassunto scende in campo per sottoporsi a quella pubblica umiliazione, ma è presto stanco delle battutine dei compagni e decide di seguire il consiglio della sorella: prendere “ripetizioni” da Giorgio Cavazzoni, ex portiere del Milan che ha dilapidato i guadagni di una brillante carriera in donne e alcol, ma che è forse l’unico in grado di aiutarlo.

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La condanna

Molti ricordano Walter Veltroni in quanto politico, ministro, sindaco di Roma e segretario del PD. In realtà, è un giornalista prestato alla politica ed è stato anche uno dei più importanti direttori dell’Unità (con la responsabilità di aver inventato sostanzialmente il mercato degli allegati ai giornali, durante la sua direzione). Veltroni, che ha lasciato la politica, è diventato anche un giallista. Dapprima timidamente, e da qualche anno con una maggiore maturità e facilità di scrittura.

Giovanni ha ventiquattro anni e ha coronato il suo sogno, quello di lavorare nella redazione di un quotidiano. Intorno a sé, però, ha soltanto colleghi più anziani, ormai apatici, storditi da un mestiere sempre più in crisi. Tranne uno, Sergio Fabiani, caposervizio della cultura, che gli affida il compito di scrivere un pezzo su Donato Carretta, direttore del carcere di Regina Coeli, linciato in modo selvaggio dalla folla nel settembre 1944. Il giovane giornalista si immerge allora nella ricerca e nello scavo: sotto la guida paterna di Fabiani, Giovanni ci porta sui luoghi che furono teatro del fatto – il Palazzo di Giustizia, il Tevere, Regina Coeli –, ci mostra le testimonianze di chi quel massacro l’ha visto e documentato, e ce lo restituisce in un racconto vivido, crudo, reale. Chi era Carretta? Un fascista o un antifascista? Oppure uno della “zona grigia”?

Con la precisione del reporter e l’abilità dello scrittore, Giovanni ricostruisce la storia di una condanna controversa, brutale, di certo ingiusta. Indagando le pulsioni e la rabbia che agitano la folla di quel settembre 1944 rivede, nella Roma liberata dal fascismo e dall’occupazione nazista, gli strepiti e i livori che si muovono, velenosi, nelle relazioni di oggi, nella comunicazione, sui social.

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Insciallah

Oriana Fallaci, la grande giornalista che abbiamo già visto nella prima lista di questi libri, ha anche scritto dei romanzi e una lunghissima biografia. Il romanzo è del 1990 ed è una “bomba” nel mercato editoriale dell’epoca. Un’opera corale che prende spunto dalla missione occidentale di pace a Beirut dopo i sanguinosi eventi del 1982. Una “piccola Iliade” che la stessa Fallaci racconta dando voce a uno dei protagonisti, il Professore, un militare appassionato di letteratura.

La storia si svolge nell’arco di tre mesi, novanta giorni che vanno da una domenica di fine ottobre a una domenica di fine gennaio, s’apre coi cani di Beirut, prende l’avvio dalla duplice strage, segue il filo conduttore d’una equazione matematica, e per svilupparne la trama mi servo dell’amletico scudiero di Ulisse. Quello che cerca la formula della Vita”.

Immergendosi nel dramma dei combattimenti e dando voce alle vittime e alle figure spesso dimenticate – “i bambini che la guerra uccide, i lenoni che la guerra favorisce, i banditi che la guerra protegge” – la Fallaci ci offre un grande “atto d’amore per la Vita”, che rifiuta la ferocia di qualsiasi conflitto e mette l’Uomo al centro del proprio destino.

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Avrò cura di te

Massimo Gramellini e Chiara Gamberale hanno scritto assieme questa storia affascinante. Gioconda detta Giò ha trentasei anni, un’anima inquieta e un unico, grande amore: Leonardo. Che però l’ha abbandonata. Smarrita e disperata, si ritrova a vivere a casa dei suoi nonni, morti a distanza di pochi giorni e simbolo di un amore perfetto.

Una notte Giò trova un biglietto che sua nonna aveva scritto all’angelo custode, per ringraziarlo. Con lo sconforto, e con il coraggio di chi non ha niente da perdere, Giò ci prova: scrive anche lei al suo angelo. Che, incredibilmente, le risponde. E le fa una promessa: avrò cura di te.

L’angelo non solo ha una fortissima personalità, ma ha un nome, Filèmone, e una storia. Soprattutto ha la capacità di comprendere Giò come Giò non si è mai compresa. Grazie a Filèmone, Giò impara a silenziare la testa e gli impulsi, per ascoltare il cuore. Ne avrà davvero bisogno quando Filèmone la metterà alla prova, in un finale sorprendente che sembrerà confondere tutto. Ma a tutto darà un senso.

Non posso impedirti di inciampare. Però posso medicare il tuo piede ferito. E prenderti in braccio, fino a quando non sarai in grado di camminare sulle tue gambe. Avrò cura di te.

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Il paese più bello del mondo

Uno degli aspetti più importanti della professione di giornalista è che ti mette in contatto con realtà e storie diverse. Questa è anche una grande risorsa per diventare scrittori: una fonte di ispirazione continua per storie, personaggi, situazioni. Lo ha capito perfettamente Luca Zorloni, a capo dell’area digitale di Wired, che scrive un gustoso romanzo di fantascienza, all’apparenza lontano da tutto quello che viviamo ogni giorno. Ma solo all’apparenza, perché l’Italia che racconta potrebbe non essere solo una invenzione frutto della sua fantasia.

Italia, 2032: le città d’arte sono diventate parchi a tema in cui si rievoca la Storia, regalando ai turisti stranieri l’opportunità di fare un viaggio indietro nel tempo, nella Venezia di Goldoni o nella Firenze di Dante. A prima vista, sembra che il governo voglia dare importanza ai monumenti storici, considerati il “petrolio” nazionale, ma dietro la facciata si nasconde un sistema di oppressione, che costringe i cittadini a prestare servizio nei parchi e a obbedire ciecamente al regime.

La Rete però non ci sta, vuole rovesciare la situazione. Per farlo, deve mettere le mani su un tesoro segreto e la chiave per farlo è Annibale Manin, un’anonima e onesta guida turistica veneziana. Ligio al dovere, si tiene lontano dai guai sperando in una promozione, che pare arrivare quando riceve dal governo l’incarico di accompagnare per la città lagunare due turisti danarosi. Ben presto, invece, si troverà coinvolto, suo malgrado, nell’intrigo della Rete, più vicina alla sua famiglia di quanto potesse pensare.

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1984

Non sarebbe una lista dei migliori libri di Macity se non avesse i suoi fuorisacco. Due, questa volta. Il primo è di uno scrittore famosissimo che pochi sanno essere però soprattutto un giornalista di razza. Il suo titolo originale è Nineteen Eighty-Four (in lettere, non in cifre come da noi). È il più celebre romanzo di George Orwell ed è stato scritto nel 1948.

Una guerra devastante ha suddiviso il pianeta in tre super-potenze, in lotta fra loro e governate da regimi totalitari: Oceania, Eurasia ed Estasia. È nella prima che Winston vive e lavora da uomo qualunque. Nell’animo, però, sembra l’unico a rifiutare la società voluta dal Partito e la filosofia imposta, che non permette tanto l’amore quanto il libero pensiero. La sua ribellione è interiore, ma col tempo si concretizza in azioni sempre più pericolose. La sua vita viene stravolta quando incontra Julia, una ragazza che solo in apparenza sembra calata nelle logiche del sistema.

Questo è un romanzo di grande importanza e attualità. Ammonisce contro ogni forma di totalitarismo, di falsificazione della realtà e della storia, corrotta dai mezzi d’informazione, e contro l’annullamento dell’identità individuale. Significativa è la traduzione italiana di “Big Brother” (fratello maggiore) che ormai è rimasta nel nostro immaginario come quella di “Grande Fratello”.

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Al servizio segreto di Sua Maestà

Secondo libro fuori sacco della nostra lista dei migliori di Macity, e anche questa volta il romanzo di un giornalista (è stato inviato e direttore per tre decenni) che pochissimi sanno essere stato effettivamente un giornalista. Ian Fleming è stato anche una spia durante la guerra e ha inventato il romanzo di spionaggio moderno con il suo James Bond, numero di matricola 007 (con licenza di uccidere).

Quando sulla strada per Royale-les-Eaux James Bond si vede sorpassare e seminare da una Lancia Flaminia Spider Vignale, ancora non sa che la donna al volante – Tracy, che di lì a ventiquattr’ore salverà prima al tavolo da gioco e poi dal tentativo di annegarsi – è destinata a diventare qualcosa di molto diverso da una delle tante Bond girl che abbiamo finora conosciuto. E non sa nemmeno che proprio grazie a lei – o meglio a suo padre, il “Capu” della mafia còrsa – riuscirà finalmente a mettersi sulle tracce del suo più iconico antagonista, Ernst Stavro Blofeld, il numero uno della Spectre, volatilizzatosi dopo l’*Operazione Thunderball*.

Per raggiungerlo, tuttavia, questa volta non basteranno le solite armi: Bond dovrà «interpretare il ruolo più difficile della sua carriera» – quello di Sir Hilary Bray, genealogista del College of Arms –, e sotto copertura penetrare nell’inaccessibile clinica diretta dal conte de Bleuville in vetta al Piz Gloria, nelle Alpi svizzere, dove dieci affascinanti ragazze inglesi sono sottoposte a un trattamento misterioso per la cura delle allergie. Tra mirabolanti inseguimenti sulla neve e sotterfugi per sgusciare nottetempo nella stanza di una delle pazienti, 007 scoprirà una realtà ben diversa: semplicemente, una minaccia mortale per il Regno Unito.

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