Dopo aver speso circa 200 milioni di dollari per acquisire Topsy, il miglior strumento di analisi delle conversazioni su Twitter al tempo disponibile, Apple non ha mai svelato per quali ragioni decise di acquisire il servizio nel 2013, successivamente chiuso da poco.
Secondo Aaron Hayes-Roth, un ex dirigente di Topsy l’acquisizione non aveva nulla a che fare con Twitter: il vero scopo di Apple sarebbe quello di rilasciare prima o poi una funzionalità di ricerca per fare concorrenza a Google.
La caratteristica principale di Topsy era la sua architettura e il framework estremamente veloce, e le funzionalità di ricerca e indicizzazione eminentemente scalabili; queste secondo Hayes-Roth sono le funzioni che interessavano ad Apple e il fatto che Topsy le applicasse a Twitter era solamente una pura circostanza nel contesto dell’acquisizione.
Per questo motivo Apple avrebbe acquistato Topsy semplicemente per potenziare le funzioni di Spotlight da mobile: l’obbiettivo è quello di slegare le attività di ricerca dalla navigazione e di spostarle direttamente sul sistema operativo, su Spotlight in questo caso, offrendo agli utenti un’alternativa valida, efficace e soprattutto diversa da Google.
Così facendo Apple potrebbe mettere un piede anche nel mercato della pubblicità legata alle ricerche, ad oggi dominato in maniera inequivocabile da Google. “Ora prendete il vostro dispositivo iOS. Scorrere verso sinistra. Digitare il primo termine di ricerca che vi viene in mente. E date un’occhiata ai risultati consegnati immediatamente dal web, da Wikipedia, il contenuto memorizzato del telefono e i dati all’interno tutte le applicazioni. Nel 2013, i risultati sarebbero stati semplicemente un elenco di corrispondenze dei nomi di app e contatti – commenta Hayes-Roth – Apple e Topsy hanno appena estrapolato la barra di ricerca di Google dal vostro processo di ricerca. L’accordo su Topsy non è mai stato legato a Twitter ma era per un segnale a Google.”
Altri indizi rendono credibile la teoria dell’ex dirigente di Topsy, come ad esempio il fatto che esista un Apple bot, un crawler (del tutto simile ai crawler usati dai motori di ricerca) che si preoccupa di scandagliare il web per classificare le pagine e restituirle via Siri o Spotlight.
Insomma, se le speculazioni fossero vere, presto Apple potrebbe dare del filo da torcere a Google anche nel mercato delle ricerche web.