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Il fitness è solo la punta dell’iceberg: l’iWatch sarà molto di più

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Ci sarà un app store o una sezione di App store tutta dedicata ad iWatch? Per ora è presto per dirlo, ma secondo Reuters, che recentemente è entrato in contatto con le consuete “persone informate sui fatti”, creare uno schema simile a quello che ha fatto la fortuna di iPhone, sarebbe una delle priorità di Apple.

In base a quanto ha appreso l’agenzia di stampa, la produzione di iWatch sarà seguita dal lancio di un programma di sviluppo, per attirare aziende interessate a valorizzarne l’ecosistema. Grazie ai sensori e all’innovatività dell’hardware, infatti, il dispositivo potrebbe essere applicato a numerosi contesti, dando vita a servizi che farebbero da volano alla sua adozione. L’esempio è appunto quello di iPhone che viene vive simbioticamente con l’universo delle app che in un tempo fanno vendere l’hardware e godono della sua visibilità.

L’hardware iWatch, per questa ragione, dovrà essere molto innovativo. A creare qualche cosa di mai visto servirebbe la poderosa colletta di cervelli messa in campo da Apple, il reclutamento di persone talentuose quali Marcelo Lamego, Ravi Narasimhan, Nima Ferdosi, Alexander Chan, Nancy Dougherty e Divya Nag, ciascuno con precedenti ed importanti esperienze presso aziende operano (o operavano) nel settore, sviluppando tecnologie biometriche e sensori adibiti al monitoraggio delle attività vitali.

Che iWatch non sia solo un prodotto per il fitness è abbastanza intuibile dalle mosse attuate nel corso delle passate settimane da Apple, ma la conferma arriva anche  dai summit che Apple ha tenuto con i funzionari della FDA (Food and Drug Administration); l’ente americano che si occupa, tra le altre cose, di regolare il mercato dei farmaci e dei prodotti medicali, nell’autunno del 2013 ha annunciato che si sarebbe concentrata sulla regolazione delle applicazioni che tentano di trasformare uno smartphone in un dispositivo medico o che sono destinati ad essere utilizzati come accessorio da affiancare ad un dispositivo medico regolamentato. Si tratterebbero di dispositivi “importanti”, in grado ad esempio di misurare la funzione polmonare o analizzare le urine: nulla a che vedere con il Nike FuelBand (tanto per citare un esempio) che è in grado di monitorare il numero dei passi eseguiti, ma non offre raccomandazioni mediche, al contrario di quel che potrebbe fare iWatch.

Apple con la sua smartband sarà di fronte ad una sfida davvero molto importante. Non solo si tratta del primo vero prodotto dell’era Tim Cook, una sfida sulla quale il CEO si gioca certamente una buona parte del suo futuro al comando di Cupertino, ma è anche un dispositivo che entra in una nicchia dove fino ad oggi non si vede nè un vincitore nè, soprattutto, una grande passione da parte di clienti. Tutti i dispositivi indossabili immessi sul mercato, stando a quanto emerso attraverso un recente report, un terzo è finito nel cassetto entro sei mesi; tra le principali cause di questa scelta emergono la durata della batteria, lo stile, l’effettiva utilità e la rilevanza in campo medico.

Apple deve quindi inventare un dispositivo che dovrà essere in grado di offrire molto di più delle semplici funzioni presenti negli smartwatch della concorrenza ed è obbligata a sorprendere come ha fatto nel 2007 con l’iPhone, reinterpretando un canone che per ora suona stonato e del quale nessuno è ancora riuscito ad immaginare la giusta… armonia. Con iPhone Apple ha messo nelle mani della gente qualche cosa di cui fino a quel momento nessuno aveva sentito l’esigenza, obbligando però tutti a desiderarne uno. Riuscirà a fare lo stesso con iWatch?

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