Apple fa pagare l’equo compenso solo agli italiani. L’accusa, formulata al debutto dell’aumento dei prezzi italiani dei prodotti della Mela, non arriva da uno qualunque, ma dal ministro delle attività culturali e del turismo, in un Tweet diffuso nella tarda serata di ieri.
Franceschini, sostenitore dell’aggravio di una tassa preesistente e che è stata adeguata, questa la tesi di chi condivide lo spirito della norma, all’aumento dei costi ed allineata a quanto si pratica in altri paesi, usa i 140 caratteri disponibili per il messaggio, per farci sapere che “iPhone5S16GB: Francia 709€ (copia privata 8€) Germania 699 (cp 36€) Italia ora 732 (cp 4€). Apple fa pagare cp solo ai suoi clienti italiani”. In termini pratici e semplificando: l’iPhone costa di più in Italia, nonostante la copia privata abbia un costo inferiore rispetto ad altri paesi, quindi Apple lucra sui clienti italiani
Tralasciamo il discutere le ragioni per cui in Italia l’iPhone costa più che altrove, cosa di cui abbiamo già parlato innumerevoli volte (tra cui qui); Franceschini ha diritto di non sapere che non è la copia privata a far costare di più il telefono Apple, perché non è faccenda che riguarda il ministro del turismo, dei beni e delle attività culturali ma, eventualmente, altri organismi dello Stato deputati a sorvegliare il meccanismo della formazione dei prezzi sul mercato. Quel che però Franceschini doveva sapere fin dal momento in cui, con un po’ di fretta, vaticinò che l’incremento del balzello sarebbe stato immediatamente assorbito dalle aziende, è che multinazionali come Apple hanno meccanismi complessi che determinano i listini dei loro prodotti e le previsioni di profitto, oltre che i margini, su scala globale ed a lungo termine. Variazioni delle imposte, specialmente in un organismo che, come Apple, non ha nell’autonomia decisionale a livello di “country” il suo punto di forza, impediscono, in qualche caso, di assorbire come extra costo, l’aumento di prezzo determinato da un incremento della tassazione. Era già accaduto allo scatto dell’IVA disposto dall’allora governo Monti: allora i prezzi di Apple aumentarono di conseguenza, per poi essere riallineati al “dieci meno uno”, tipico del listino della Mela, quando furono pubblicati i nuovi listini in coincidenza con nuovi prodotti. Sarà così, quasi certamente, anche per l’aumento della copia privata. Ovviamente, alla fine il fatto che i clienti italiani non vedranno la tassa esposta come accade ora, non significa che non ci sarà né che questo migliorerà la competitività del nostro sistema, ma la peggiorerà ed alla fine neppur troppo indirettamente questo si riverserà sul consumatore. Ma questa è un’altra storia.
Rientra negli stessi confini di questa storia, invece, il fatto che l’aumento visibile del prezzo applicato da Apple per conseguenza di una nuova tassa rende tangibile e visibile un balzello da sempre odioso, ma ora anche illogico e ingiusto almeno per i clienti finali visto il mondo in cui viviamo, quello in cui i contenuti “protetti da copyright” non sono custoditi in gran parte su un dispositivo locale, tantomeno un telefono o un tablet, dove al limite stanno applicazioni, foto personali, un sistema operativo, ma mandati in streaming e spesso collocati su server remoti. Questo però è anche un mondo malato in cui continuano a sopravvivere organismi nati in un’era geologica precedente e che perso ogni riferimento di mercato e quindi parte (se non tutta) la loro ragione di esistere, deprivati di una qualunque funzione di tutela assegnata in precedenza, delle ragioni economiche e sociali di esistere, provano a sopravvivere alla loro storia finita, infilandosi, letteralmente, nelle tasche del sistema che sta già facendo a meno di loro, ma è obbligato a mantenerli in vita. Renzi se n’è ben accorto quando ha promesso la cancellazione del Cnel, ma nè lui nè esimi rappresentanti del suo governo sembrano avere capito, con l’applicazione dell’aumento dell’equo compenso, che di Cnel in Italia ce ne sono molti e altrettanto costosi per la comunità e il sistema.
Da questo punto di vista, ai fini della una presa di coscienza su una malattia che perdura e che va curata, il fatto che Apple abbia deciso di aumentare i prezzi è persino benefico e potrebbe aiutare tutti, Franceschini compreso e con lui anche il governo Renzi, a capire che la dichiarata scommessa su innovazione e sviluppo non va d’accordo con l’aumento dell’equo compenso.