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Frode fiscale Apple, l’azienda conferma l’indagine ma respinge le accuse

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Apple conferma l’indagine sulle sue operazioni fiscali in Italia, ma nel contempo respinge ogni accusa sulla presunta frode fiscale. Tocca alla sede di Cupertino, come accade in momenti delicati e che interessano le fondamenta del sistema della Mela, rispondere al clamore sollevato su scala mondiale dall’inchiesta italiana

«Apple – ha detto in una dichiarazione scritta, consegnata ai giornali americani la portavoce Kristin Huguet  – paga ogni singolo dollaro o euro che deve in tasse e siamo costantemente oggeto di verifiche da parte dei governi dei paesi dove operiamo», affermazioni che fanno l’eco a quanto lo stesso Cook aveva rilasciato durante l’audizione a cui ha partecipato di fronte al senato USA che chiedevano conto ad Apple dello sfruttamento di meccanismi di elusione , gli stessi usati da un grande numero di aziende, per evitare il pagamento delle imposte al governo USA. Ma se negli USA la seduta cui Cook aveva offerto la sua collaborazione nulla aveva di penale, nel caso del nostro paese l’accusa è decisamente pesante: avere creato artificiosamente ed indebitamente le condizioni per ridurre se non cancellare il reddito ottenuto operando sul territorio italiano, occultando profitti per oltre un milione di euro, attribuiti ad una filiale straniera di un paese dove la tassazione è inferiore, per non pagare le tasse dovute all’erario italiano. Di fatto Apple è accusata di frode fiscale, un reato penale, e in quanto tale sono stati emessi degli avvisi di garanzia a due manager dell’azienda.

quarto trimestre fiscale 2013 appleRicordiamo che l’inchiesta è partita nei giorni scorsi per iniziativa del pubblico ministero Adriano Scudieri coadiuvato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, che si sarebbero avvalsi dell’attività della direzione regionale lombarda dell’Agenzia delle Dogane, «che – ad esempio – avrebbe rintracciato “gravi indizi” in ordine alla sottrazione dall’imposizione Ires (l’imposta sui redditi delle società) di somme molto rilevanti, sulla base anche delle dichiarazioni dei clienti di Apple Italia, ben celati dietro un «meccanismo fraudolento» che ha portato all’apertura del fascicolo a carico dei due indagati».

Apple sottolinea la sua fiducia nell’operato dei magistrati dicendosi convinta che l’inchiesta si concluderà scagionandola totalmente anche perché «il governo italiano aveva già svolto delle indagini su Apple Italia nel 2007, 2008 e 2009, confermando che siamo totalmente nella legalità e nel rispetto delle regole fissate dall’Organization for Economic Cooperation and Development».

Al momento nessuno può dire esattamente che cosa sia accaduto e quali siano esattamente i sospetti dei magistrati e si devono attendere quindi indicazioni precise, se mai verranno, ma è possibile che nel mirino di Scudieri e Greco ci sia il meccanismo in base al quale, anche in anni recenti come il 2012,  Apple ha potuto versare all’erario cifre importanti, ma tutto sommato modeste in rapporto al giro d’affari.

Lo scorso anno, ad esempio, Apple ha versato 3 milioni di imposte, dovuti all’attività di Apple Italia che “lavora” per Apple Distribution Ireland. La  società irlandese affida alla filiale italiana il compito di supportare vendite e marketing determinando un profitto di 10,7 milioni di euro su un fatturato di poco meno di 30 milioni di euro. Apple Italia dovrebbe così al fisco italiano 5,5 milioni di euro che però devono essere scontati di 2,5 milioni di euro di credito fiscale a causa delle perdite di 11,5 milioni di euro di Apple Retail che incassa molto (250 milioni di euro le vendite) ma registra perdite per 11,5 milioni di euro anche e soprattutto a causa del pagamento a beneficio di Apple Ireland che vende materialmente ad Apple Retail Italia, dispositivi elettronici, computer, telefoni, accessori e così via, per un valore i 196,5 milioni di euro.

Queste operazioni e queste modalità che fanno perno sull’Irlanda e la sua bassa tassazione, è bene precisarlo, non sono esclusive di Apple, ma di un  grande numero di società che approfittano della normativa fiscale del governo Irlandese per ridurre i profitti in vari paesi europei e attribuirli alle loro filiali irlandesi. Secondo quanto fino ad oggi convenuto questa rete che rimbalza i profitti  nell’Isola dell’arcipelago britannico, per quanto discussa e discutibile (e in quanto tale nel mirino di vari governi nazionali che stanno facendo pressione sul governo irlandese perchè chiuda i varchi che la consentono) non è mai stata considerata evasione e quindi un reato, ma elusione fiscale.

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