eBizcuss, distributore francese di prodotti Apple, naviga in pessime acque (il titolo in borsa è quotato al minimo storico nel momento un cui scriviamo) ed è in liquidazione. Alcuni dei pochi negozi della catena che ha un numero rilevante di punti di presenza in Francia (attiva dal 1976, anche se con nomi che si sono modificati nel tempo, con il marchio iCLG) ancora funzionanti, sono stati chiusi venerdì mattina e ai dipendenti è stato annunciato il licenziamento giovedì scorso. Chiusi anche i siti del distributore che mostrano una sorta di epitaffio: “eBizcuss – ICLG, CLG, IC, KA – 1976 – 2012”
Il distributore qualche tempo addietro aveva sporto denuncia contro Apple per abuso di posizione dominante e concorrenza sleale, lamentando la mancanza di approvvigionamenti dei nuovi prodotti e il voler privilegiare gli Apple Store per la fornitura dei prodotti più richiesti dagli utenti. François Prudent, amministratore delegato di eBizcuss, già lo scorso anno lamentava che il gruppo (16 punti vendita più altri in Belgio con il marchio Mac Line), aveva perso fino al 30% del fatturato per l’impossibilità di evadere gli ordini dei prodotti più richiesti di (iPad e MacBook Air). “Dal 2007, abbiamo speso circa 5 milioni di euro per rinnovare i negozi per soddisfare i criteri imposti dal marchio”, aveva affermato qualche tempo addietro Prudent rammaricandosi di aver accettato vincoli che non hanno portato alcun beneficio.
Per l’amministratore dell’azienda, la casa di Cupertino ha fatto di tutto per allontanare i clienti aziendali, area nella quale eBizcuss aveva sempre vantato un numero elevato di professionisti. “Nelle proposte commerciali presentate da Apple e dai consulenti sullo store per le imprese, sono indicati spesso prezzi inferiori a quelli da noi pagati per l’acquisto delle apparecchiature”, situazione insostenibile per una società in precedenza florida e che vantava centinaia di dipendenti tra Francia e Belgio. L’accusa che viene rivolta ad Apple è quella di non aver più alcun interesse verso piccoli e grandi rivenditori e di mirare a integrare la propria rete distributiva e gestire senza intermediari i rapporti con i propri clienti. Una strategia “insostenibile” secondo Prudent, importatrice di prodotti made in Cupertino sin dal 1977 con l’Apple II.
Non tutti i grandi rivenditori Apple si lamentano: in un vecchio articolo di Le Figaro, ad esempio, i responsabili di FNAC a dicembre di quest’anno affermavano di essere preoccupati per lo sviluppo degli Apple Store, ma anche di non avere alcun timore per le strategie della casa madre. C’è da osservare però che la grande distribuzione usa Apple come traino per altri prodotti e non ha i vincoli e la dipendenza assoluta dalle forniture e politiche di Cupertino a cui sono assoggettati gli APR e che all’interno delle stesse fliali nazionali Apple i diversi canali di vendita sono trattati da strutture differenti in concorrenza tra loro.
[A cura di Mauro Notarianni]