Gli ultimi Keynote di Apple sono stati caratterizzati da una alternanza degli oratori che ha spesso voluto sottileneare come nell’azienda ci siano pari opportunità per genere o origine etnica e così il numero di donne a salire sul palco è stato sapientemente dosato in alternanza ai vari manager a capo dei dipartimenti dell’azienda, ma il dirigente donna con l’incarico più importante in Apple nel campo ambientale non era mai salita sul palco di un keynote dedicato alla presentazione di prodotto.
L’annuncio del keynote Apple del 12 Settembre, ancorchè passato in secondo piano nella sequenza di notizie strettamente tecniche, confronti sui prezzi e discussioni sui sensori, non riguardava soltanto il traguardo raggiunto nell’aprile del 2018 di una Apple basata al 100% sulle energie rinnovabili ma sugli enormi passi fatti nelle direzione di non dipendere più dall’estrazione di nuovi materiali per realizzare i propri prodotti. L’uso di prodotti riciclati, recuperati da dispositivi dismessi o di origine biologica non solo rende la realizzazione più sostenibile ma incrementa la facilità di riciclo a fine vita.
Stagno, Plastica, Economia circolare interna
Ci sono tre settori in cui Apple sta facendo progressi, il primo è il progressivo abbandono o l’uso responsabile di metalli provenienti da estrazione: ad esempiol’uso di stagno riciclato sulla piastra madre di iPhone XS corrisponde al risparmio di 10.000 tonnellate di stagno per anno che non sarà estratto dalle miniere di Indonesia, Malesia, Bolivia, Cina e Nigeria e di cui comunque c’è scarsità sul nostro pianeta.
Il secondo è l’uso di bioplastiche e plastiche riciclate nel confezionamento dei prodotti e infine il terzo è recupero dei prodotti a fine vita per il riciclaggio delle parti e dei materiali con l’iniziativa Apple GiveBack magari da dare in pasto a Daisy, il braccio robotico in grado di disassemblare 9 modelli di iPhone senza intervento umano.
Questo tipo di iniziative si basano su un modello di processo produttivo che in italiano possiamo chiamare “catena di fornitura a circuito chiuso” e che crea valore da una parte nell’efficienza nella gestione dei resi e nel ridurre materiali e impatto ambientale con la riutilizzazione e nel riciclo.
E sicuramente se c’è un merito da assegnare a Tim Cook nell’evoluzione della Apple che sta guidando è sicuramente questa attenzione ad un aspetto della produzione e della commercializzazione dei beni che nell’era Jobs era informazione più o meno secondaria mentre oggi diventa un pilastro dell’efficienza di una azienda sotto tutti gli aspetti.
La direzione è merito dell’attenzione consolidata di Cook a tutti gli aspetti della catena produttiva derivante dalla sua storia all’interno dell’azienda ma anche della visione portata da Lisa Jackson fin dal suo ingresso in Apple nel 2013 dopo il suo mandato di quattro anni a capo di E.P.A. (Agenzia per la protezione Ambientale USA) sotto l’amministrazione Obama.
Non sappiamo quanto delle iniziative di Apple nel campo della sostenibilità siano arrivate direttamente dalla dirigenza o figlie di iniziative interne degli ingegneri di processo ma per portare un’azienda di queste dimensioni ad una tale risultato ci vuole una chiara visione e negli ultimi mesi le iniziative si sono moltiplicate: visto che il 77% l’impronta ambientale dell’azienda è nella catena di fornitura Cupertino ha studiato anche iniziative di “compensazione” in collaborazione con i fornitori e così oltre ad essere all 100% “green” nei processi interni Apple punta ad ridurre di un terzo l’impronta per il 2020 investendo in 4.000 megawatt di energia pulita e azzerarla completamente intorno al 2026.
Quale altra azienda tecnologica di queste dimensioni ha una visione così a tutto campo e sopratutto tali risultati da comunicare?
La durata del prodotto e l’economia circolare esterna
Jackson ha sottolineato un altro aspetto che è ben noto a chi possiede un prodotto Apple di prima, seconda o terza mano: i prodotti Apple durano di più e questo alimenta l’economia circolare che è indipendente dai processi commerciali di cupertino ma dipende fortemente nella determinazione dei prezzi e dei valori.
Cosi’ quando discutiamo dei prezzi dei nuovi iPhone e ci stupiamo di quanto lievitino di anno in anno chiediamoci anche come funziona a cascata tutto l’ecosistema commerciale, dalla riprotezione o rivalorizzazione dei prodotti presso rivenditori e canali distributivi e dal valore di un iPhone usato ancora efficiente e spendibile facilmente come contributo per un upgrade sul mercato dell’usato o delle aziende che controllano, sistemano e rivendono apparecchi ricondizionati.
Quelle due parole dietro la vicepresidente di Apple durante il keynote “Lasts Longer” non sono uno slogan, sono un dato di fatto inconfutabile e sono la somma delle azioni che abbiamo visto prima: l’uso di materiale riciclato e il recupero del prodotto a fine ciclo ma in mezzo ci sta quel “dura più a lungo” che pur sembrando l’antitesi della filosofia consumistica diventa per Apple un incentivo alla crescita del suo ecosistema che non a caso cresce relativamente di più nei servizi che nel numero di telefoni venduti.
Se un telefono dura più a lungo avrà nella sua vita non un solo proprietario, ma più proprietari che andranno ad ingrandire la platea degli utenti Apple e ad allargare la tipologia di utenza: da coloro che cercano l’ultima novità tecnologica a quelli che cercano un apparecchio di prezzo medio basso che semplicemente funziona bene o riceve aggiornamenti di sicurezza a cinque anni dalla sua uscita sul mercato.
Alla fine della giostra in un mercato ormai tendente alla staticità giocare sulla sostenibilità, sulla durata del prodotto può sembrare una strategia rischiosa ma Apple ha dalla sua tutta una serie di servizi con Apple Music e perchè no, di prodotti come Apple Watch che hanno bisogno semplicemente di un iPhone anche economico, anche di terza mano per funzionare.
E se non è innovazione questa…