La battaglia che vede contrapposte Oracle e Google sembra volgere al termine e a favore della grande G. Il giudice William Alsup ha stabilito che la struttura delle API Java non può essere coperta da copyright, respingendo la denuncia di Oracle. La società di Ellison affermava di detenere i diritti su 37 API Java (insieme di procedure per programmatori) Per il giudice è sul codice stesso e non sulle API che può essere rivendicato il copyright. “Fino a quando il codice utilizzato per implementare un metodo è diverso, ciascuno è libero secondo il Copyright Act di scrivere codice per eseguire la stessa funzione di tutti i metodi usati nelle API Java”, ha scritto il giudice Alsup.
Google aveva copiato nomi di elementi, dichiarazioni e header di alcune API ma il giudice (incredibilmente un hobbista esperto di programmazione) aveva rilevato che il 97% di questo era univoco e solo il 3% uguale a quello per il quale Oracle chiedeva i diritti. Il 3% fa riferimento a pacchetti, metodi e nomi di classi con dichiarazioni che possono essere usate solo in quel particolare modo. Oracle aveva analizzato milioni di righe di codice Android, individuando alla fine 9 righe di codice copiate pari pari (una banale funzione) e per queste verrà risarcita con una cifra che varia dai 30.000$ ai 150.000$, sanzione che ovviamente fa un baffo a Google.
Oracle, da parte sua, ha affermato di voler ricorrere poiché a suo modo di vedere la Corte non ha tenuto conto della deliberata eliminazione dell’interoperabilità tra Android e le altre piattaforme Java, venendo meno all’obiettivo di avere programmi indipendenti dai device su cui sono usati, secondo lo slogan “Write once, run everywhere” (scrivi una volta, esegui ovunque). Un portavoce di Google ha invece ovviamente lodato con soddisfazione la decisione del Tribunale affermando che “è una buona giornata per la collaborazione e l’innovazione”.
[A cura di Mauro Notarianni]