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Fortune: ecco i segreti dell’architettura manageriale di Apple

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Una società che ancora oggi a 35 anni dalla sua fondazione, con 320 miliardi di dollari di capitalizzazione e 50mila dipendenti lavora come se fosse una start up, una realtà dove non esistono gruppi di responsabilità ma solo individui responsabili di una iniziativa o di un progetto, una società estremamente centralizzata e imperniata su un potere quasi dittatoriale rappresentato da Steve Jobs. Ecco come viene descritta Apple in un articolo pubblicato nell’edizione settimanale di Fortune, disponibile su App Store come acquisto in App (3,99 euro) da scaricare dall’interno dell’applicazione (download gratuito da qui).

L’articolo, parte del servizio dedicato alla classifica di Fortune 500, è un pezzo di carattere tecnico, eminentemente focalizzato su alcune delle modalità gestionali ed organizzative di Apple e in quanto tale di estremo interesse per manager e dirigenti che vogliono carpire qualcuno dei segreti grazie ai l’azienda «di maggior successo e maggior segretezza – come viene definita dalla stessa Fortune – in America» ha raggiunto e mantiene la sua supremazia sul mercato. L’articolo però contiene anche qualche curiosità gustosa anche per i semplici appassionati del mondo Apple a caccia di episodi e fatti inerenti la Mela.

Uno di questi riguarda, ad esempio, il clamoroso fallimento al lancio di MobileMe. Negli infausti giorni successivi all’apertura dei servizi che dovevano supportare l’introduzione sul mercato di iPhone 3G, Jobs convocò tutto il team dei servizi on line aprendo con una domanda: «Qualcuno è in grado di dirmi che cosa dovrebbe fare MobileMe?». Avuta la risposta che si attendeva e che dettagliava il funzionamento, supposto, di MobileMe, Jobs ha replicato: «Bene, allora per quale fottuto motivo non fa quel che state dicendo?». Questo è stato solo l’antipasto seguito da una serie di “portate” costituite da 30 minuti di sermone nel quale, tra le altre cose, si invitavano i presenti ad odiarsi l’un l’altro per aver tradito le reciproche attese e a vergognarsi per avere «appannato l’immagine di Apple». Tra le cose che hanno fatto più infuriare Jobs ci sarebbero state le critiche di Walt Mossberg, giornalista del Wall Street Journal, «un nostro amico – ha detto Jobs – che ora non scrive più bene di noi». Alla fine dell’incontro e direttamente sul posto il CEO ha licenziato il capo del gruppo di MobileMe e ha nominato il suo successore.

Un secondo e assai poco conosciuto segreto del modo in cui viene gestita Apple riguarda un incontro annuale che Jobs tiene con 100 dipendenti e manager dell’azienda. Si tratta di un summit convocato direttamente dal CEO e al quale partecipato tutti i vertici di Cupertino ma anche semplici dipendenti che per qualche ragione vengono ritenuti importanti o strategici. Idealmente si tratta del gruppo che Jobs si porterebbe appresso nel momento in cui dovesse decidere di fondare una nuova azienda. Il summit, tutto dedicato alle strategie di Apple e alla visione dirigenziale e organizzativa che segnerà i mesi a venire, si svolge in località segreta e di gradimento dello stesso Jobs che privilegia due aspetti: qualità del cibo e l’assenza di un campo da golf. I dipendenti che sono invitati non posso rivelare a nessuno dove vanno e quando andranno e non possono usare la loro automobile ma solo un servizio bus che parte da Cupertino. Nulla di quello che si dice nel contesto dell’incontro deve essere reso pubblico e chi è invitato non ha il permesso neppure di segnarlo sul proprio calendario. È stato nel corso di questo incontro che sono stati rivelati prodotti poi introdotti successivamente; ad esempio l’iPod. L’inclusione nel gruppo avviene per merito e come si entra si può anche essere estromessi e quando questo capita è certamente un’umiliazione.

Interessante anche il cenno alla Apple University, un’entità piuttosto misteriosa che Fortune dettaglia per la prima volta in maniera esplicita. Questo ateneo virtuale è una via di mezzo tra un scuola per dirigenti interna ad Apple guidata da Joel Podolny, ex decano della Yale School of Management e un gruppo di ricerca. Il compito della Apple University è quello di analizzare i processi decisionali assunti dai vertici dell’azienda e di presentarli ad un ristretto gruppo di dirigenti. I relatori sono gli stessi top manager come Tim Cook o Ron Johnson che in questo modo contribuiscono a formare la corporate colture di Apple e a formare il gruppo dirigente del futuro.

Dall’articolo emergono anche altri aspetti di interesse più specifico come ad esempio la volontà di Apple di responsabilizzare al massimo tutti gli individui che lavorano in azienda. Non esiste un gruppo di responsabilità ma sempre un individuo che ha un incarico per qualche cosa e non esiste alcun dubbio su chi sia colpevole (o meritevole) per certo prodotto, un servizio o un evento. A Cupertino c’è un termine ben preciso che delinea questa politica: DRI, direct responsible invidual e questo è tipico di aziende semplificate e con poco personale, di una start up, appunto.

Apple lavora in un certo senso come una start up anche per il budget; nulla viene lasciato al caso e se qualcuno o qualche dipartimento ha necessità di spendere per un acquisto, ci deve essere la certezza che questo sia effettivamente necessario. In qualche caso Apple usa risorse interne anche per cose che altrove sarebbero affidate all’esterno. Ad esempio ha reclutato suoi dipendenti come comparse per creare un filmato con un matrimonio in una chiesa di San Francisco da usare durante un keynote. In compenso quando si pensa che valga la pena le risorse non mancano; Apple ha mandato una troupe alle Hawaii per filmare un altro finto matrimonio sempre per un video dimostrativo.

Nel corso dell’articolo Apple viene descritta come una società estremamente verticistica, con al centro Steve Jobs a cui fa riferimento tutta la struttura (click qui per vedere l’organigramma, in parte del tutto nuovo, rivelato da Fortune). Il suo pensiero e la sua filosofia permeano così a fondo il sistema al punto che, dice Fortune, i dipendenti sanno che cosa pensa Jobs anche se non l’hanno mai incontrato e se non hanno neppure mai preso ordini direttamente da lui o da uno dei suoi diretti collaboratori. Uno dei compiti portati a termine con più meticolosità in Apple è quello di presentare qualche cosa a Jobs, sia direttamente che indirettamente, attraverso un proprio superiore o il superiore di un superiore perché alla fine è sempre lui che prende le decisioni, dalle più importanti alle meno importanti come il design degli autobus che portano i dipendenti da San Francisco a Cupertino al menù della caffetteria.

Tutto questo spinge a chiedersi come sia possibile che Apple sia una delle aziende con il minor turnover di personale della Silicon Valley visto che per diversi aspetti sembra un luogo molto difficile se non ostile. La risposta arriva da un “cacciatore di teste” che ha procurato ad Apple molti ingegneri: «la gente arriva in Apple e ci resta perché crede nella missione dell’azienda anche se non è personalmente felice di restare in quel posto. Molti hanno sognato di essere lì fin da bambini e per loro essere in quel posto è qualche cosa di magico». «Apple – dice Andrew Borovsky che ha lavorato come designer a Cupertino – è un luogo dove la parola indulgenza o comprensione non hanno significato». Apple fa capire a chi ci lavora che il suo è un privilegio perché sta creando i prodotti più interesanti al mondo e quindi il suo compito è quello di «chiudere la bocca e lavorare e forse avrai la fortuna di poter restare».

Alla fine dell’articolo ci si chiede come e se Apple sarà in grado di sopravvivere all’abbandono di Jobs, se il CEO ha preparato la sua successione. Secondo alcuni insiders Apple non è un organismo unicellulare ma multicellulare e sottolineano che Jobs sé ben conscio del suo potere dittatoriale e per questo ha creato i presupposti per una Apple senza di lui permeando la cultura di altri dirigenti facendo i maniera che la sua filosofia sia recepita, curata e preservata anche dalle future generazioni. «È e questo – chiosa Fortune – è tutto quello che si può augurare un salvatore dell’azienda».

Il consiglio per tutti coloro che sono interessati al mondo Apple o anche semplicemente al sistema di gestione e dirigenziale di Cupertino e conoscono l’inglese è quello di comprare il numero di Fortune.

Qui sotto, Ive, Schiller, Scott Forstall ed Eddy Cue nella caffetteria di Cupertino, una delle immagini pubblicate da Fortune.

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