«Molti pensano che i nostri diretti concorrenti siano Yahoo o Bing, ma in realtà il nostro principale avversario nel settore delle ricerche è Amazon». Secondo quanto riporta il Frankfurter Allgemeine, lo ha dichiarato Eric Schmidt, presidente di Google, in un incontro pubblico a Berlino, lo scorso lunedì, parlando del tema dell’accesso alle informazioni sulla rete e del controllo delle ricerche sul web.
Un intervento che arriva in un momento delicato per la società in Europa, con Bruxelles che sta per trasformare in accuse formali un’inchiesta sui sistemi di ricerca e filtro di Google durata quattro anni. Senza contare la bufera generata dalla nuova normativa sul diritto di oblio che ha costretto i tecnici di Big G a intervenire per rimuovere migliaia di link. Nodo dell’intervento di Schmidt, dunque, sfatare l’idea che Mountain View sia l’unico vero grande «gatekeeper» di Internet, quando in realtà Google, come del resto anche gli altri motori di ricerca non sono altro che una delle tante finestre che si aprono sul web, mentre sempre di più le abitudini degli internauti stanno cambiando, indirizzandosi ad accessi diretti o ad altri portali “tematici”.
E così, per Schmidt, l’utenza che cerca informazioni per fare shopping si rivolge direttamente ad Amazon. Ma questo vale anche per altri target di utenza, ad esempio, ha detto, la Bild – il primo giornale tedesco – vede oltre il 70% del suo traffico da accessi diretti non mediati da alcun motore. E per argomentare questa tesi, ovviamente, Schmidt non ha dimenticato Facebook: «Il mobile sarà la prima piattaforma di accesso del futuro e Facebook è la più popolare app al mondo. Loro stessi si definiscono come un trampolino per Internet».
Insomma, il messaggio è chiaro: anche se nel Vecchio Continente abbiamo oltre il 90% del mercato dei motori di ricerca, internet non si risolve in quest’ultimo e dunque per Google non servono norme speciali. Una tesi che sarà difficile sostenere anche di fronte alla Commissione europea.