Non è mistero il fatto che Google si trovi al momento nel centro di un’importante battaglia legale con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, che accusa il colosso di comportamenti anticoncorrenziali volti a mantenere il monopolio nel mercato dei motori di ricerca. Big G ha lanciato la sua risposta.
Google ha presentato una proposta per affrontare le violazioni antitrust, cercando però di evitare le drastiche misure richieste dal DOJ, che addirittura potrebbero portare alla vendita di Chrome o l’imposizione di restrizioni severe alle proprie attività.
La posizione del DOJ e la risposta di Google
Il dipartimento di giustizia americano, in una sentenza del giudice Amit Mehta, ha stabilito che Google ha violato la Sezione 2 dello Sherman Act, definendo la società un monopolista.
Tra le soluzioni suggerite, piuttosto drastiche, il DOJ ha richiesto la vendita di Chrome per spezzare l’integrazione tra browser e motore di ricerca, oltre a restrizioni che impediscano a Google di favorire i propri servizi, come il motore di ricerca e il Play Store, su dispositivi Android.
Google, pur contestando la sentenza, sta cercando di collaborare per evitare le rigide conseguenze, proponendo alternative più flessibili. Anzitutto, una soluzione potrebbe essere quella di contratti più aperti con i produttori di browser.
In pratica, aziende come Apple e Mozilla potrebbero continuare a offrire Google Search come motore predefinito, ma con la possibilità di stipulare accordi multipli su diverse piattaforme (ad esempio, un motore di ricerca predefinito per iPhone e uno diverso per iPad).
Ancora, Google propone maggiore flessibilità per i produttori di dispositivi Android, con i produttori che avrebbero più libertà di preinstallare motori di ricerca multipli o app di Google in modo indipendente, senza obbligo di includere Chrome o Google Search.
In ultimo, Google propone anche limitazioni sui pacchetti di app: per tre anni, Big G si impegnerebbe a non vincolare licenze per Chrome, Google Search o il Play Store con l’installazione obbligatoria di altre app, come Google Assistant o l’assistente AI Gemini.
Nonostante Google stia tentando di collaborare, ha definito le proposte del DOJ eccessive e ha affermato che riflettono un’agenda interventista che supera quanto stabilito dalla Corte.
Lee-Anne Mulholland, vicepresidente degli affari normativi di Google, ha sottolineato che l’intervento del dipartimento si concentra in modo eccessivo sugli accordi di distribuzione del motore di ricerca, senza tenere conto dell’impatto sulle partnership e sugli utenti.
Nel frattempo, Google ha dichiarato che continuerà a pagare per mantenere Google Search come motore predefinito su browser come Safari e Firefox, ma con l’obbligo di rivalutare tali accordi almeno una volta all’anno.
Prossimi passi
La proposta di Google verrà rivista e aggiornata entro il 7 marzo prossimo, in vista di un’udienza decisiva che si terrà ad aprile. Mentre Google prevede di presentare un appello contro la sentenza del giudice, l’azienda spera che le misure proposte possano convincere la Corte ad evitare le drastiche soluzioni richieste dal DOJ, come la vendita o smembramento di Chrome, o ulteriori restrizioni su Android.
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