Le forze dell’ordine USA hanno a disposizione strumenti di vario tipo per accedere ai dati cifrati memorizzati sugli iPhone bloccati e sono almeno 2000 le autorità di vario tipo che dispongono di strumenti per portare avanti indagini penali.
A riferirlo è il New York Times, spiegando che in tutti i 50 stati USA forze di polizia e affini hanno accesso a strumenti che consentono di accedere a telefoni cifrati, estrarre dati. La polizia di New York dispone persino di un costoso super-laboratorio dedicato.
Gli strumenti in questione sono stati usati in vari indagini, inclusi casi di omicidi, stupri, spaccio di droga e crimini meno gravi come il taccheggio.
Negli ultimi cinque anni le autorità hanno esaminato centinaia di migliaia di telefoni bloccati. L’esistenza di questi strumenti era già nota ma è quello che è interessante notare è che vulnerabilità rendono alcuni smartphone meno impenetrabili di quanto Apple e Google lasciano intendere.
Gli strumenti usati variano dal GrayKey di GrayShift (un piccolo dispositivo in grado di sbloccare gli iPhone, venduto per decine di migliaia di dollari alle forze dell’ordine) ai servizi offerti da Cellebrite, azienda che chiede 2000$ per lo sblocco di ogni dispositivo ma che ha anche venduto uno strumento “premium” al Dipartimento di Polizia di Dallas per 150.000$.
Nonostante l’esistenza di strumenti di sblocco, alcune forze dell’ordine ritengono che i meccanismi di cifratura usati dai produttori di smartphone siano un problema per via delle spese da affrontare e il tempo necessario per lo sblocco. Cyrus R. Vance Jr, procuratore distrettuale di Manhattan, in una testimonianza al Congresso nel 2019, ha spiegato: “Possiamo sbloccarli in una settimana ma anche non essere in grado di sbloccarli per due anni e in alcuni casi anche mai”.
Il dibattito sulla cifratura dei dispositivi è cambiato negli ultimi tempi e dalle lamentele sull’impossibilità di accedere ai dispositivi si è passati a discussioni sulla rapidità con la quale è possibile farlo.
La necessità di celerità nell’accesso ai dispositivi sequestrati porta i funzionari delle autorità di contrasto ad insistere per spingere aziende quali Apple e Google a creare “backdoor” (porte di servizio) e specifiche proposte di legge sono state portate al Congresso.
Da ottobre il Dipartimento di Giustizia USA collabora con le cosiddette “Five Eyes” (intelligence di USA, Canada, Uk, Australia e Nuova Zelanda) che spingono per aggiungere backdoor nei device, indicato come l’unico modo per garantire l’efficacia delle indagini di polizia, evidenziando che molte delle tecnologie utilizzate per proteggere le informazioni personali vengono sfruttate anche dai criminali, compresi pedofili, terroristi e gruppi organizzati per ostacolare le indagini. Gli attivisti che non vedono di buon occhio le backdoor evidenziano che queste potrebbero essere utilizzate da Paesi non democratici per spiare attivisti e oppositori politici. Apple e altre aziende delle Silicon Valley da tempo hanno fatto della protezione dei dati dei propri clienti una bandiera: inserire porte di accesso secondarie, comprometterebbe alla radice il rapporto di fiducia con i clienti.
Il CEO di Apple, Tim Cook in altre occasioni ha spiegato che, benché le intenzioni di FBI e simili siano buone, “sarebbe errato obbligarci a integrare porte di accesso riservate nei nostri prodotti”. La backdoor, aveva detto Cook, è qualcosa che “semplicemente non abbiamo, e che consideriamo troppo pericoloso creare” “Nelle mani sbagliate, questo software avrebbe il potenziale di sbloccare qualsiasi iPhone fisicamente in possesso di qualcuno. E mentre il governo può sostenere che il suo uso sarebbe limitato a questo caso, non c’è modo di garantire tale controllo”.
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