La crisi di una delle aziende che sono state più innovative di sempre, anche suo malgrado (come vedremo tra un attimo) sta per arrivare allo sbocco che consulenti e investitori come Carl Icahn avevano auspicato: esplorare “soluzioni strategiche”, cioè vendere tutto. Solo che in questo caso non si tratta di una vendita vera e propria, bensì di una fusione con la giapponese Fujifilm, che porterà con sé la dotazione economica maggiore e quindi il controllo del 50,5% dell’entità emergente dalla fusione tra le due aziende, Xerox e Fuji. Un colosso da 18 miliardi che però dovrà alleggerirsi di almeno diecimila posti di lavoro e cambiare leggermente mira, viste le sovrapposizioni fra le due società.
Il colosso che verrà sarà in grado di operare in maniera molto più bilanciata nei mercati asiatici (Fuji) e Usa nonché europeo (Xerox), ma avrà bisogno di una nuova squadra di manager alla guida dell’azienda combinata e di una strategia per sconfiggere paradossalmente proprio gli avversari asiatici, a partire da Canon, che nel tempo avevano eroso la supremazia nel mercato delle fotocopie di una delle aziende più importanti per questo settore, che negli Usa è addirittura sinonimo di “fotocopia”.
Ma Xerox è stata anche di più: l’azienda ha sede sulla Est Coast ma il suo centro creativo nella Silicon Valley, a Coyote Hill Road, si chiama Xerox Palo Alto Research Center, Parc per gli amici. È il posto dove vennero create le interfacce grafiche e decine di altre invenzioni a partire dall’Ethernet e SmallTalk che permisero di dare l’avvio all’informatica di rete, all’informatica con interfacce grafiche (Steve Jobs e i suoi pagarono una cospicua somma di denaro a fondo perduto per il privilegio di andare a visitare questo centro di ricerca e “imbeversi” delle idee necessarie a produrre il Lisa e poi il Macintosh) e tantissima ricerca biomedica.
A oggi il Parc è ancora attivo ed ha sempre fama di essere un posto particolarmente interessante per la ricerca e la sperimentazione, e si ritiene che ci sia ancora lo spazio per trovare cose e renderle profittevoli, come in effetti non accadde con il frutto della ricerca portata avanti negli anni Sessanta e Settanta, perché non fu in grado di monetizzarla, o perlomeno di farlo in maniera paragonabile a quanto fecero Apple e Microsoft.