Facebook è, già da tempo, nell’occhio del ciclone e non solo a causa del discutibile trattamento dei dati personali da parte del colosso dei social network. Una sentenza statunitense emessa a metà gennaio obbliga ora l’azienda social a pubblicare entro pochi giorni documenti interni contenenti indicazioni relative alla gestione dei cosiddetti giochi “Free to Play”.
Già nel 2012, numerosi genitori avevano citato in giudizio il gigante in un processo esemplare. Giocando su Facebook e acquistando inconsapevolmente accessori di gioco a pagamento, i figli avevano genrato addebiti per migliaia di dollari (in un caso addirittura oltre 6.000) sulle carte di credito dei genitori, registrati sulla piattaforma social. L’azienda ha però ripetutamente rifiutato il risarcimento di tali spese, ritenendo i genitori unici responsabili dell’accaduto. La pubblicazione forzosa dei documenti da parte di Facebook dà accesso per la prima volta a informazioni sulla prassi contestata.
Nonostante la linea generale tenuta da Facebook, gli impiegati dell’azienda sembrano parlare un’altra lingua. Secondo quanto riportato da Reveal News, un impiegato avrebbe espresso la propria preoccupazione per il fatto che «Per i minorenni non è necessariamente riconoscibile che acquistare oggetti nei giochi corrisponda a spendere denaro reale». Inoltre, gli utenti che generano introiti notevoli tramite acquisti in-app, verrebbero definiti “Whales” (“Balene”, in italiano), termine utilizzato nell’ambito del gioco d’azzardo per indicare i giocatori che spiccano per il loro spreco di denaro tramite puntate alte e costanti, che però fruttano ai casinò elevati guadagni ricorrenti.
Il fatto che, nel caso dei giochi di Facebook, tra i gamer figurassero minorenni non o solo parzialmente in grado di riconoscere e condurre transazioni economiche consapevolmente, sembra non disturbare affatto l’azienda che ha sempre rifiutato qualunque rimborso richiestole, adducendo come motivazione che monitorare le attività dei figli spetti esclusivamente ai genitori. Il processo ai tempi si concluse con un accordo. Nel corso degli anni sono stati diversi i casi, trattati anche dai media, in cui bambini in giovane età hanno cagionato in pochissimo tempo danni economici consistenti giocando a questi giochi.
Stufi delle brutte sorprese?
- Controllate i giochi di cui si avvalgono i vostri figli verificando se consentono acquisti in-app.
- Quando installate una nuova applicazione, fate in modo che i vostri figli non vedano la vostra password di accesso al marketplace quando la inserite.
- Non salvate le credenziali delle vostre carte di credito sui social network e qualora non fosse possibile, utilizzate carte Prepaid, così da poter limitare il danno.
- Trattate l’argomento con i vostri figli, spiegando con chiarezza che gli accessori di gioco hanno un costo reale.
- Verificate le voci che compaiono nelle vostre ricevute bancarie e prestate attenzione alle mail con eventuali informazioni su acquisti o download, in questo modo potete intervenire più rapidamente e limitare il danno.