The Verge ha compilato la classifica dei dieci videogiochi più belli del 2016. Non sono dieci, sono undici (c’è un ex aequo, per così dire). E sono giochi a tutto campo, che coprono le principali piattaforme presenti sul mercato, Mac incluso (grazie anche a Steam). E comunque, anche se non subito, presto arriveranno anche sulle piattaforme Apple. Vediamo però quali sono.
Stardew Valley
È il più bel gioco dell’anno, forse per via della grafica romantica dei pixel da console 16 bit, o forse perché il suo sviluppatore ha ripreso il concetto che faceva da cuore al “vecchio” Harvest Moon (di cui ha confessato di essere stato appassionato da adolescente) e l’ha portato a un nuovo livello soprattutto per intensità e logica del gameplay. Indimenticabile.
Forza Horizon 3
Si gioca, cioè si corre, come mai prima. La franchigia di Playground Games è arrivata a livelli altissimi, e questo spinoff ne è la prova provata. Hanno capito tutti dei giochi di corsa in auto: sempre più spesso si corre per vivere la velocità, certo, ma anche l’esotismo delle locations, come l’Australia, resa con intensità e potenza di dettagli che sembra di esserci davvero stati, dopo aver fatto un campionato sulle sue dune e il mitico bush. Indimenticabile.
Superhot
È uno sparatutto in soggettiva con grafica allucinata e geometrie sconvolgenti (sembra di giocare a Matrix sotto l’effetto di entrambe le pillole) che, da quando è sbarcato su Oculus Rift, è diventato l’avventura coinvolgente per definizione. Spettacolare da giocare e probabilmente spettacolare anche per chi vi vede giocare con il visore bianco davanti agli occhi, gesticolando come invasati nella stanza.
No Man’s Sky
Ne hanno parlato tutti tantissimo. Prima molto bene, nell’attesa di un vero e proprio “media event” videoludico. E poi molto male, delusi dalla scarsità (apparente) di un gioco senza limiti e confini, oltre che senza modalità multiplayer: perdersi in un cosmo pieno di pianeti che nessuno, neanche i creatori del gioco, hanno mai visitato, è più una scommessa intellettuale che non un gameplay vero e proprio. Però, nel bene come nel male, è una pietra miliare del settore.
Pokémon Go
Geniale ed enorme. Forse un unicum, perché non ci possono essere altri matrimoni altrettanto fortunati tra tipologia del gameplay e sistemi locativi. L’idea di fondo è di trasferire la ricerca dei Pokemon da catturare e addestrare nel mondo reale usando la realtà aumentata come risorsa del gioco oltre che come strumento di intereazione. Lo avete giocato anche voi, sicuramente, perché sostanzialmente lo hanno già giocato tutti. Però vi siete anche stancati, perché dopo un po’ (chi più, chi meno) si stancano tutti. Sic transit.
Dishonored 2
Strano gioco, sequel senza grandi pretese ma con risultati al di sopra delle aspettative. Gioco di magie stealth, con richiami agli elementi del primo titolo, che andò molto bene, aggiungendo nuovi poteri e nuovi scenari. Un gioco che porta con sé in dote anche un massiccio storytelling e ambientazioni suggestive, da far ricordare (anche se ovviamente le locations sono molto diverse) la trilogia titanica di Bioshock (uno, due e Infinite).
Firewatch
Una storia di quelle veramente alternative e di grande atmosfera: guardia antincendio boschiva dal passato imperscrutabile che sta cercando di rifarsi un’esistenza “perdendosi” nella wilderness del Nord degli Stati Uniti. E dopo? Succede di tutto, soprattutto tantissimi incendi (ovviamente). Ah, c’è anche la ragazza: Delilah. Altrettanto tosta e che affoga il suo passato nell’alcool.
Final Fantasy XV
Portare avanti per vent’anni, anzi trenta, la stessa franchigia, è quasi folle. C’è chi ripete all’infinito le stesse due o tre storie, e chi invece ha il coraggio di cambiare sempre soggetto, sostanzialmente creando ogni volta qualcosa che non c’entra niente. Questa volta è la volta che c’entra meno di tutte: un viaggio on the road su una grande berlina nera per un gruppo di amici che fanno campeggio, avventure e tutto il resto assieme. Div enterete come fratelli, e vivrete l’avventura della vostra vita. Oppure vi disintossicherete da uno dei giochi che possono dare più dipendenza di tutto l’anno.
Inside
Scorrimento laterale vecchia scuola, grafica apparentemente semplice ma in realtà molto sofisticata, nessun dialogo e molti puzzle, aspetto complessivo da gioco indie, ma in realtà una produzione ben fatta con molta profondità piscologica. Il senso, per dare un’idea, è che siamo davanti al sequel spirituale di Limbo. E abbiamo detto tutto.
Hitman
Un classico del mondo dei giochi in cui bisogna saper evitare lo scontro oltre che cercarlo. Franchigia nata nel 2012, giunge con questo episodio a nuovi livelli di complessità e ricchezza, recuperando anche molto del primo episodio con questa nuova installazione che porta un nuovo modello di funzionamento: le varie puntate che compongono il titolo, ognuna in location molto differenti, sono state rilasciate via Internet un po’ per volta. Il risultato, così frammentato, si tiene però straordinariamente molto bene assieme.
Overwatch
Il nuovo classico Blizzard, che ha introdotto eroi, modalità di gioco multiutente davvero interessanti, e tutto sommato fa simpatia non foss’altro perché è la prima, vera novità di casa Blizzard dopo venti anni di sequel delle vecchie franchigie. Ed è un gran bel gioco.