Immaginate di essere bambini, è il vostro compleanno, i vostri genitori hanno organizzato la festicciola con tutti i vostri amici, incluso quell’antipatico che fa il filo alla ragazza che vi piace. Il pezzo forte per fare bella figura? Lo spettacolo di magia. Non un mago, ma una intera equipe, dei veri saltimbanchi, dei David Copperfield per minori, che da due decenni fanno esplodere le platee di mezzo mondo.
Solo che Tim Cook and the flying Circus non volano più. Il vecchio impresario e mattatore di scena, un animale da palcoscenico, non c’è più, è passato a miglior vita. Il suo gruppo si è spezzettato. Alcune rocce sono rimaste, altri sono rimasti tritati dall’intensa competizione. E mentre il nuovo impresario è una macchina da guerra capace di organizzare serate su serate, ha anche portato sul palco una serie di volti ignoti che la metà basterebbe.
Soprattutto però è uno spettacolo di magia. Ma i bambini delle altre serate mettono su dei gruppi su Facebook e Whatsapp per dire prima quali saranno i giochi e quali i trucchi, cosa verrà raccontato e come. Unisci questo assieme alla folla di perfetti sconosciuti e a una logorrea senza pari, priva di senso del ritmo o di capacità di di stare sul palco (che è un talento, o ce l’hai oppure no, come l’orecchio assoluto), senza una briciola di storytelling e di pathos, insomma, e neanche la necessaria gravitas che permette poi di far ridere leggeri. Insomma, un disastro.
Cosa direste ai vostri genitori? E ai vostri amici? E alla ragazzina carina che vi piace tanto che se ne va con il bullo, mentre voi rimanete come Popeye senza spinaci, totalmente spompato.
Apple è qua, in questa zona. Fa tutte le cose giuste ma non riesce più a mettere in scena un bell’evento che ti faccia gioire, applaudire, tremare, sorprendere. Soprattutto sorprendere. Ora, io capisco che per fare prodotti come gli iPhone serva una filiera di produttori che fa il giro del pianeta. E capisco anche che, per avere questa enorme macchina produttiva capace di scalare da zero a cinquanta, cento milioni di pezzi in tre mesi, serve probabilmente un approccio che non stia tanto a pensare alla sicurezza. Tuttavia, il problema c’è ed è sostanziale.
Apple nel tempo ha anche assunto degli ex agenti dell’FBI, ha fatto arrestare o licenziato persone, fatto causa a giornalisti e fornitori, addirittura cercato di impedire che i dipendenti vadano al bar con i prototipi in tasca per poi perderli (e farli finire guardacaso in mano ai soliti giornalisti chiacchieroni). Ma non è riuscita a fermare la tendenza. A spezzare il circolo vizioso. A sconfiggere una vera e propria industria che vive di indiscrezioni su Apple.
Perché, parliamoci chiaro, il rapporto è un chiaro caso di doppio legame batesiano: da un lato il bisogno continuo di segretezza, che genera aspettativa e carica l’attenzione dei media e degli spettatori. Dall’altro la patologica necessità di essere esposti, messi in prima pagina, portati davanti a tutti con la novità del giorno. Sia essa la più grande invenzione del decennio o un iPad Air, non importa. Bisogna che tutta la tribù risuoni del rumore del tamburo di Apple, suonato adesso da Tim Cook e dalla sua banda di piccoli percussionisti ritmici.
Cosa succede allora? Il rapporto è sicuramente patologico, ma lo è anche perché mentre Steve Jobs era qualcosa di più di un apprendista stregone, capace in effetti di governare davvero la bacchetta magica della comunicazione lasciata da qualche sconosciuto mago nella caverna di Cupertino, dall’altro Tim Cook è ancora meno un apprendista stregone pasticcione. Non è un Topolino, ma è addirittura un Paperino della comunicazione (e dei colloqui di lavoro, visto che gli unici manager che funzionano davvero in Apple sono quelli che non ha assunto lui), che sembra caduto per caso in uno scenario irreale che non capisce fino in fondo.
Se il lavoro del Ceo è come quello del capitano di una baleneria dell’ottocento, che deve occuparsi di molte cose diverse incluso il riscaldamento globale che cambia le correnti e allontana le balene dai percorsi noti, Tim Cook è un pittore espressionista daltonico, a cui manca un intero pezzo della tavolozza: non vede e non disegna quei colori che dovrebbero rendere teatrale e spettacolare e divertente lo show.
Sembra una cosa da poco: show noiosi, senza storytelling, farciti come pizze americane per cercare di suppplire con l’abbondanza alla mancanza di direzione. Cosa serve questo al business? Beh, la risposta è semplice: un prodotto lo lanci una volta sola. E se quella volta la sbagli, è finita.
Apple ha la fortuna/responsabilità/rischio di avere i riflettori della stampa, dei social e degli influencer sempre puntati contro. Se Tim Cook non riesce a sfruttarlo per di più perché un gruppo di parassiti e zecche del sistema dell’informazione campa gonfiandosi con il sangue delle loro notizie e delle loro indiscrezioni, è arrivata l’ora che faccia qualcosa. Altrimenti le rovinano la festa.