Un’opera teatrale, ma incalzante, con un taglio decisamente cinematografico. David Fincher definiva così il film su Jobs in una delle email che aveva scambiato con lo sceneggiatore, Aaron Sorkin e con i responsabili della produzione. Il messaggio di posta elettronica, reso noto da The Verge, è uno dei molti che gli hackers hanno rubato dai server di Sony che in quel momento, prima di passare la mano a Universal, stava lavorando all’allestimento della pellicola e prima che lo stesso Fincher rinunciasse all’incarico di regia, senza avere raggiunto un accordo sull’anticipo (10 milioni di dollari) e il pieno controllo sul marketing.
«La sceneggiatura è grande. È un’opera teatrale, ma molto veloce, davvero cinematografica – scriveva un Fincher apparentemente entusiasta – penso che dovrete lavorare sul cast e fare una accurata preparazione (per un paio di mesi), poi girare molto rapidamente (4 o 5 settimane, 8 giorni per ogni scena principale)». Il riferimento all’opera quasi teatrale deriva dalla struttura della sceneggiatura che impernierà il film su tre momenti principali: la presentazione del Mac, quella di NeXT e quella di iPod e il tutto in tempo reale. Una trama che non imporrà grandi difficoltà logistiche, infatti lo stesso Sorkin in una differente mail, anche questa sottratta dai server Sony, parla di «due auditorium (uno dovrebbe essere la Symphony Hall di San Francisco dove Jobs tenne la presentazione del NeXT, NDR), un ristorante e un garage».
Per rendere il tutto efficace, dice ancora Fincher «si dovrà spendere tempo nel montaggio». Poi il regista si chiede: «riuscirà Sony a spingere sul mercato un “one man show”?» e poi ancora «riuscirete a far sì che il nuovo Lenny diventi qualche cosa da vedere assolutamente?». Il riferimento è a Lenny, un film biografico sull’attore Lenny Bruce, interpretato da Dustin Hoffman e tratto da una piece teatrale.
Ma se da una parte Fincher si entusiasmava, dall’altra Sony aveva difficoltà a trattare con lui, che pretendeva cose che la casa di produzione non sembrava disposta a concedergli, come testimonia ancora una mail di Sorkin: «non so perchè sia in questo modo – scriveva lo sceneggiatore a Sony Pictures riferendosi all’atteggiamento di Fincher – come non so perchè Jobs fosse quel che era. So che voi avete altre cose da fare e potreste semplicemente abbandonare il progetto. ma qui siamo di fronte ad un possibile grande successo».
Sorkin aveva dalla sua l’approvazione anche di Walter Isaacson, sul cui libro si basa la sceneggiatura e che l’aveva letta e scriveva in una differente mail: «lo script è assolutamente eccezionale. Mi è scesa una lacrima alla fine, sono stato commosso dall’arco narrativo e dallo stupendo finale. Mi ha colpito la battuta: “no, non c’è niente da fare: non è mia figlia”», un riferimento al rifiuto di Jobs a riconoscere Lisa come sua figlia. Ricordiamo che nelle intenzioni di Sorkin il personaggio femminile principale del film, dovrebbe proprio essere la figlia: Lisa Brennan Jobs, che prima il fondatore di Apple rifiutò, poi accettò, al punto di essere stata nell’ultima parte della sua vita, parte integrante della sua famiglia.
In risposta a questa mail di Isaacson, Sorkin rispondeva soddisfatto ai produttori: «benissimo. Questa approvazione era quello che volevo più di ogni altra cosa»