Facebook è stata citata in giudizio negli USA per la pubblicazione di falsi “mi piace”. Anthony Ditirro ha scelto di ricorrere a una class action contro il social network per i “mi piace” mostrati a suoi amici su prodotti e servizi per i quali dice di non aver mai cliccato sul bottone in questione.
Ditirro si è accorto del problema quando un suo amico ha commentato il suo presunto “Mi piace” per USA Today. Anche se Ditirro ha dichiarato di non avere nulla contro il giornale, afferma anche di non essere mai stato un “avido lettore” e di non voler essere così un testimonial involontario della testata. La denuncia sfrutta una peculiarità delle leggi californiane che consente di chiedere 750 dollari o più in danni per l’uso della propria immagine senza permesso, reato previsto anche da altre leggi federali relative alla privacy e ai doveri dei pubblicitari. Un portavoce di Facebook ha dichiarato che “La denuncia è senza merito e ci difenderemo vigorosamente”.
Qualche settimana addietro il social network è stato accusato di monitorare i messaggi privati dei suoi utenti e di vendere i relativi dati agli inserzionisti. Secondo due utenti statunitensi, Matthew Campbell dall’Arkansas e Michael Hurley dall’Oregon, quando un utente condivide un collegamento a un altro sito Internet tramite un messaggio privato, l’informazione viene registrata dal gruppo contribuendo a creare il profilo dell’attività sul web del mittente. I due si sono rivolti a uno studio legale che ha preparato un’azione collettiva in nome e per conto di tutti gli utenti di Facebook negli Stati Uniti che condividono link con amici usando messaggi privati.