Bisogna fare un passo indietro. E ragionare sulle premesse per capire il senso dell’affermazione di Ether Books che è intervenuto oggi alla London Book Fair (attualmente in corso) per annunciare che ha deciso di lanciare una serie di opere brevi come apps per iPhone, anziché come libri per iBookstore su iPad.
Prima premessa: gli editori di libri hanno paura a lasciare la carta stampata. A differenza di quelli di giornale, che stanno perdendo milioni di euro e hanno comunque già una consolidata presenza web (croce e delizia del giornalismo e delle riviste), chi fa libri per adesso vende solo su carta e con margini blindati. Quindi, cambiare supporto, passando al digitale, porta solo rischi, incertezze, possibili mancati guadagni (la pirateria) e pure modelli di business in cui gli autori si liberano degli editori e dei distributori, facendo tutto da sé.
Seconda premessa: per tenere il controllo della cosa, più o meno com’era accaduto nel mondo della musica, anche in quello dei libri gli editori hanno voluto che la piattaforma fosse assolutamente blindata. Per questo motivo è nato Kindle di Amazon, che non permette praticamente niente. Non c’è solo un tema di limitazioni tecnologiche: Kindle funziona come software anche su altri apparecchi. Il tema vero è quello della blindatura tecnologica.
Terza premessa: in più, per essere maggiormente a loro agio e sperare che lo fossero anche i lettori, hanno voluto che lo strumento digitale fosse un vero e proprio simulacro di libro. Con tanto di finta carta digitale (Kindle), pagine traslucenti che girano simulando la carta e il libro vero e proprio. Per bisogno psicologico anche degli editori (insicurezza nei confronti del mezzo digitale) oltre che presunto bisogno dei lettori.
Alcune osservazioni a margine. Il mercato lentamente sta decollando. Negli USA, che sono in media due anni avanti a noi, le grandi case editrici vedono il traguardo del 5% del loro fatturato provenire dal libro digitale. È una soglia non solo psicologica. Vuol dire che nel mercato da 30 miliardi di dollari dell’editoria statunitense, quella digitale è in grado di mantenersi da sola. Una sorta di maggiore età dell’ebook, che va a vivere da solo fuori casa. I nostri editori fanno finta di niente, ma hanno già pronto tutto per il passaggio.
Il mercato più ricco da questo punto di vista, però, è quello Giapponese. Come scrivevamo l’altro giorno, in Giappone la “nera nave” dell’editoria occidentale e moderna arriverà forse con l’iPad e il Kindle, ma il mercato è già organizzato: i libri tradizionali sono super-protetti mentre fumetti e nuova letteratura da passeggio nascono per il telefono cellulare. E l’universale keitai porta con sé anche un modello di business con produzione, distribuzione, pagamento e consumo completamente diversi. Sei dei primi dieci libri del 2009 in Giappone sono stati pubblicati in prima battuta per i telefoni cellulari. I manga ancora di più.
Arriviamo quindi ai nostri amici inglesi, di Ether Books. Alla London Book Fair hanno deciso di puntare sulla carta iPhone per vari motivi. La spiegazione data alla Reuters e semplice: “Le case editrici ‘digitali’ si concentreranno su iPad, Kindle e Sony eReader, mentre gli editori tradizionali cercheranno di ampliare la loro offerta di e-book”, spiega Maureen Scott, direttore per il digitale di Ether Books. “Noi di Ether Books però abbiamo deciso di andare avanti a offrire opere brevi, tramite la nostra applicazione per iPhone, a dispositivi che le persone possiedono già, sanno già usare e sono felici di utilizzare quando hanno 10-15 minuti liberi”.
Quindi, morte al simulacro del libro, spazio ai mini-schermi molto intimi, che stanno sempre nella nostra tasca, e spazio alla lettura-snack, al contenuto da consumare a bocconcini. Senza contare che gli 85 milioni di iPhone e iPod touch (che diventeranno 100 milioni questa estate, secondo quando detto da Steve Jobs en passant durante la presentazione di iPhone OS 4) fanno gola non solo per l’ampiezza del mercato ma anche per il sistema di micropagamento e il costo relativamente contenuto di quel che vuole Apple. Il futuro è il racconto breve che scorre sul piccolo schermo tascabile.
Così come, del resto, l’oggetto libro e il formato romanzo come lo conosciamo noi oggi derivano da evoluzioni storiche e sono dettate dall’economia, oltre che dalla società. Le tre-quattrocento pagine di un bestseller di oggi, con qualità perfida della carta, sono un bisogno industriale prima che una scelta del pubblico. Un secolo fa andava il racconto, prima il feuilletton, prima ancora la lettura di tipo devozionale su infolio di pochi sedicesimi. I tempi cambiano, i supporti e i modelli di distribuzione anche. Quindi cambiano anche i contenuti. È normale.