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Gamesweek 2015: giocare è una cosa seria

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L’impressione che dà il Gamesweek a chi varca la soglia della fiera è di un posto dove il gioco, inteso come divertimento, non sia come appare ad un occhio disattento: giocare qui è una vocazione, un istinto, una cosa seria. Non è un posto per Candy Crash, da usare cinque minuti al giorno in autobus, ma un luogo dove trovare compagni d’armi di Call of Duty, Uncharted, Fifa, Starcraft, Diablo, Unreal e altri titoli a cui di solito si gioca la sera, meglio la notte, quando tutti dormono e l’adrenalina sale. Internet, un paio di cuffie, un microfono, un computer o una consolle e la notte dura un attimo. L’adrenalina sale e il tempo vola, e non è mai troppo tardi.

È la vita del giocatore, dell’Hardcore gamer come si dice, di chi prende il gioco come una missione da svolgere quotidianamente. Questo è il Gamesweek che si è tenuta lo scorso week end a FieraMilanoCity: se vi riconoscete, la fiera è cucita su di voi, altrimenti è una cosa in cui c’è sempre qualche cosa di nuovo da scoprire, ma per passare un pomeriggio c’è sicuramente altro a Milano.

Gamesweek 02

Una cosa seria
All’ingresso della fiera si notano subito i padiglioni più grandi: Sony con Playstation 4, Microsoft con Xbox e Nintendo con Wii e DS spopolano su tutti, con imponenti costruzioni dove si alternano file di postazioni per provare i vari giochi a palchi con spettacoli di vario genere. In seconda battuta ci sono i giochi: alcuni titoli qui in anteprima, pronti per andare sul mercato tra una decina di giorni o poco più e che fiotte di ragazzini (ma non solo, qualche persona più matura si trovava in mezzo) attendevano in file anche di più di mezz’ora per provare. Il piacere dell’anteprima, dell’esclusività è un vezzo che calza al pennello al giocatore, sempre in cerca di trofei, dentro o fuori dai giochi. L’hanno capito quelli di Gamesweek che hanno approndato una serie di titoli qui in anteprima ma ancora non disponibili nei negozi (tra tutti abbiamo visto il nuovo Tomb Rider, Halo 5, Call of Duty Black Ops III, Uncharted 4 e anche Super Mario Maker). Una primizia provare questi titoli in anteprima, oppure anche solo poter guardare il filmato d’apertura prima di tutti gli altri, però è una cosa che si pagava con decine e decine di minuti in fila, in attesa di entrare nel salottino privè di turno.

Ma non solo giochi nuovi e primizie alla fiera: l’angolo vintage ha riservato molte sorprese, specie per chi, come chi scrive queste righe, ha cavalcato decenni di videogiochi con gli hardware più remoti. Abbiamo notato chioschi di videogiochi in stile anni ottanta e settanta, da Pac-Man a Asteroids per intenderci, tutto rigorosamente giocato non sulle ultime consolle next-gen ma su chioschi originali oppure riproduzioni fedeli.

Non è mancata all’interno della fiera l’aria di Guerre Stellari, ora che siamo a meno di due mesi dall’arrivo anche in Italia dell’ultimo capitolo cinematografico: il gioco Star Wars Battlefront catalizzava l’interesse, ma abbiamo visto anche una riproduzione in scala di una navicella dei ribelli, con un improbabile Ian Solo a farsi fotografare assieme ai volonterosi.

Tra tutti ci è piaciuto lo stand Nintendo: ufficialmente bocce cucite ma è probabile che l’anno prossimo, negli scaffali, ci saranno anche diversi iPhone, iPad o tablet Androd per poter giocare a SuperMario e company, dato l’arrivo oramai imminente dei giochi della grande N anche sul mondo mobile più diffuso.

Computer improbabili e realtà virtuale
Abbiamo girato in lungo e in largo la fiera, ma di computer Mac ancora non c’era l’ombra: l’attenzione di Apple verso il mondo dei videogiochi, e in particolare verso quelli più attenti è sempre stato abbastanza ridotta e anche se ultimamente con Mac App Store e Steam le cose son un po’ cambiate, è anche vero che a parte Blizzard (la casa di Starcraft, Diablo e Warcraft) e poche altre, le novità arrivano ancora prima su computer Windows e poi, in un secondo momento, anche su Mac. Qualche cosa si muove nella parte mobile: moltissimi gli iPhone a corredo degli stand, e qualche iPad o tablet Android pure era presente a convalidare la fase crescente del mercato mobile, che dopo aver conquistato la fascia dei casual gamers (qui poco presente) un po’ alla volta verterà anche su quella degli hardcore. In particolare iPad erano a disposizione di chi stava in fila per provare il gioco Infinity di Disney, mentre gli stand Asus e Samsung mostravano intere sezioni dedicate a smartphone e tablet Android, appositamente pensati per i giocatori.

Interessante la sezione di realtà virtuale organizzata da HTC, con un visore 3D pensato per il mondo dei computer, a disposizione dei partecipanti che potevano, letteralmente, immergersi in un oceano virtuale e esplorare il mondo circostante.

Curiosa, come ogni anno, la sezione customizzazioni con computer (prevalentemente Windows) che montavano tre schede video in sequenza, doppi processori e schede madri realizzate ad hoc, con tipologie di raffreddamento a liquido svariati.

Razer, la gradita sorpresa
Il piano superiore della fiera era dedicato allo spazio tornei: palchi preparati con cinque o più postazioni in serie dove player selezionati si potevano sfidare l’un l’altro di fronte al pubblico, come uno sport olimpico, ma non mancavano negozi con gadget disparati dedicati a Mario Bros, Call of Duty, Uncharted e Tomb Raider. Una gabbia ospitava i Droni volanti di Parrots, ma la sorpresa più interessante è stata la scoperta del pulmann di Razer, di cui abbiamo già parlato nelle pagine di Macitynet e che permetteva di giocare ad alcuni titoli provando diverse configurazioni di tastiere, mouse e computer del famoso brand americano in un ambiente preparato ad hoc, in cui le uniche luci provenivano dai device.

Di Razer parleremo ancora qui su Macitynet, dato che stiamo testando uno degli ultimi prodotti, ma è stato molto interessante sentire il punto di vista di alcuni interni del marchio americano relativamente al mercato dei videogiocatori, alla posizione di Apple ma soprattutto al perché questo marchio investa ancora nel mondo Mac, a fronte di un atteggiamento da parte di Apple sempre timido per quanto riguarda i videogiochi.

Da utenti Mac apprezziamo la volontà di Razer di supportare il mercato dei computer di Apple, specie quando i competitor più importanti, come Microsoft o Logitech mantengono il supporto al solo mercato Windows. D’altra parte, da giocatori abbiamo più volte apprezzato la loro cura nei prodotti e la tecnologia, che pone il marchio come top nel settore: tuttavia è stata una sorpresa scoprire come abbia un importante percentuale di utenti Mac non giocatori, che apprezzano i mouse e altri device per la precisione, per la poliedricità e per l’accuratezza dei driver. Abbiamo scoperto che prodotti come il Naga è molto venduto a chi usa Illustrator e Photoshop, perché consente di avere a portata di dito moltissime scorciatoie, così come il Tartarus è molto usato da chi utilizza una tavoletta grafica, e vuole un aiuto per le scorciatoie da tastiera senza una vera e propria tastiera, che spesso ingombra ed è poco ergonomica assieme ad una tavoletta.

La progettazione degli ultimi prodotti come il Mamba e la nuova versione del Diamondback è stata fatta anche pensando a questi feedback, con un aspetto in linea con quello che un videogiocatore si aspetta e che cerca, ma con un design meno estremo rispetto al passato.

Anche il discorso sui prezzi, un aspetto che chi si approccia ai prodotti Razer nota subito è stato interessante. Il marchio offre prodotti di qualità, con tecnologie molto curate, è inevitabile che il prezzo ne risenta: Razer si impegna ad offrire una esperienza di utilizzo molto importante, curata nei minimi dettagli e che pone l’utente al centro. L’alta personalizzazione che offrono i driver (con il sync tramite cloud) provoca una affinità tra l’utente e il device superiore agli altri prodotti nel mercato, è questo è il loro primo obiettivo. In effetti, cambiare computer è una cosa a cui ci si abitua, ma cambiare tastiera o mouse può essere molto più difficile se il prodotto non è di qualità.

Il punto di vista di Razer è stato molto importante perché ha posto le basi per un punto di congiungimento tra il mercato dei videogiocatori, da sempre una nicchia piuttosto distante dal resto del mondo dell’informatica, e quello dei professionisti: un modo per essere protagonisti in un mercato senza dimenticare le percentuali più piccole ma allo stesso tempo proponendo una chiara idea di design ed ergonomia.

Il Gamesweek è stato anche un modo per Razer di presentare al mercato italiano il nuovo Nabu, uno smartband con display monocromatico per iOS e Android, che noi testeremo a breve, che grazie a diverse capacità social permette ai giocatori di allungare l’esperienza Razer anche al di fuori del mondo dei videogiochi, un piccolo dettaglio a cui gli altri marchi raramente pensano.

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