Barney Jones, un dirigente che ha lavorato per Google dal 2002 al 2004, accusa la grande “G” di non pagare tasse nel Regno Unito usando alcuni trucchi fiscali. A dimostrazione delle sue accuse, ha pronte 100mila mail che dimostrerebbero la condotta “immorale” della società per la quale lavorava. Il trucco è noto e consiste nel “dirottare” i guadagni attraverso l’Irlanda (paese nel quale le imposte sono il 12,5% in meno rispetto all’UK) e in paradisi fiscali come Bermuda. Alcuni giorni addietro il vicepresidente di Google Matt Brittin è stato accusato dalla commissione della Camera dei Comuni che si occupa tra le altre cose, anche di evasione fiscale.
Lo scorso anno Google ha realizzato in Gran Bretagna utili per 3 miliardi di sterline e ha versato al fisco 7,3 milioni di sterline. Jones ha affermato che quando lavorava per Google ha siglato con aziende britanniche di alto livello numerosi contratti per la vendita di spazi pubblicitari. Il corrispettivo era pagato in sterline su banche britanniche, anche se tecnicamente i contratti erano portati a termine e sottoscritti dai dirigenti della filiale irlandese di Dublino.
A detta del top manager della società, in Europa la pubblicità è venduta e contabilizzata dalla sede irlandese di Dublino, una versione che alcune inchieste hanno rivelato essere non veritiera. La presidente della commissione, Margaret Hodge, ha ricordato a Brittin che il comportamento potrebbe avere conseguenze molto gravi. “Agite in malafede e usate fumo e specchi per evitare di pagare le tasse», ha detto la deputata rivolgendosi al vicepresidente.
Eric Schmidt, presidente di Google, ha respinto le accuse affermando che la sua azienda paga quanto previsto dalle leggi locali. A Forbes, Schmidt ha dichiarato: “Sono i parlamentari che fanno le leggi. Noi ci limitiamo a rispettarle. Se l’attuale legislazione in materia di tasse sul reddito delle persone giuridiche non soddisfa il parlamento, non devono far altro che cambiarla”.