Un miliardo di euro di tasse non versate. Ecco quanto, secondo quello che riporta il francese Le Point, la Francia pretenderebbe da Google.
Il contenzioso tra Google e il Tesoro risale al 2011: una perquisizione nella sede francese della grande “G” avrebbe condotto all’accertamento di una procedura di elusione fiscale messa in atto sfruttando filiali che fanno capo all’Irlanda. In base a questa “alchimia”, che sfrutta una serie di rinvii dei profitti in un paese che ha una tassazione molto più favorevole, Google avrebbe risparmiato ingentissime quantità di denaro in tasse.
La società americana, che ha sempre sostenuto di essere in regola con la legislazione fiscale, ha dichiarato in Francia un fatturato basso (meno di 150 milioni di euro), affermando che elementi quali i link sponsorizzati sono fatturati dalla sede irlandese della società, uno stratagemma che avrebbe permesso di pagare tasse per “soli” 5,5 milioni di euro.
Se la vicenda non vi suona particolarmente nuova, è perché in Italia un’accusa molto simile, anche sul piano della cifra in ballo, è stata indirizzata dalla procura di Milano ad Apple. Anche la Mela, secondo il pubblico ministero Adriano Scudieri coadiuvato dal procuratore aggiunto Francesco Greco, «si sarebbe sottratta dall’imposizione Ires (l’imposta sui redditi delle società) per somme molto rilevanti usando un meccanismo fraudolento». Questo meccanismo sarebbe stato finalizzato a creare artificiosamente e indebitamente le condizioni per ridurre se non cancellare il reddito ottenuto operando sul territorio italiano, occultando profitti per oltre un miliardo di euro, attribuiti a una filiale straniera di un paese dove la tassazione è inferiore, per non pagare le tasse dovute all’erario italiano e questo paese, come per Google in Francia, sarebbe proprio l’Irlanda.
Bernard Cazeneuve, Ministro del Tesoro e del Bilancio, prevede di raccogliere altri 2 miliardi di euro d’imponibile colpendo società che nel territorio transalpino avrebbero usato lo stratagemma usato anche da altre multinazionali: il pagamento di tasse in Paesi con regimi fiscali più “leggeri”. Quali siano queste società non è stato chiarito da Cazaneuve, ma Le Point prova a fare qualche nome: Amazon, Facebook e anche Apple