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Il futuro dell’AI prende forma e non c’è da stare allegri

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Due segnali apparentemente sconnessi, privi di relazione se non una blanda appartenenza tematica, sono invece due preziosi indizi di quel che sta succedendo in questa nuova fase delle intelligenze artificiali AI.

Una nuova fase che comunque è molto compressa dal punto di vista temporale e segue il ritorno della AI, una novità per il grande pubblico da quando ChatGPT è balzata agli onori della cronaca ma non per gli esperti, che ne conoscono definizioni e ambizioni fin dagli anni Cinquanta del Nocevento.

Dopo aver attraversato un lungo inferno freddo, una brinata che l’ha quasi uccisa, negli ultimi quindici anni l’AI ha fatto il suo ritorno dal punto di vista scientifico e tecnologico. Ma ancora non si era capito di che pasta è fatta: carne o pesce? Buona o cattiva? Strumento di democrazia ed emancipazione o di insicurezza economica e sfruttamento?

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Exhibit A: “Believe the AI Hype”

Il primo segnale viene dall’editorialista ed “editor at large” (un modo per dire che è un inviato speciale senior, con grande esperienza del mercato che segue) di Wired USA, Steven Levy, lo dice senza mezzi termini in un suo editoriale: “Secondo alcuni esperti, l’AI generativa ha smesso di diventare più intelligente. Invece, le demo esplosive di OpenAI, Microsoft e Google che hanno dato il via alla settimana dimostrano che ci sono ancora molti cambiamenti in arrivo“. Insomma, la festa non è finita.

E Levy è molto bravo a sentire la “temperatura” della Silicon Valley. Quella valle della tecnologia ma anche degli investimenti rapidissimi fatti dai venture capital per le startup più promettenti o dai colossi del tech come Meta, Microsoft, Amazon e Alphabet.

Aziende che vengono finanziate a colpi di centinaia di milioni di dollari, come Suno, l’ultima di una lunghissima lista di finanziamenti che in totale cuba più di 300 miliardi di dollari solo nel 2024. Suno che ha l’ambizione di diventare “il ChatGPT della musica”. Ancora i risultati non ci sono, ma nell’hype l’attenzione è tanta.

E anche se le AI sono delle scatole nere, delle black box all’interno delle quali non si capisce cosa ci sia (ma c’è chi prova a decodificare il modo in cui funzionano), Microsoft è già al lavoro per dare la possibilità alle aziende di finalizzare l’addestramento di piccole AI “locali”: aziendali o personali. Serviranno per aggiornare task, per dare spazio al lavoro creativo e a tutto il resto che non sia il normale lavoro di oggi. Ripetitivo quanto si vuole, ma tutto sommato abbastanza diffuso nella società tra le persone che non hanno competenze straordinarie e cercano di farsi una vita con un normale impiego.

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Exhibit B: la voce di Scarlett Johansson

Mentre si va avanti con la cronaca si apprende che l’attrice Scarlett Johansson si è molto arrabbiata e ha fatto fuochi e fulmini con OpenAI perché l’azienda, dopo che non ha ricevuto il suo permesso, ha deciso lo stesso di andare avanti con un assistente personale Sky” che parla con quella che è sostanzialmente la sua voce. Perché lei? Perché ha fatto da protagonista al film-meme delle assistenti digitali del futuro “She” cioè “Lei”, storia di un programmatore che si innamora della sua assistente personale AI.

Questa dimostrazione lampante di abuso da parte di OpenAI è stata interpretata come il segnale chiarissimo di quale sia la filosofia di questa azienda e degli altri futuri big del tech AI: “Questa è la logica senza fronzoli di OpenAI. È fredda, razionalista e paternalistica. L’idea che un gruppo così ristretto di persone si autolegga per costruire una tecnologia che cambierà la civiltà è intrinsecamente ingiusta. Eppure andranno avanti perché hanno una visione del futuro e i mezzi per cercare di realizzarla”.

E questo è quel che sta succedendo: il team interno di OpenAI che si occupava di capire quali possono essere i rischi nel lungo periodo delle AI ha perso la sua guida e poi è stato chiuso, licenziando alcuni e spostando ad altro compito altri. Il futuro della AI non è per il bene dell’umanità ma per il profitto di chi ha i mezzi per poterla costruire. Aziende che stanno facendo di tutto per avere regolamentazioni estremamente “toste” per impedire ad altri di fare la stessa cosa, e mantenere il vantaggio conseguito.

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Intanto, c’è chi va male

Che poi le AI siano economicamente rivoluzionarie per tutti è ancora da dimostrare. Per adesso è un gioco per pochissimi. Per i più grandi. Per quelli che hanno i soldi per fare le cose. Per gli altri, è una lotteria. Una sorta di grande azzardo per vedere di fare i soldi rapidamente, senza alcuna reale possibilità di arrivare a costruire qualcosa di duraturo. È la logica delle startup speculative: arrivano i soldi, si costruisce il business e poi si vende tutto prima che i nodi vengano al pettine. Il business plan neanche contempla la possibilità di andare in positivo.

Un caso è Humane, l’azienda fondata nel 2018 da due ex Apple che ha fatto maturare il business al punto giusto, ha messo in commercio un apparecchio (il Pin) che è stato stroncato dalla stampa americana, ha iniziato a licenziare e adesso si scopre che stanno vendendo tutto, azienda e tecnologie. Si parla di diverse centinaia di milioni di dollari per un prodotto che non vende.

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Le conseguenze

L’arroganza, la “hybris” come dicono quelli che parlano bene, e il diritto auto-deciso di fare quel che si vuole sono insiti nello sviluppo di qualsiasi tecnologia trasformativa. Un piccolo gruppo di persone deve sentirsi abbastanza sicuro della propria visione da portarla nel mondo e chiedere al resto di noi di adattarsi. Ma l’AI generativa estende questa dinamica fino all’assurdo. È una tecnologia che richiede una mentalità di quello che i filosofi americani chiamano “destino manifesto”, cioè di dominio e di conquista.

Non si può rubare per costruire il futuro se si crede che ci appartenga da sempre. Ma è quel che sta succedendo. Quel che sta succedendo invece è stato perfettamente descritto in un articolo dello scorso anno: “Come per altri grandi progetti del XX secolo, i cittadini che votano [in America, NdR] avevano voce in capitolo sia sugli obiettivi che sull’esecuzione delle missioni Apollo. Altman ha chiarito che non siamo più fatti in quel mondo. Invece di aspettare che ritorni un tempo come quello, o di dedicare le sue energie per assicurarsi che ciò avvenga, sta andando avanti a tutto gas nella nostra realtà attuale”.

Il titolo dell’articolo dell’Atlantic? Semplice e micidiale: “Ma Sam Altman lo sa cosa sta creando?”. Tutti gli articoli che parlano di Intelligenza Artificiale sono nella sezione dedicata di macitynet.

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