I media filo-governativi cinesi minimizzano le voci del presunto accordo da 275 miliardi di dollari firmato da Tim Cook in Cina nel 2016, accordo che avrebbe permesso a Apple di risolvere problemi per cinque anni, promettendo più investimenti nell’economia locale, ad esempio a livello di componentistica dei dispositivi, puntando su aziende tecnologiche locali e start-up.
Global Times, quotidiano ufficiale del Partito Comunista Cinese, difende i presunti investimenti commentando la notizia, affermando che le critiche verso Apple hanno “chiaramente origine nel politicamente corretto e nella xenofobia”.
Forzare le aziende americane ad allontanarsi dalla Cina, le obbliga a separarsi dalle opportunità offerte dal mercato interno, secondo il Global Times che arriva a paragonare l’atteggiamento USA verso le aziende cinesi al Maccartismo degli anni cinquanta negli Stati Uniti, caratterizzato all’epoca da un’esasperata contrapposizione nei confronti di persone, gruppi e comportamenti ritenuti filo comunisti e quindi sovversivi.
Nell’articolo del quotidiano cinese si mette anche in dubbio l’esistenza dell’investimento da 275 miliardi di dollari, affermando che una simile somma avrebbe attirato molto l’attenzione degli USA.
La rivelazione del presunto accordo di Apple in Cina è arrivata a The Information, riferendo di avere avuto accesso a fonti dirette e letto documenti ufficiali. Tim Cook nel 2016 sarebbe stato preoccupato per la cattiva pubblicità e la cattiva accoglienza sul mercato dell’azienda da lui guidata, costretto a fronteggiare resistenze a servizi come iCloud o l’App Store, con Pechino (come accade sempre con tutte le aziende straniere) in posizione guardinga e protezionistica, preferendo spingere sempre le aziende locali.