I diritti per la musica in streaming aumentano del 40% in USA, un balzo consistente che, secondo alcuni analisti, avvantaggerà Apple Music e altri big, a discapito invece di società più piccole, anche se presenti da più tempo in questo settore, come per esempio Spotify e Pandora.
L’incremento delle tariffe è stabilito con una sentenza federale sul copyright, alla fine di un procedimento legale avviato lo scorso anno dalla associazione nazionale dei discografici e dagli autori contro la crescente diffusione e successo dei servizi di musica in streaming. La sentenza della Copyright Royalty Board impone il pagamento di una percentuale del 15,1% sui ricavi generati dalla musica in streaming: finora a discografici e autori spettava solamente il 10,5% dei ricavi.
Naturalmente il consistente aumento è accolto con entusiasmo dalle associazioni di settore, come riporta il Wall Street Journal: «I cantautori hanno disperatamente bisogno e meritano gli aumenti dei tassi» ha dichiarato Bart Herbison, direttore della Nashville Songwriters Association International.
Per le società che propongono servizi di musica in streaming ciò si traduce in un aumento dei costi nell’immediato, ma Apple Music e i big potrebbero essere avvantaggiati nel medio-lungo periodo. Non solo Apple ma anche Amazon e Google infatti possono contare su business e flussi di ricavi diversificati, oltre a essere tra le società più grandi e più ricche del pianeta. Viceversa l’incremento dei diritti inciderà maggiormente sui bilanci delle società più piccole che, pur essendo state tra gli innovatori e apripista della musica in streaming, hanno fatturato e business molto meno diversificati dei colossi IT: tra queste vengono indicate Spotify e anche Pandora.