Google ha costruito un tablet per i medici che si occupano della lotta contro l’ebola: dispositivi sicuri e sterilizzabili che sarà possibile portare dentro e fuori dagli ospedali allestiti dove c’è l’epidemia, realizzati in seguito a una sollecitazione di Medici senza frontiere e con la loro collaborazione. La tavoletta di Google potrà essere utilizzata dai medici che potranno registrare informazioni mediche all’interno della zona ad alto rischio e quindi inviarle in modalità wireless ai server che si trovano all’esterno della struttura di isolamento. Il tablet è racchiuso in un case di policarbonato e potrà essere completamente immerso nel cloro e portato fuori dalla struttura ospedaliera dopo dieci minuti di immersione, in modo da poterlo utilizzare anche fuori, senza rischiare di contaminare nulla. Il server al quale vengono trasferiti i dati utilizza una batteria (attualmente una batteria per motocicli, ma verrà sostituita con batterie al litio) ed è connesso via wi-fi con l’interno della struttura: grazie alla rete senza fili i medici potranno non solo trasmettere i dati raccolti, ma anche facilmente accedere a informazioni relative al paziente senza uscire dalla zona protetta.
Il progetto prevede inoltre anche la realizzazione di programmi personalizzati per i medici, costruiti su un software open source chiamato Open MRS. Il tablet è già in uso in via sperimentale ad alcuni medici in Africa occidentale.
L’idea del tablet è arrivata dopo che Google è stata contattata a settembre, nel mese che ha visto i picchi più alti di epidemia in Africa occidentale, da Jay Achar, un medico che stava lavorando in Sierra Leone con Medici senza Frontiere. Nella città di Magburaka, Achar stava portando avanti con altri colleghi medici l’attività di un ospedale con una zona ad alto rischio nella quale si poteva entrare solo con le “tute lunari” per proteggersi dall’infezione. Purtroppo a causa del caldo – eccessivo sotto le tute protettive – i medici potevano trattenersi molto poco presso i pazienti, così erano costretti a prendere appunti su carta relativamente alle osservazioni fatte sui malati, gridarle al di là di una recinzione a un collega e poi distruggere la carta. Così Achar decise di contattare un collega per presentare il problema e questi contatta direttamente Google: l’azienda costituisce un “team di risposta alla crisi” e nasce l’idea del tablet da portare fuori dalla zona di quarantena.