Facebook ha assunto una società di PR per screditare i concorrenti, finanziando la pubblicazione di articoli negativi su Apple e Google. È quanto emerso da una recente indagine di CNBC, secondo la quale un’azienda di Washington che si occupa di pubbliche relazioni – su specifica richiesta del social network blu – avrebbe pubblicato decine di articoli criticando le pratiche commerciali dei due colossi hi-tech, promovendo l’idea che il finanziere George Soros fosse a capo di un movimento anti-Facebook.
La richiesta di Facebook sarebbe stata effettuata nel tentativo di smorzare l’impatto negativo generato dal caso di Cambridge Analytica, vicenda che aveva fatto emergere un mancato controllo sulla privacy degli utenti, tanto da permettere di usare illegalmente più di 50 milioni di profili Facebook per influenzare le elezioni americane.
La società di Zuckerberg avrebbe cioè tentato di influenzare l’opinione pubblica spostando l’attenzione o almeno parte di essa sui propri rivali, di fatto chiedendo alla società di Washington (Definers Public Affairs) di pubblicare contenuti negativi sui concorrenti e positivi riguardo Facebook. Tra le operazioni descritte, NTK Network – testata giornalistica seguita principalmente da utenti politicamente conservatori affiliata con la società di cui sopra – avrebbe pubblicato una serie di articoli che condannavano Apple e Google per pratiche commerciali scorrette, diversi di questi ritenendo Apple ipocrita nel criticare Facebook mentre lei stessa raccoglieva i dati dei propri utenti.
A tal proposito un lungo articolo del New York Times descrive in che modo sono stati gestiti in Facebook i vari scandali che hanno consentito la diffusione dei dati personali degli utenti. Uno di questi aneddoti mette in luce le tensioni tra Apple e Facebook, in particolare tra i due CEO.
A marzo di quest’anno l’amministratore delegato di Apple in una intervista rilasciata a Msnbc, aveva spiegato che l’azienda da lui diretta ha una enorme considerazione della privacy dei suoi clienti e di ritenere che dovrebbero essere predisposte regole stringenti per aziende come Facebook quando si tratta di raccogliere enormi quantità di dati per creare profili dettagliati che consentono di conoscere informazioni di tutti i tipi sugli utenti.
Alla domanda che cosa avrebbe fatto se fosse stato al posto di Zuckerberg (alle prese con problemi di varo tipo sul fonte privacy), la stoccata: «Non mi sarei potuto trovare in quella situazione», riferendosi ovviamente al fatto che Apple non potrebbe mai collocare il suo CEO in quella stessa posizione. L’utente per Apple non è un prodotto, «Non facciamo soldi vendendo i dati degli utenti. La privacy è un diritto umano, un diritto civile. Potremmo fare soldi a palate vendendo i dati degli utenti se questi fossero i nostri prodotti. Non abbiamo intenzione di trafficare nella vita privata degli utenti».
Questa critica a quanto pare avrebbe fatto infuriare Zuckerberg tanto da arrivare a richiedere al suo team di usare solo smartphone Android, con il pretesto che il sistema operativo di Google ha più utenti rispetto all’iPhone. A fine ottobre Facebook ha riacceso il dibattito, evidenziando che con WhatsApp difende la privacy e non sfrutta server collocati in Cina.
Recentemente Cook ha nuovamente attaccato Faceebook indirettamente; nel suo discorso tenuto a Bruxelles il 24 ottobre ha parlato di “Dati personali usati come armi contro di noi” facendo riferimento ad “aziende senza scrupolo” che raccolgono dati degli utenti in modo indiscriminato.