I sistemi operativi sono una cosa difficile. Molto difficile. Anzi, estremamente difficile: alla fine che abbiamo avuto successo e siano sopravvissuti alla prova del tempo ce ne sono in tutto una mezza dozzina a malapena.
L’azienda un tempo conosciuta come Facebook, cioè Meta Platform, ha annunciato che sospende lo sviluppo del suo nuovo sistema operativo che sarebbe stato il motore per gli apparecchi a realtà aumentata e virtuale del futuro (dagli occhiali in poi, per intendersi) e si rivolge invece a una versione customizzata e open source di Android di Google, che poi è già utilizzata attualmente sugli Oculus Quest VR. La scelta di portare avanti VROS (come viene chiamato internamente il sistema operativo) è dettata dalla difficoltà di creare un sistema operativo valido. Ma Facebook non è stata l’unica azienda ad affrontare questo tipo di problema in tempo recenti e per obiettivi non dissimili.
Il sistema operativo del futuro
Quando Steve Jobs stava cominciando a disegnare il futuro di iPhone, e anche di iPad come sappiamo, era evidente che sarebbe servito un sistema operativo capace di fare cose anche molto complesse. L’azienda, cioè Jobs, aveva in mente di giocare una partita di lungo periodo nella quale sarebbero nati tanti apparecchi (e infatti oggi abbiamo anche orologi, Apple Tv, oltre a iPhone e iPad di varia forma e foggia, senza contare macOS per Apple Silicon, ma quest’ultimo è un altro discorso) e quindi serviva un sistema operativo valido. La situazione è molto simile a quella che si trova ad affrontare oggi Facebook: gettare le fondamenta del futuro, dei prossimi dieci-vent’anni. Ammesso che vinca la partita della realtà aumentata e virtuale, o mixata o come diavolo la volete chiamare.
Storia dei due team di Apple
Cosa fece Apple? Steve Jobs aveva due strade: poteva “ridurre” macOS (che all’epoca si chiamava Mac OS X) e portarlo alla scala dell’iPhone, quindi con molta meno potenza ed energia, oppure poteva far crescere il sistema operativo dell’iPod, all’epoca grandissimo successo che però era poco più di un firmware e che ne aveva di strada da fare per diventare un verso sistema operativo.
Jobs creò due team: uno guidato dal suo delfino Scott Forstall, che aveva l’incarico di togliere tutto quello che non serviva da Unix/Mac OS X e trasformarlo in iPhoneOS. L’altro, guidato da Tony Fadell, che voleva far crescere il piccolo sistema operativo di iPod in una distribuzione di Linux, praticamente un sistema embedded “potenziato” con una interfaccia dedicata. Era il 2004-2005, i due team si misero al lavoro con un numero limitato di ingegneri, e fecero scintille.
La guerra dei due fiori
Per quasi due anni i due team si fecero la guerra intanto che cercavano di arrivare al massimo dei risultati possibile. Una grande fatica, competizione, litigate continue, caccia ai migliori ingegneri all’interno dell’azienda, continue dimostrazioni a Jobs per far vedere che i risultati di ciascun team erano straordinari e superiori a quelli della concorrenza.
Non è una novità nelle aziende creare questo tipo di competizione interna e sicuramente ha lo scopo di aumentare l’innovazione interna in maniera “artificiale”, mantenendo una mentalità da startup, anziché entrare in conflitto con la burocrazia e seguire delle decisioni di tipo “ministeriale” tipiche delle grandi organizzazioni. Non sempre funziona, ma nel caso di Apple ha funzionato in maniera spettacolare.
La vittoria di Scott Forstall
A prescindere da quanto fosse già stata pensata dallo stesso Steve Jobs, la vittoria del “team Mac” rispetto al concorrente “team iPod” cambiò gli assetti di Apple in maniera definitiva. Forstall, per dirne una, emerse come il delfino di Steve Jobs (mentre Tony Fadell, che a 36 anni era stato il più giovane vicepresidente nella storia dell’azienda, entrava in una traiettoria che l’avrebbe portato ad abbandonare l’azienda per creare Nest) e poi apparve evidente che la strategia post-PC di Apple sarebbe stata basata su una comunità di kernel e funzioni di base con il Mac.
Questo si è rivelato straordinariamente strategico sia quando l’iPhone e l’iPad sono cresciuti sino a diventare veri computer, sia quando si è cominciato a pensare che anche il Mac doveva migrare sugli stessi processori fatti in casa. Se avesse vinto Fadell, probabilmente il Mac avrebbe cambiato “cuore” e sarebbe passato a un approccio basato su Linux.
L’errore probabile di Facebook
Dopo tutto questo discorso, ecco perché possiamo dire che con tutta probabilità Facebook ha fatto un grossissimo errore che pagherà nel tempo in maniera molto salata. Abbozzare lo sviluppo di un suo sistema operativo vuol dire ridurre i rischi certo. La possibilità di fallire infatti è enorme: Apple stessa ci aveva messo quasi dieci anni, nei novanta, prima di trovare una soluzione che poi è stata quella di comprarsi la NeXT di Steve Jobs con quel NeXTStep che adesso è il cuore di macOS e tutto il resto progettato da Apple.
Ma non riuscirci vuol dire restare alle mercé di Android, e quindi di Google, e di un sistema operativo che ha forti difficoltà a scalare oltre ad avere alcune scelte architetturali che è praticamente impossibile cambiare adesso e che lo rendono molto meno ottimizzato per il tipo di architettura e processore utilizzato di quanto non sia un sistema proprietario.
Cosa succederà adesso? Facebook si concentrerà sullo sviluppo di applicazioni e hardware, contando sulla facilità con la quale gli sviluppatori potranno utilizzare una serie di librerie e funzioni tipiche del mondo Android e, dall’altro lato, poter accedere a una serie di processori molto ampia senza dover pagare lo scotto di riscrivere il sistema operativo per ambienti nuovi.
Attenzione, non c’è una dipendenza “diretta” da Android, non stiamo parlando dell’interfaccia, ma tutto lo sviluppo del sistema è comunque vincolato a una architettura e a una strategia che, nonostante il fork effettuato da Facebook e prima di lei da Oculus, offre delle opportunità ma fa pagare anche dei prezzi molto forti in termini di autonomia e libertà di sperimentare e sviluppare lungo strade nuove.
Potrebbe cioè essere il più grande errore strategico di Facebook, sino a questo momento.