Una voce circolata ieri ha scosso il titolo Intel: Google sta pensando di costruirsi da sola i chip ARM destinati ai server dei suoi data center. Google è uno dei più grandi clienti di server con milioni di macchine installate nei data center di tutto il mondo, non solo per il motore di ricerca ma per i tanti servizi che da tempo offre. L’idea della grande “G” sarebbe produrre processori più tagliati ai suoi bisogni e avvantaggiarsi dalle funzionalità di risparmio energetico dei processori con architettura ARM. L’idea non è assurda e già altre realtà da tempo stanno usando soluzioni ARM: dallo scorso anno, ad esempio, Facebook sta testando architetture non x86 per le sue server farm, con l’obiettivo di ridurre i consumi di corrente e ottenere prestazioni superiori.
Sulla carta i consumi sono concretamente inferiori rispetto ai prodotti X86: un server basato su Calxeda consuma circa 5W per nodo, rispetto ai 20 Watt delle CPU Xeon più equilibrate. Per una realtà come Facebook i vantaggi sono concreti: il data center di Prineville (Oregon) consumerà quanto terminato circa 80MW, di cui almeno 64MW per alimentare i server. La differenza tra i 20 Watt e 5 Watt per nodo accennata prima può essere dunque decisiva.
I processori X86 AMD e Intel sono ottimi per compiti generici; man mano che le aziende si spostano sempre più verso il cloud, i big del settore studiano come guadagnare in termini di efficienza energetica e soluzioni alternative per carichi di lavoro importanti. Le soluzioni ARM si presentano come ideali: bassi consumi e prestazioni adeguate. Secondo gli studi di Facebook, il chip Tilera a 64 bit in grado di offrire un throughput del 67% maggiore rispetto alle soluzioni Intel nella gestione di un carico di lavoro Memcached.
E ‘ancora troppo presto per annunciare la morte di Intel, l’azienda ha ovviamente ancora un potenziale enorme, ingegneri e risorse pazzesche. Un piccolo campanello di allarme, dovrebbe ad ogni modo risuonare in alto: il vento sta soffiando da tempo verso altre direzioni.