Cala il mistero sul suicidio di un ex ricercatore dipendente di OpenAI, noto per aver denunciato l’azienda leader nell’intelligenza artificiale AI, trovato privo di vita ad appena 26 anni nel suo appartamento di Buchanan Street in San Francisco.
Suchir Balaji, questo il nome della vittima, è stato ritrovato dalla polizia di San Francisco, che era intervenuta sul luogo, un appartamento a Lower Haight, rispondendo a una richiesta di verifica delle sue condizioni.
L’ufficio del medico legale ha stabilito che si è trattato di suicidio, e la polizia ha dichiarato che “al momento non ci sono prove di un atto criminale”.
Le informazioni in possesso di Balaji erano considerate cruciali per le cause legali intentate contro OpenAI e la sua morte arriva tre mesi dopo che lo stesso aveva accusato pubblicamente OpenAI di violare le leggi sul copyright negli Stati Uniti nello sviluppo di ChatGPT.
Da suo rilascio pubblico alla fine del 2022, ChatGPT è stato al centro di una serie di cause legali, intentate da scrittori, programmatori e giornalisti che sostengono che la società abbia utilizzato illecitamente materiale protetto da copyright per addestrare la piattaforma, che è riuscita ad incrementare il suo valore fino a superare i 150 miliardi di dollari.
Tra i querelanti, oltre a numerosi autori e testate giornalistiche, figurano The Mercury News e altri sette quotidiani del gruppo, oltre al New York Times. In un’intervista rilasciata proprio al New York Times il 23 ottobre, Balaji aveva dichiarato che OpenAI stava danneggiando imprese e imprenditori, i cui dati erano stati usati per addestrare ChatGPT.
Balaji, cresciuto a Cupertino, aveva studiato informatica all’Università della California, Berkeley e proprio durante gli anni accademici, aveva abbracciato il potenziale dell’intelligenza artificiale, credendo che potesse portare benefici, come curare malattie e combattere l’invecchiamento, secondo quanto riportato dal Times.
Tuttavia, la sua visione si era deteriorata nel 2022, due anni dopo essere entrato in OpenAI come ricercatore. Era particolarmente preoccupato per il compito assegnatogli: raccogliere dati da internet per il programma GPT-4, che analizzava testi quasi da tutto il web per addestrare l’intelligenza artificiale.
Alla fine di ottobre, Balaji aveva pubblicato un’analisi sul suo sito personale, sostenendo che ChatGPT non rispettava i principi del “fair use”, ossia l’insieme di normative che regolano l’utilizzo di opere pubblicate per i dati di addestramento. Al momento, interpellata dalla stampa, la madre di Balaji ha chiesto privacy per affrontare il lutto. Tramite un rapido post su X anche Elon Musk sembra sollevare dubbi sulla vicenda.
— Elon Musk (@elonmusk) December 14, 2024
Un testimone importante
In una lettera presentata il 18 novembre a un tribunale federale, gli avvocati del New York Times avevano citato Balaji come persona in possesso di “documenti unici e rilevanti” a sostegno del caso contro OpenAI. Era uno dei 12 individui — tra ex e attuali dipendenti di OpenAI — nominati negli atti come detentori di informazioni utili in vista delle deposizioni.
OpenAI, dal canto suo, ha naturalmente respinto ogni addebito nelle cause intentate contro la piattaforma, sottolineando come tutte le sue attività di addestramento rientrino e rispettino perfettamente il “fair use”.
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