C’è una fiera tech a poco più di 5 ore di aereo da Milano e Roma, che è il ponte fra continenti e aree geografiche: l’Europa, l’Asia, il Medio Oriente e l’Africa. È poco conosciuta dalle nostre parti, forse, ma è diventata con il tempo lo snodo fondamentale di quel che succede nel mondo del commercio tecnologico. Fiera mercato per addetti ai lavori, attrae aziende, espositori piccoli e grandi e soprattutto persone che cercano modo di fare business di tutto il pianeta, anche quelle aree meno note e frequentate tradizionalmente dai media occidentali. L’ultima edizione si è tenuta fra il 16 e il 20 ottobre. Eravamo andati a visitarla per vedere come funziona il suo meccanismo più interno e che aria si respira: questi sono gli appunti di quel viaggio.
Una settimana diversa dalle altre
La settimana del Gulf information technology exhibition, meglio conosciuto come Gitex, la fiera annuale che dal 1981 si tiene a Dubai, la città più popolata e tecnologica degli Emirati Arabi Uniti. Organizzato da Gitex global e dalla società di servizi fieristici Kaoun international (“Kaoun” in arabo vuol dire Universo), il Gitex è nato 43 anni fa e da allora è cresciuto moltissimo. È il ponte tra est e ovest, appoggiato al vertice dell’area geografica che viene definita Mena, “Middle East and North Africa”. Uno spazio che racchiude più di tre miliardi di persone e un numero incalcolabile di piccole e medie imprese desiderose di scoprire la tecnologia e le strategie per la trasformazione digitale. Un mercato potenziale per le PMI, le piccole e medie imprese italiane, senza pari.
La fiera di Berlino
La vera accelerazione del Gitex è di quest’anno 2023. Perché la fiera ha creato una edizione africana, che si terrà il prossimo 8 maggio a Marrakesh, in Marocco, e annunciato, a sorpresa, l’edizione europea: “Berlino è un partner naturale: è praticamente il gemello europeo di Dubai. Perché è il centro dell’Europa digitale e noi vogliamo crescere nel Vecchio continente partendo proprio da là”, ha detto Omar Sultan al-Olama, ministro di stato per l’intelligenza artificiale e l’economia digitale del governo degli Emirati Arabi Uniti.
La strada per unire Dubai e Berlino è iniziata dunque con una firma sul palco del Gitex a ottobre di quest’anno e si concluderà il 21 maggio 2025 al centro espositivo Messe Berlin, quando aprirà l’edizione europea. Cinque persone sul palco per firmare l’accordo: due uomini (al-Olama e Mario Tobias, ceo di Messe Berlin) e tre donne. La responsabile di Kaoun international, Trixie Lomemans, la vicesindaco di Berlino e senatrice per l’economia Franziska Giffey, e la responsabile per le relazioni con gli investitori arabi. A pesare sulla scelta di Berlino, oltre alla partnership con la struttura fieristica che ospita già eventi tech di rilievo come l’Internationale Funkausstellung Berlin (Ifa), è l’ecosistema della città: 80 centri di ricerca, 250mila tra ricercatori e scienziati, il primo posto in Europa per investimenti di venture capitalist e startup.
Modello di Dubai Smart City al Gitex 2023
Ma la star del Gitex ovviamente è Dubai, la città che sta a cavallo fra tre mondi: grazie alla sua posizione strategica nel Golfo Persico, a metà strada tra l’Europa, l’Asia e l’Africa; grazie alla sua infrastruttura logistica (il porto è uno dei più grandi del mondo e l’aeroporto internazionale di Dubai è uno dei più trafficati del mondo); grazie alla sua infrastruttura di classe mondiale (grattacieli, strade, ponti, ospedali e scuole); grazie alle sue politiche liberali a favore dell’imprenditoria (si aprono in pochi minuti aziende 100% straniere che pagano il 25% di flat tax e le persone non pagano tasse sui redditi).
Dubai è una città del commercio, ma non è un paradiso fiscale vuoto: invece, è una specie di laboratorio a cielo aperto per costruire non solo ricchezza ma anche modernità. Intelligenza artificiale nella vita di tutti i giorni, smart city in funzione, blockchain e criptovalute utilizzate senza problemi, cybersecurity avanzata, soluzioni green distribuite nei palazzi. Dalla polizia, che utilizza auto a guida autonoma, agli enormi impianti solari e di desalinizzazione dell’acqua di mare, dalla costruzione di habitat protetti, ai palazzi smart capaci di tenere un bilancio energetico ottimizzato grazie all’AI, in un clima desertico e torrido, con punte sopra i 40 gradi e umidità elevatissima.
La strategia del governo
Al centro delle strategie di Dubai c’è, da tempi non sospetti, l’AI. Il paese degli Emirati ha abbracciato la tecnologia prima che ChatGPT creasse un fenomeno planetario. Già nel 2017, quando il governo ha annunciato la Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale 2031. Ed è il primo paese al mondo ad avere un ministro dedicato allo sviluppo dell’AI, al-Olama. Il quale, nel suo discorso di apertura, ha peraltro chiarito qual è la visione di fondo per l’AI degli Emirati: “Chi si oppone all’intelligenza artificiale è semplicemente finito”.
Il 2023, lo raccontano le cronache di questi mesi, è “l’anno in cui immaginare l’AI in tutto”. E lo hanno dimostrato le seimila aziende provenienti da 180 paesi, distribuite nelle 41 hall del Dubai world trade center e degli eventi collegati (come l’espansione “North star” per le startup al porto nuovo) e le decine di migliaia di partecipanti che hanno affollato le sale dell’evento e le strade della zona fieristica di Dubai.
C’è tutto e in realtà molto di più di quel che si può trovare negli eventi simmetrici in Europa, in Asia o negli Stati Uniti. Perché qui ci sono sia Microsoft, Google e Oracle, che gli stand delle nazioni europee (compreso uno molto grande dell’Italia con una rappresentanza più articolata della regione Piemonte), e perfino quelli di aziende provenienti da tutto il mondo. Incluse aree “vietate” da embarghi o da incompatibilità politiche. Ci sono infatti le startup e le aziende russe, iraniane, pakistane, nordcoreane. Centinaia di delegazioni e di presenze, un mix di culture che fa della diversità la sua forza: abiti in stile londinese o italiano si mescolano a uomini con thobe, ghutra o il classico egal e donne avvolte da hijab o niqab.
Organizzato come una vecchia fiera-mercato, una versione hi-tech di un suk che lascia la possibilità ai singoli di incontrarsi e fare business, il Gitex è meno spettacolarizzato delle controparti americane. Non ci sono grandi keynote come ci hanno abituato i big del tech americano, ma si fa moltissimo business tra gli stand e nei privè. Per gli operatori di settore è un paradiso. Anzi, uno Janna, un giardino nell’Eden.
Le contraddizioni ci sono solo se si pensa al mondo polarizzato, non se ci si apre all’ottica di una nuova globalizzazione che è ripartita velocissima dopo la pandemia. Questo è un paese strategico perché da qui si interagisce con tutta un’area geografica altrimenti lontana. E le autorità emiratine cercano di attrarre imprese straniere. C’è una grande facilità nel venire e fare business.
Lo confermano gli imprenditori, piccoli e grandi, disposti in giganteschi padiglioni, circondati da decine di aziende che in pochi metri racchiudono più diversità culturali di una commissione delle Nazioni unite; Dubai è una opportunità straordinaria per lavorare, dice brevemente uno di loro, mentre arrivano uno dopo l’altro decine di partner con cui fare business, alcuni conosciuti da due decenni, altri incontrati qui per la prima volta.
L’intelligenza artificiale parla arabo
Non deve sembrare però che il Gitex siano un esercizio di commercio globale senza un mercato locale. Dubai è uno straordinario campione dell’innovazione tecnologica e un esempio lo chiarisce. In uno dei padiglioni governativi abbiamo visto infatti Jais e Falcon, le due nuove AI di tipo Llm (Large language model), una più sorprendente dell’altra.
Il primo è bilingue arabo-inglese ed è progettato per rendere l’arabo una lingua di primo piano nel settore delle AI. Creato da Inception (azienda di Abu Dhabi), Unit G42 della Mohammed Bin Zayed University of Artificial intelligence e Cerebras systems (Silicon Valley) questo modello linguistico è un progetto completamente open source.
Invece Falcon, creato dal Technology Innovation Institute (Tii) degli Emirati Arabi Uniti, ha un obiettivo diverso: competere con Gpt-4 di OpenaI e PaLM 2 Large di Google (cioè Bard). Falcon è ancora leggermente indietro al primo ma già davanti al secondo con 180 miliardi di token. È un modello proprietario pensato per competere nella Formula 1 dei large language models e ci sta riuscendo perfettamente.
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