HP come le migliori nazionali italiane degli anni ’60 e ’70, prova a vincere la partita giocando di contropiede e nei giorni in cui si parla per Apple del ritorno negli USA per una (modesta) linea di montaggio di alcuni prodotti ancora non ben identificati, Palo Alto prova a dimostrare che lei è da sempre patriottica evidenziando con una nota sul blog ufficiale dell’azienda come da sempre i suoi computer siano costruiti negli USA (workstation e PC desktop a Indianapolis, server a Houston), impiegando migliaia di persone che producono miliardi di dollari di prodotti. “Il 36% dei PC desktop tipo business di HP sono prodotti e venduti negli USA, il 100% delle workstation vendute negli USA sono prodotte in USA” dice Hewlett Packard.
Facendo qualche conto anche molto empirico si comprende come però lo sbandierato patriottismo industriale di HP e del CEO Meg Whitmann (di dichiaratissima fede repubblicana, un partito che del “made in USA ha fatto una specie di bandiera anti Obama, candidata alle elezioni per il governatorato della California dove è stata sconfitta dal democratico Jerry Brown) va ridimensionato o se non altro ben contestualizzato.
In base ai dati di vendita riportati da Gartner, HP ha venduto nell’ultimo anno fiscale 60.5 milioni di PC: i 2.9 milioni di PC che prevede di costruire negli USA corrispondono a una frazione (circa il 5%) del suo mercato. Quando si tratta di aggredire il mercato con prodotti di larga diffusione anche la mutlinazionale di Palo Alto produce all’estero: Cina (Foxconn assembla un gran numero di prodotti HP), Russia e Australia, per citare alcuni paesei. E anche se alcune componenti (per le stampanti ad esempio) sono realizzati in USA, la scelta non è esclusiva: anche Apple usa il Gorilla Glass prodotto da Corning Glass nel Kentucky o processori che vengono sfornati in Texas ed è molto probabile che basti il fatturato di questi due prodotti per consentire ad Apple di fornire un contributo all’economia domestica americana per cifre e posti di lavoro largamente superiore quello di HP.
HP pare peraltro essere interessata alla delocalizzazione non solo degli assemblaggi, ma anche di servizi: ad esempio la propria contabilità finanziaria è svolta a WrocÅaw, in Polonia.
La dura realtà cui anche HP si piega, anche se prova a mascherarlo, è che la produzione in continenti diversi non è solo una questione di costi ma anche logistica e strategica che consente di semplificare la distribuzione di prodotti destinati a mercati che oggi sono in grado, ben più di USA ed Europa occidentale, di assorbire la produzione.
[A cura di Mauro Notarianni]