I dirigenti di Google hanno spesso criticato il sistema dei brevetti statunitense poiché, a loro dire, tende a soffocare l’innovazione anziché incoraggiarla. La grande “G” però cade nell’errore più comune: predica bene e razzola male, infatti registra pragmaticamente centinaia di brevetti su tutto quanto di suo interesse.
Dal 2010 in poi, in particolare, il processo di registrazione brevetti ha subìto un’accelerazione, in linea con quanto fatto da IBM, Microsoft, Apple, Intel, Yahoo e tutti i più grandi colossi dell’ICT. In un grafico del MIT si evidenzia come Apple abbia cominciato a registrare molti più brevetti in concomitanza con l’arrivo di iPhone. Nel 2007, al lancio dello smartphone Apple, Google deteneva solo 38 brevetti; dal 2010 in poi questi sono cominciati a crescere, grazie anche all’acquisto di società con specifiche proprietà intellettuali nel settore della telefonia e degli smartphone, un nome su tutti: Motorola, quasi sul punto di finire nelle mani di Microsoft, una mossa che avrebbe seriamente messo in difficoltà Google.
In questo momento Google sostiene di detenere circa 51.000 brevetti; i suoi dirigenti continuano ad affermare di voler restare fedeli alla filosofia iniziale ma è ovvio ed evidente che da tempo la società stia agendo sulla difensiva, mossa fondamentale anche solo per tenere lontani patent-troll e simili.