Un nuovo telefono, anzi due. Con una particolarità: non tanto di essere smartphone cinesi (dall’Asia ormai arriva la stragrande maggioranza dei prodotti ad alta tecnologia, con buona pace di quasi tutte le aziende americane), quanto di seguire una filosofia nuova. È Huawei, azienda cinese conosciuta soprattutto per i prodotti B2B (i router, gli access point, gli apparecchi di rete per le grandi imprese) a muoversi per la prima volta su un crinale che solo Samsung aveva percorso al di fuori degli Stati Uniti.
Ricapitoliamo. Huawei a Londra ha appena presentato due telefoni: Macity ne parla qui. Il nuovo smartphone P8 e, a sorpresa, il suo fratello maggiore (per autonomia di batteria, ingombri e dimensioni dello schermo) P8 Max. Entrambi gli apparecchi portano delle novità. Sia dal punto di vista del design, che si stacca da quello eternamente scopiazzato in Asia degli iPhone, sia dal punto di vista strategico. Siamo andati a parlare con il responsabile del marketing globale di Huawei per il mercato dei consumatori, Clement Wong, e ci siamo seduti in prima fila (in realtà era la quarta) a Londra per assistere al lancio dei due telefoni.
Una cosa è emersa chiaramente: questi due telefoni, pur avendo un insieme di tecnologie e soluzioni hardware e software originali o derivative dall’evoluzione di altre tecnologie di Huawei (com’è naturale aspettarsi da una coppia di apparecchi che segue una tradizione lunga di telefoni lanciati negli scorsi anni) sono in realtà prodotti significativi perché dimostrano che Huawei ha capito di dover seguire una strada diversa da quella della sua concorrenza.
In un mercato dominato da iPhone di Apple (costante pietra di paragone a cui fare riferimento per ogni piccola miglioria degli apparecchi di Huawei) e da Samsung (che invece sta perdendo il “tocco” con la fascia alta di mercato, peraltro nonostante abbia prodotto una coppia di ottimi telefoni come i Samsung Galaxy S6), non sono le specifiche tecniche a fare la differenza o le funzionalità da aggiungere alla lista. Secondo Huawei invece è il design e la capacità dell’apparecchio di avere stile, capacità artistica, movimentare l’espressività degli utenti, dare emozioni.
Il problema di Huawei non è tanto Apple, rispetto alla quale l’azienda cinese ritiene di poter fare meglio e di uscire vincitrice in una serie di comparazioni punto-a-punto. Il vero problema sono i coreani e gli altri cinesi e taiwanesi che producono apparecchi dotati sostanzialmente della stessa anima, dello stesso sistema operativo. Con i P8 Huwaei ha lavorato sul design (la forma, il materiale estruso di cui è fatta la scocca, lo spessore, il rapporto schermo-superificie, l’uso di vetro gorilla 5 e di alluminio estruso, la fotocamera che non sporge dal filo posteriore) e sulle funzionalità (se perdete il telefono in casa potete chiamarlo a voce e lui “sente” e risponde, oppure il “firewall” per le app, che limita il consumo energetico delle app di terze parti in secondo piano dentro il sistema operativo, aumentando notevolmente l’autonomia della batteria) ma ha fatto anche molto di più. Ha lavorato sugli intangibili.
Huawei infatti, per differenziare il suo apparecchio dalla pletora degli altri apparecchi basati su Android, esercito di interfacce facilmente frammentabili e indistinte rispetto al muro compatto degli iPhone e iPad, ha dato la stura alla creatività. E così facendo, forse involontariamente ma ha aperto un nuovo fronte. Lo spiegava il CEO dell’area consumer, lo spiegava il capo del design, lo spiegava Wong: Huawei lavora per dare la scelta alle persone, farle essere creative, lasciarle libere di aumentare i possibili usi del telefono. Il punto centrale da questo punto di vista è la fotocamera e non solo. Ma la fotocamera Huawei l’ha particolarmente curata, non solo per i megapixel, la grana, il rumore, il profilo dell’hardware che rientra dentro il filo della scocca. No, ci sono anche modi d’uso divertenti, piacevoli: si possono fare giochi di luce, dipingere con la luce, fare effetti speciali, selfie di gruppo, selfie che rendono più bello il soggetto.
Alla fine, il P8 e il P8 Max fa più che non l’omaggio a iPhone e basta. Cerca invece di andare avanti, di creare degli usi potenziali, di disegnare il divertimento dei suoi clienti, magari trascurando l’ecosistema degli sviluppatori come invece fa Apple (perché, dice Wong, per Android è troppo frammentato) arrivando a individuare quel certo non so che, quell’intangibile che per tanti anni Apple ha usato a suo vantaggio nel costruire la narrazione dei suoi prodotti. Certo, Huawei non è Apple, i due brand non “pesano” uguale, i due telefoni da 500 e 600 euro non sono due iPhone da mille euro Ma qualcosa c’è: un inizio, un movimento. Huawei, a differenza di Xiaomi e di vari altri produttori è in condizione di crescere in maniera strutturata. È un’azienda molto più cinese di Lenovo (che è internazionale e sta alla Cina come Sony sta al Giappone), che sa sfruttare le potentissime forze e correnti che stanno crescendo in quel paese. Non ci sarebbe da stupirsi se, alla fine, il vero avversario da affrontare sul ring, il boss di fine livello per Apple dovesse essere fra non molto proprio questa azienda di Shenzen.