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I grandi datacenter fanno scorta di carburante per il lungo inverno che ci attende

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Non c’è solo il problema del gas, il cui prezzo sta esplodendo, ma anche quello del carburante diesel per attività industriali. E questo potrebbe toccare un settore strategico e al tempo stesso molto fragile perché “energivoro” al massimo. Il settore dei centri di calcolo, i datacenter che fanno da base fisica per il cloud e tutte le altre attività informatiche grazie alle quali funziona internet. Se manca il carburante diesel non si possono accendere i generatori ausiliari in caso di blackout e diventa un problema perché la rete non ha più il suo “piano B”.

Spegnere le nuvole

L’economia moderna ruota attorno ai dati e quindi a Internet e ai datacenter che in ultima analisi sono i contenitori, i trasformatori e i dispensatori dei dati. I datacenter hanno un impatto energetico significativo, tanto che la loro capacità viene calcolata in Megawatt e non in Terabyte o in potenza di calcolo. Tot energia per alimentare i server, altrettanta per raffreddarli, perché i chip sono strumenti altamente inefficienti dal punto di vista termodinamico e rilasciano molto calore, come ben sappiamo.

L’alimentazione dei datacenter avviene con corrente elettrica, generalmente dal grid nazionale del luogo dove si trova il singolo datacenter (utilizzando più di un fornitore in parallelo, per ridurre al minimo il rischio di blackout) ma c’è comunque sempre bisogno di un generatore interno per i momenti in cui salta del tutto la corrente. È un rischio remoto ma accade, anche usualmente se solo per poche ore all’anno. Questi generatori sono diesel e funzionano come gruppi di continuità, solo su scala enorme. E devono avere sufficienti scorte di carburante, cioè gasolio, per poter funzionare, altrimenti il generatore d’emergenza non funziona quando serverebbe. Ecco che scatta il problema con l’esplosione dei prezzi del carburante e il rischio di scarsità, che adesso spingono chi può a fare scorte. Come i grandi proprietari di datacenter.

I grandi accumulatori

I due maggiori operatori di data center del mondo, secondo quanto risulta alla stampa internazionale, stanno dunque facendo scorta di carburante per i generatori, mentre la crisi energetica innescata dall’invasione russa dell’Ucraina minaccia blackout invernali in tutta Europa.

Equinix, leader del mercato globale con una capitalizzazione di mercato di 64 miliardi di dollari, e il suo rivale Digital Realty Trust, con una capitalizzazione di 38 miliardi di dollari, hanno dichiarato che stanno acquistando carichi supplementari di gasolio per fornire energia di riserva e garantire il funzionamento continuo dei loro siti europei. “Stiamo facendo piani di emergenza da quando è scoppiata la guerra in Ucraina”, ha detto al Financial Times Gary Aitkenhead, vicepresidente senior di Equinix per le operazioni in Europa, Medio Oriente e Africa. “Non ci aspettiamo di dover funzionare per più di qualche ora, o nel peggiore dei casi per un giorno, con il diesel, ma siamo pronti a funzionare fino a una settimana”.

Spegnere tutto quel che non serve

Non c’è solo l’accumulazione di carburante. Le aziende che forniscono servizi come datacenter e compagnie telefoniche sono energivore: hanno un consumo intensivo di energia. E il rischio di blackout per loro è una priorità fondamentale, tanto che devono costruire piani di contingenza per far fuori tutti i problemi che si possono creare.

Nel Regno Unito, ad esempio. il gruppo di telecomunicazioni BT (la ex British Telecom) sta facendo un lavoro non solo di accumulazione pianificata in aree strategiche di carburante per i suoi sistemi e centri di calcolo, ma sta anche portando avanti uno studio approfondito su quali apparecchiature possono essere temporaneamente spente senza creare un danno all’infrastruttura. Un piano di razionalizzazione per fare sì che si riduca il consumo energetico in caso di blackout. Altre aziende invece stanno più semplicemente accumulando carburante in riserve strategiche e si preparano al rischio di doverlo utilizzare.

L’impatto energetico dei centri di calcolo

Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia, i datacenter di tutto il mondo utilizzano circa 200-250 terawattora di elettricità all’anno, pari all’1% della domanda totale. È un impatto notevole che però rende anche debole e a rischio questo settore perché richiede una alimentazione continua.

La guerra della Russia contro l’Ucraina ha provocato un aumento senza precedenti dei prezzi dell’energia in Europa, mentre l’Unione europea e il Regno Unito cercano di staccarsi dal gas russo e Mosca blocca le forniture come ritorsione per il loro sostegno a Kiev.

Il mese scorso il presidente Vladimir Putin ha minacciato “conseguenze catastrofiche” per i mercati energetici mondiali se l’Occidente avesse inasprito le sanzioni contro la Russia, mentre i politici europei e gli esponenti dell’industria hanno avvertito della possibilità di un razionamento dell’energia se Mosca dovesse limitare ulteriormente le forniture.

Le dimensioni del problema

Prendiamo le due più grandi aziende al mondo proprietarie di datacenter, cioè Equinix e Digital Realty. Per ospitare i loro datacenter, che sono centinaia, hanno comprato ettari ed ettari di terreno e sono anche tra i più grandi investitori immobiliari in Europa.

Equinix ha 89 data center in 29 città in Europa, Medio Oriente e Africa, mentre Digital Realty ne ha più di 110 in 13 Paesi europei, tra cui Regno Unito, Francia, Germania e Italia. Normalmente i generatori diesel dell’azienda hanno i serbatoi pieni al 60% della capacità, ma Equinix sta aumentando la capacità al 90% in molti dei suoi siti europei.

Digital Realty ha dichiarato che, oltre ad acquistare più gasolio, sta stabilendo accordi con i suoi fornitori europei di carburante che prevedono una consegna prioritaria, dato che la maggior parte dei suoi centri sono classificati come siti di importanza nazionale.

E non è possibile immaginarli diversamente perché un eventuale blackout delle infrastrutture digitali che archiviano, elaborano e forniscono i dati via cloud a tutti quanti porterebbe a una paralisi immediata dell’economia e anche di buona parte degli altri servizi, da quelli pubblici a quelli sociali e privati.

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