Per Apple “Halo Effect” è sicuramente un’espressione positiva: viene utilizzata per indicare l’effetto causato dalle vendite di iPod che si riflettono anche sulle vendite degli altri prodotti della casa di Cupertino. Ma non solo nel mondo Apple viene usata la locuzione “Halo Effect”. Per esempio, anche su Xbox ,la console di Microsoft, c’è un “Halo Effect”.
In questo secondo caso, però, la frase diventa ambigua, visto che proprio la Xbox è stata “salvata” all’inizio della sua carriera di avversaria di Nintendo e Sony Playstation da un videogioco che si è rivelato la “killer application” (questa volta una espressione chiara!) sviluppato da Bungie: Halo! Bungie è una softwarehouse famosa un tempo soprattutto nel mondo Mac per giochi come Marathon e Oni.
Acquisita come altre softwarehouse di video game da Microsoft proprio per sviluppare titoli in prima battuta in esclusiva per Xbox – così da creare un portafoglio di titoli appetibili per il lancio della console di Redmond – Bungie è stata la migliore, nel senso che ha lanciato il videogioco “giusto”. In questo senso, quindi, “effetto Halo” (disponibile anche per Mac e Pc e siamo già arrivati al secondo capitolo della saga dello sparatutto in soggettiva) è un’espressione corretta per l’Xbox. Proprio un effetto di vendite dovuto all’esclusiva di Halo è quello a cui si fa riferimento.
Diverso invece il caso per la locuzione in generale. Scavando un po’ tra i dizionari Websters e Oxford con l’aiuto di un amico linguista, Philip Grew, appaiono due percorsi lessicografici per “Halo Effect”, uno dei quali fuorviante e l’altro confermato proprio da poche ore.
Il primo è relativo alla tecnica fotografica. Halo significa alone, aureola, e l’effetto halo in questo senso è la fotografia di un soggetto ripreso controluce il cui contorno risulti quindi circondato come da una aureola luminosa. Ma evidentemente non è questo il senso di “Halo Effect” quando parliamo di Mac e di iPod.
La seconda strada risale agli anni Venti del secolo scorso ed è propria del linguaggio e della terminologia psicologica. In pratica, l’effetto c’è quando un tratto caratteriale di una persona (negativo o positivo) viene proiettato sugli altri tratti della stessa persona da noi che gli stiamo di fronte. Per esempio, un timidone con spesse lenti a scuola pensiamo che sia un secchione, cioè studioso, portato per la scienza, incapace con le ragazze, non bravo a ballare. Poi magari scopriamo che è una mezza calzetta a scuola ma un gran giocatore di calcio e frequenta solo modelle… Tuttavia l’immagine che offre induce questo tipo di effetto con le relative conseguenze.
Questo parrebbe proprio essere il giusto percorso per arrivare a spiegare l’Halo Effect dell’iPod. Confortati da questa ricostruzione, ne troviamo una ulteriore conferma casualmente poche ore fa, nel primo paragrafo di un articolo del The Globe and Mail (disponibile solo su abbonamento).
Solo per chiarezza, "halo effect" non ha a che fare con la tendenza da parte di alcuni appassionati dei computer di Apple a vedere un'aureola intorno alla testa del co-fondatore e Ceo Steve Jobs. Invece, il termine è usato dagli analisti di mercato per descrivere quello che si ritiene sia un crescente interesse per gli altri prodotti di Apple come risultato del suo popolarissimo player di musica digitale, l'iPod.
Insomma, ecco spiegato con un pizzico di ironia anche il senso attuale della locuzione, che risulta assolutamente coerente con l’etimologia riscontrata sui polverosi dizionari della lingua inglese. Un piccolo mistero chiarito…