Mark Risher, il manager Google che si occupa degli account Google plaude, ma non troppo, l’arrivo di Apple nell’arena dei “fornitori di identità digitale”. Il passaggio che ha visto debuttare “Sign in with Apple”, “registrati con Apple”, un concorrente di registrati con Facebook e con Google, che debutterà co iOS 13, è visto infatti come un benefico allargamento del mercato anche se Cupertino non deve essere considerata l’unica guardiana della privacy, senza considerare che ci sono aspetti che sembrano rendere più invasivo il servizio della Mela
Il discorso viene condotto in un’intervista rilasciata a The Verge che serve anche a fare il punto su che cosa realmente fa Google quando registra un utente in cambio del fatto che non deve inserire una nuova login e password. Risher in particolare si rammarica del fatto che Google non è stata chiara sui passaggi che arrivano dopo il “registrati con Google”. “Un sacco di persone non lo comprendono e alcuni competitor hanno tirato in ballo elementi che vanno nella direzione sbagliata. Noi registriamo solo il momento dell’autenticazione non usiamo queste informazioni per il re-target o per la pubblicità. Non distribuiamo queste informazioni e gli utenti possono tornare indietro per vedere che cosa abbiamo fatto semplicemente accendendo alla pagina del proprio account»
L’arrivo di Apple viene visto, come detto, positivo «onestamente dice Risher – penso che questa tecnologia renda Internet più sicura. Anche se un utente di Internet clicca sul bottone di un concorrente quando entra in un sito, è molto meglio che scrivere un nome e una password creati apposta o, peggio un nome e una password riciclati».
Poi parte una piccola stoccata all’indirizzo di Apple. Se, dice il responsabile degli account Google, «noi non registriamo più nulla dopo la login, sembra che Apple registri ogni mail mandata dall’azienda con cui ci si è registrati, il che sembra molto più invasivo». Il riferimento è al fatto che Apple genera un indirizzo e-mail casuale per nascondere quello reale e quindi proteggere, dice Cupertino, dalla spam. Ma così facendo, argomenta Google, tecnicamente potrebbe archiviare e analizzare tutti questi messaggi «anche se dobbiamo aspettare – afferma Risher – per capire bene come funziona»