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Perché il nuovo font Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra

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Il rilascio della nuova versione dell’Helvetica (chiamato Helvetica Now) è estremamente importante, molto più di quanto sembri e che porta inesorabilmente con se conseguenze che saranno chiare, perlomeno agli addetti ai lavori, solo tra diversi anni.

Tre le versioni annunciate da Monotype: Display, Text e Micro, tutte già in vendita dal sito MyFonts.com, anche se uno stile è già scaricabile gratuitamente per prove e test dal sito della casa madre.

Il nuovo design del font è pensato per essere attuale, pur mantenendo quel profilo di classico che da sempre l’ha contraddistinto sin dalla nascita, ma soprattutto per essere al passo con le nuove tecnologie, soprattutto per quanto riguarda i display ad alta risoluzione: una sfida molto difficile perché negli ultimi anni le scelte di mercato hanno imposto standard proprietari anche nei font e emergere nel mercato di adesso è di certo più difficile di un tempo.

Ma per capire la portata di questa rivoluzione dobbiamo guardare la faccenda da un punto di vista molto diverso e ampio: cambiare il font più usato al mondo non è semplice, comporta responsabilità enormi legate all’emozione, alla leggibilità, alla fattibilità di un business e della comunicazione nella sua più intima realizzazione.

Ma d’altra parte questa è una delle tante sfide che l’Helvetica ha dovuto affrontare nella sua storia, nata come la Cenerentola delle font e diventata sin da subito la regina della comunicazione a 360°.

Perché la nuova Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra
Una delle immagini che accompagnano il lancio dell’Helvetica Now

Helvetica, quasi per caso

Si perché nel 1957, quando Max Miedinger, ex dipendente diventato (probabilmente a forza) freelance Svizzero, è incaricato dalla fonderia Haas di Münchenstein (piccola città di confine) di sviluppare un carattere senza grazie in grado di risollevare le nefaste sorti economiche, non immaginava i risvolti che ne sarebbero emersi.

Miedinger elaborò una nuova edizione del Akzidenz Grotesk, uno dei caratteri senza grazie più utilizzati all’epoca il cui disegno originale risale al 1896 (dalla fonderia H. Berthold AG), dandole il nome di Neue Haas Grotesk.

Il nome fu cambiato poi in Helvetica (da Helvetia, definizione latina della Svizzera) quando fu acquistato e distribuito dalle società Stempel e Linotype pochi anni più tardi probabilmente per una più facile penetrazione nel mercato internazionale.

Perché la nuova Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra
Un confronto tra il nuovo Helvetica Now (Nero) e il “vecchio” Helvetica Neue: si nota subito la maggiore compattezza e la diversità di alcuni pesi

Ma nonostante il successo del font Akzidenz Grotesk non subì nell’immediato forti scossoni, la svolta per il nuovo font di Miedinger arrivò quasi subito: Hans Neuburg lo recensisce nel numero 4 del 1959 della famosa rivista “Neue Grafik” parlandone come del nuovo Akzidenz Grotesk e citando letteralmente che  l’Helvetica è il font “(…) a cui non abbiamo alcuna intenzione di rinunciare”.

Due anni dopo la distribuzione tramite Linotype (soprattutto) ne stabilisce un successo che cresce in modo esponenziale per tutta la decade successiva e arriva sino ai giorni nostri: la cultura degli anni sessanta (meno negli anni settanta dove l’estremismo porta a scelta qua e la diverse) è fortemente influenzata dall’Helvetica in tutti i suoi stili.

Con l’arrivo del digitale la conferma dell’Helvetica è forte: Apple lo include tra i caratteri presenti all’interno del primo Macintosh e QuarkXPress lo definisce come font di default nello stile Normale, sostanzialmente imponendolo come scelta primaria in tutti i tipi di impaginazioni grafiche del mondo, con grandissimo successo anche in Italia.

Nel 1989 Massimo Vignelli lo sceglie come font ufficiale per la segnaletica della città di New York, riscoprendolo in modo più razionale e da li in avanti il carattere è identificato come una impronta tipica dello stile Italo-svizzero moderno all’estero: nel mondo del business sono in molti ad apprezzarne l’armonia, la modernità e la formalità tanto che Microsoft lo sceglie per il proprio logo e Apple per tutti i testi dell’interfaccia nei propri device dal 2007 al 2015: l’Helvetica padroneggia i device a risoluzione normale, l’Helvetica Neue (primo ridesign del 1983) per i device retina, a risoluzione maggiore. Nel 2015 l’avvicendamento con il nuovo font San Francisco.

Perché la nuova Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra
nel sito di Monotype è possibile, via browser, osservare gli stili e i tipi del nuovo Helvetica Now in azione, modulando in tempo reale la dimensione

Luci e ombre

Difficile, e a tratti presuntuoso, definire in poche righe il perché di un successo così ampio dell’Helvetica nel mercato, rispetto a molte altre font con, sulla carta, tutte le armi per vincere. L’Univers di Adrian Frutiger, ad esempio, riporta la stessa età dell’Helvetica con anche le stesse radici grafiche tratte dal Akzidenz Grotesk, ma in questo caso con una elaborazione più moderna e originale, specie in alcuni glifi come la “G” e la “Q” e proprio per questo suo aspetto reso una scelta volontaria da parte dei grafici, laddove l’Helvetica appare più trasparente e meno deciso.

Forse gli anni sessanta hanno dimostrato da una parte la voglia di ritorno a linee più classiche nel design, pur senza un radicale sconvolgimento della geometria di font come il Futura, che aveva spopolato nel mezzo secolo prima e che tanto aveva dato alla comunicazione tra le due guerre.

D’altra parte l’autorità dell’Helvetica è cresciuta in modo così esponenziale negli anni sessanta, sfruttando una composizione sempre più capace che spesso si è accostato il termine “Design” all’utilizzo originale del font, più che al suo intrinseco disegno, nel pensiero di chi scrive forse una delle più evidenti chiavi del successo.

Anche oggi la sua popolarità è tale per cui anche tra i non addetti ai lavori l’uso dell’Helvetica (o dell’Helvetica Neue tra i più capaci) è sinonimo di carattere “Normale”, al pari del New York Times, per la versione graziata.

Perché la nuova Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra
La finestra di definizione dello stile “Normale” all’interno di QuarkXPress, storico programma di impaginazione: il font predefinito è l’Helvetica

Ed è forse questo il suo aspetto più compromettente: l’uso e l’abuso di questo font, in una epoca nella quale il digitale ha democratizzato la conoscenza tipografica, rende spesso i grafici alla ricerca di soluzioni alternative, non fosse altro per evidenziare la propria identità: eppure l’uso resta massiccio per molti motivi, uno tra tutti è la psicologia intrinseca del messaggio.

L’Helvetica è così conosciuto, trasparente, comodo e versatile che ispira fiducia in chi lo vede e lo legge. È un carattere che non fa riflettere, che non si sovrappone tra il lettore e il messaggio, seguendo quello che è stato uno dei pensieri fondamentali per la tipografia del novecento e a tutt’oggi uno dei capisaldi della grafica, il pensiero di Stanley Morison enunciato nel testo del 1929 “First Principles of Typography” dove diceva tra le altre cose che “(…) l’arte della tipografia non è estetica se non accidentalmente”.

Una descrizione contraddittoria e discussa ancora oggi che ben si addice all’Helvetica, che presenta una totale assenza di grazie, “se non accidentalmente” in alcune lettere come la “R” o una geometria sobria, “se non accidentalmente” provocatoria come la lieve inclinazione della chiusura della lettera “c” e così via.

Helvetica​​ Now, la versione moderna e rivista del font Helvetica

L’Helvetica Now

L’Helvetica Now, che segue l’Helvetica Neue, restyling del del 1983, è una operazione che mira la comunicazione globale nelle sue fondamenta. Testi scolastici, tesi di laurea, libri di narrativa, manuali di istruzioni, lettering, loghi, interfacce grafiche per Desktop e mobile, grafica commerciale e persino i menu del ristorante o le insegne nella metropolitana o le targhe delle auto, tutto può cambiare da un momento all’altro e diventare, nell’idea dei nuovi eroi di Monotype, più chiaro e leggibile, più moderno e più ottimizzato, in modo che il messaggio passi più velocemente e con meno fatica del lettore.

Oppure ci accorgiamo che non è vero e che il redesign non è quello che sembrava, e allora d’un tratto quei tratti così trasparenti dell’Helvetica a cui eravamo abituati potrebbero apparire vecchi e frustranti e font come l’Univers e il Frutiger potrebbero avere una seconda, e sicuramente meritata, giovinezza al pari di soluzioni da sempre alternative come l’Arial (nato nel 1982 dalle mani di Robin Nicholas e Patricia Saunders e divenuto con il tempo identificativo del mondo Windows a causa delle scelte di stile, oggi discutibili, di Microsoft).

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Alcuni brand molto famosi che hanno scelto l’Helvetica come carattere per la propria identità (alterando o meno parti del lettering)

Le conseguenze? Emozioni diverse nella lettura, più fredde o più calde, più moderne o più tradizionali, più rassicuranti o più misteriose: i caratteri in fondo trasmettono questo nel loro design e più o meno tutti hanno la capacità di alterare l’estetica del messaggio tanto cara a Stanley Morison.

Pensate alla responsabilità che ha un quotidiano quando cambia font: i lettori possono apprezzare o meno e decidere di conseguenza di cambiare il valore della lettura. Questo può alterare l’informazione e il valore della nostra vita, l’elezione di un presidente o di un governo, la veridicità delle informazioni o la loro completezza, la capacità di catturare il messaggio da parte dei lettori o di fraintenderlo e così via.

Lo hanno capito molto bene i giganti del business, che negli ultimi dieci anni hanno preferito costruirsi i font in casa, adottando layout proprietari proprio per la capacità, capillare, di dirottare la fiducia dei consumatori a proprio vantaggio: alcuni esempi molto famosi sono il San Francisco di Apple, lo Youtube Sans e il Roboto di Google, Plex di IBM e TCCC per la Coca-Cola (no, non quello calligrafico, ma un Sans-serif).

Perché la nuova Helvetica Now è una rivoluzione molto più grande di quanto sembra
il sito web MyFonts.com, dove è possibile acquistare il carattere Helvetica now

Buona fortuna Helvetica Now

É chiaro che il destino di questo nuovo Helvetica Now è tutto da scrivere ma ben più complesso da capire di altri font più o meno fortunati.

Nei primi confronti che abbiamo potuto fare usando Adobe Illustrator e lo stile gratuito Helvetica Now Display XBlack abbiamo notato subito una maggiore concentrazione degli spazi (tipica della tipografia moderna) e sostanzialmente un ritocco di alcuni dettagli, mantenendo però inalterata l’impronta originale (perlomeno quella del 1983, chiamata Neue) ma è chiaro che servirà tempo, forse moltissimo tempo (considerato anche il numero di copie in circolazione) affinché questa nuova versione si affermi.

Di buono c’è che ogni glifo dell’Helvetica Now propone varianti interessanti al suo interno, lasciando al designer un ampio spettro di libertà e personalizzazione dell’opera che con le versioni di Helvetica e Helvetica Neue mancavano.

Se potessimo offrire un suggerimento a chi ci legge, cosa non richiesta, sarebbe quello di approfittare di questa Helvetica Now e di acquistarla subito nella sua interezza e di usarla da oggi in tutti i progetti laddove sino a ieri avremmo usato l’Helvetica.

Questo può mantenere tutti i benefici offerti negli anni dall’Helvetica, con però una impronta nuova, sottile e indefinita ai più, che ravviva un design consolidato senza stravolgerlo e dando allo stesso tempo quella trasparente ed efficace personalità che con il tempo si è forse persa nell’abuso di più o meno tutti.

Ci vediamo tra venti o trent’anni in queste pagine per capire se avevamo ragione: nel frattempo, a chi ne vuole sapere di più consigliamo il DVD Helvetica, disponibile (in lingua inglese) su Amazon.it.

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