webOs va alla guerra contro Android. Ecco il risultato ultimo della decisione di HP che rende il sistema operativo che aveva acquisito con l’incorporazione di Palm, un prodotto open source. La migrazione da software proprietario alla sfera del “software libero”, la stessa dove si colloca anche la piattaforma mobile di Google, è stata annunciata questa sera dall’azienda di Palo Alto con un atteso comunicato nel quale si delineano i tratti strategici dell’operazione che paventa uno scenario molto diverso e per alcuni versi anche molto più stimolante sul futuro dei dispositivi da tasca rispetto a quello ipotizzato in alcune anticipazioni.
In particolare HP, al contrario di quanto si vociferava, non abbadona l’arena vendendo o, peggio, dismettendo webOS, al contrario «pianifica – si legge nel comunicato – di restare attiva nel supporto e lo sviluppo di webOS. Combinando l’innovativa piattaforma webOS con le potenzialità della comunità open source». L’obbiettivo è quello di «accelerare lo sviluppo della piattaforma, restare parte attiva e investitore nel progetto e di mantenere una trasparente e complessiva gestione per evitare la frammentazione», in termini pratici di recitare il ruolo che ha, appunto, Google nel contesto del progetto Android.
Secondo diversi osservatori che stanno iniziando a prendere in esame le conseguenze strategiche dell’operazione webOS la prima realtà a doversi preoccupare della mossa di HP è proprio Google. Attualmente chi desidera produrre un dispositivo mobile a basso costo deve rivolgersi ad Android accettando di conseguenza la dipendenza dall’ecosistema di Big G. Ora questa situazione vissuta da qualche player nell’ambito hardware con insofferenza e anche con qualche preoccupazione dopo l’acquisto da parte di Google di Motorola Mobility, è destinata a cambiare visto che ci sarà sul mercato anche webOS proposto alle stesse condizioni. Anche la coppia Microsoft e Nokia potrebbero essere nella necessità di guardarsi da webOS. Il duo si appresta a lanciare la sfida al mercato proponendosi come “numero tre” dietro ad iOS e Android ma a questo punto il rischio è quello di competere per la posizione numero quattro o forse addirittura numero cinque visto che in lizza c’è ancora RIM, in pratica c’è il rischio di restare sull’orlo del baratro dell’irrilevanza o di caderci direttamente dentro.
WebOS è in grado di proporsi sul mercato vantando elementi di tutto rispetto. La sua qualità è indubbia sia per modernità che per flessibilità. Può infatti facilmente essere adattato a numerosissimi usi, dagli smartphone ai tablet, dai dispositivi connessi ai computer con schermo touch; in più dispone anche di una interfaccia molto valida, probabilmente superiore a quella su cui conta Android. Ha però anche qualche limite in particolare il suo sviluppo è fermo da mesi e il numero di applicazioni disponibili per esso è, eufemisticamente parlando, irrisorio. Per creare una massa critica di apps, fondamentale per indurre chi produce dispositivi a scommettere su di esso, ci potrebbero volere mesi e mesi ma anche enormi investimenti visto che HP non ha un ecosistema di servizi come quello che aveva già disponibile Google quando ha lanciato Android.
A questo punto per far decollare webOS potrebbe risultare determinante un impegno diretto e massiccio di HP in termini di capitali e un investimento anche nell’hardware. Al momento tutto questo è nell’incertezza (HP dice che valuterà la piattaforma webOS parallelamente ad altre quando si tratterà di decidere quale OS scegliere per i suoi dispositivi) forse perchè a Palo Alto si deve ancora trovare il sistema per spuntare ricavi da un sistema operativo open source, l’ultimo dei problemi per Google.